ISRAELE. Un Paese conquistato dal ciclismo

REPORTAGE | 07/01/2014 | 09:17
Harel Nahmani, organizzatore della Gran fondo del Mar Morto ci aiuta a capire meglio lo spirito che anima un Paese che da poco si è affacciato al movimento ciclistico. Uno stato, quello israeliano che spesso viene dipinto come luogo di contrasti, che di fatto esistono, ma che non impediscono alla bicicletta di crescere e trovare terreno fertile per dar vita ad un movimento giovane, in tutti i sensi, ma con molta voglia ed energia per fare.

«Non abbiamo sicuramente la cultura europea nel ciclismo. Paesi come Italia, Spagna, Francia e Belgio sono per noi inavvicinabili. Lì è stata fatta la storia di questo sport. Però 5 anni fa abbiamo registrato l’esplosione dello sport legato alla bike, in tutte le sue forme. E’ un fattore strano da spiegare visto che non abbiamo campioni olimpici o mondiali. La gente in Israele però guarda il Giro, il Tour e la Vuelta. Ora tutti gli appassionati capiscono di tattica di corsa, acquistano biciclette da più di 10.000 euro e si interessano all’alimentazione».

Il concetto di ciclismo è arrivato forse in maniera diversa rispetto all’Europa. «Amiamo questo sport perché ci diverte e perché vogliamo essere in forma. A questo si aggiunte il fatto che viviamo in una realtà che è considerata tra i 7 miracoli della terra per bellezza e ricchezza storica. Grazie ad un mezzo ecologico e straordinariamente moderno come la bicicletta possiamo farlo al meglio».

Da queste basi stanno nascendo i primi eventi sportivi.
«Molti di noi hanno preso parte alle gare italiane ed ora vogliamo a provare a creare anche qui degli eventi di ciclismo. Mettiamo la nostra professionalità, maturata anche in altri campi, come quello dello spettacolo dove esistono già molti festival».

Il percorso è iniziato a piccoli passi nel 2008.
«Nel 2008 siamo riusciti, con fatica, a dar vita al primo club di Israele. L’anno seguente, nel 2009, abbiamo preso parte con 25 atleti alla Transalp, in mountain bike. Non avevamo professionisti iscritti ovviamente, ma ci siamo distinti per organizzazione di squadra. Il passo seguente, dopo aver vissuto il ciclismo pedalato, era quello di provare ad allestire qualcosa in Israele. Una sfida stimolante».

L’avventura è iniziata lo scorso anno con la prima Gran fondo del Mar Morto, e nel 2014 è arrivata la 2^ edizione.
«Sappiamo che si tratta di un percorso di crescita lungo, ma la nostra politica dei piccoli passi credo possa dare buoni frutti. Pensiamo che la nostra sia un’interessante opportunità durante l’inverno. Ne abbiamo avuto la conferma 2 anni fa, quando è ventua ad allenarsi la Saxo Bank di Alberto Contador. Strade e percorsi si sono confermati di buonissimo livello ed anche i prof sono rimasti sorpresi».

Anche in questa occasione sono stati sfatati alcuni falsi miti, come quello legato alla sicurezza.
«Come in tutto il mondo succedono delle cose, ma il nostro Paese ha un livello di qualità della vita tra i più alti al mondo, quindi non si deve aver paura di venire in Israele come noi non perdiamo occasione di venire in Italia. Abbiamo già un gruppo numeroso che ha prenotato le vacanze in Italia per seguire gli ultimi 10 giorni del Giro d’Italia, ovviamente in bicicletta. Lo scorso anno siamo stati a seguire le tappe del Sud, quest’anno privilegeremo il Nord. Speriamo solo che non ci sia la neve».

da Tel Aviv, Pietro Illarietti
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