Pantani verdetto postumo, il ciclismo non ha più pace

TOUR DE FRANCE | 01/07/2013 | 15:01
Stanno per uccidere un morto e lo sanno. «Sì, consideriamo l' ipotesi di togliere Marco Pantani dall' albo d' oro del Tour de France 1998». Il signor Pat McQuaid è il presidente del ciclismo mondiale: negli anni dei grandi veleni era già l'uomo di poteri
e favori, e lì è rimasto. Ora, dice che il verdetto postdatato sulle provette di quindici anni fa puÚ davvero cancellare per sempre i resti sportivi di Pantani (ma con Riis non lo fecero, perché?), vincitore in Francia nel ' 98, ultimo italiano a riuscirci dopo Felice Gimondi. E quei poveri resti è come se venissero riesumati proprio il 18 luglio, giorno in cui la commissione del Senato francese tirerà fuori i nomi dei corridori che in quel lontano Tour assunsero Epo, sostanza scoperta solo nel
2004, quando furono messi a punto i test per smascherarla. Non è sicuro che ci sia di mezzo il Pirata, però  la riposta di McQuaid sembra più di un indizio. Mamma Tonina reagisce: «È una vergogna, aspetto il 18 e dirò  tutto».

Non riposerà in pace, Marco Pantani, nel giorno in cui il Tour scalerà l'Alpe d' Huez, la sua montagna, quella dove lui trionfò nel'95 (il record resiste ancora) e nel'97: un anno più tardi, il doppio successo al Giro e al Tour, conquistato nella tappa delle Deux Alpes. A Parigi, Pantani precedette il tedesco Ullrich, reo-confesso dopo un
quindicennio, e l'americano Julich, altro pentito tardivo. Fu il Tour del caso-Festina, con 52 italiani in gara e 6 vittorie: due per Pantani e Cipollini, una per Massi e Nardello. Adesso, nonostante la prescrizione, sono in tantia tremare.

Ma la cosa sconvolgente è che per la prima volta nella storia, non solo del ciclismo ma dello sport, un morto rischia di risultare positivo a un controllo antidoping. È un' eventualità macabra e triste, anche perchè il ragazzo scomparso nel giorno di San Valentino del 2004 non ebbe mai questa esperienza in vita: lo fermarono al Giro d'
Italia del ' 99, nella famosa mattina di Madonna di Campiglio, perché i valori del suo ematocrito erano più che abnormi, ma tecnicamente non si trattò di antidoping.
Anche la sua fine prese un' altra strada, seppure parallela: overdose di cocaina. Quel
giorno, nel residence di Rimini, accadde qualcosa di mai svelato, ombre destinate probabilmente a non svanire mai. Marco morì solo come un cane, vittima di una profondissima depressione, perduto e non solo per il ciclismo che aveva già abbandonato, e dal quale era stato rimosso. Nessuno, in questo Tour baciato dal sole
sfavillante della Corsica e dai colori più vivi al mondo, riesce a evitare il pensiero nero del 18 luglio. Una commissione di corridori guidata dal più anziano del gruppo, il tedesco Jens Voigt, 41 anni, ha chiesto al ministro francese dello sport
Valérie Fourneyron di intercedere presso il Senato perché la lista dei dopati del ' 98 venga resa nota solo a corsa conclusa: «Quei veleni appartengono al passato, e noi saremmo screditati e offesi». Ma la richiesta degli atleti è stata fermamente respinta:
nonostante i tempi lunghissimi di questa vicenda, iniziata addirittura quindici anni fa (i prelievi) e proseguita nel 2004 (i test), nel giorno della doppia ascesa all' Alpe d' Huez non si potrà evitare il fango postumo, anche se a volte il dolore coincide con la verità. Però, dopo tanto tempo, aspettare quattro giorni in più non avrebbe cambiato nulla. I fantasmi del doping e di Pantani saranno dunque i compagni della corsa, fino all'ultimo istante. «Questi signori cosa vogliono?» si domanda Beppe Martinelli, che del Pirata era il direttore sportivo e lo guidava dall' ammiraglia. Ora è qui, con i kazaki dell' Astana. «Pensano forse di cancellare tutti gli albi d' oro della storia? Fino a dove? Prima di parlare, certa gente dovrebbe fare più attenzione». Martinelli era parte in causa, e lo si può capire, tuttavia l' imbarazzo riguarda anche chi non venne mai neppure sfiorato dal caso-Pantani. Come Jonathan Vaughters, manager della Garmin-Sharp, che su Twitter scrive la frase che tutti pensano: «Marco è morto».
Ma una volta sola non basta.

da «La Repubblica» del 1 luglio 2013, a firma Maurizio Crosetti
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COMMENTI
Ciclismo
1 luglio 2013 16:40 Bufalino
Questa è la morte del ciclismo. Uno sport che ormai nega sé stesso.
Dovesse accadere anche questa, questo stupro della nostra memoria, non avrebbe più senso seguire quello che un tempo era uno sport.

Michele Bufalino

Guardiamo avanti
1 luglio 2013 17:21 lattughina
ma cosa vogliono dimostrare .... questo è un inno alla stupidità. Invece di metterci un punto e di tirare una riga sul passato si continua a tirare fuori gli scheletri dall'armadio .... questo significa farsi male da soli. Ancora non hanno capito che il passato è un'epoca FINITA da dimenticare. E' ora di guardare avanti e di lasciare riposare chi non c'è più e che COMUNQUE ha scritto delle pagine meravigliose del ciclismo. Fatela finita, siete imbarazzanti!

1 luglio 2013 17:46 ruotone
Voglio vedere se questa volta almeno, il mondo del ciclismo ed il giornalismo italiano avranno uno scatto di orgoglio per questo vero e proprio stupro come definito da Bufalino.
Più ci si pensa a questa schifezza e più la rabbia monta.
Più il groppo in gola si fa grosso.
ADESSO BASTA!

Basta fognosi dirigenti, basta follie moralizzatrici di personaggi senza l'ombra della benché minima morale.

1 luglio 2013 18:37 ClaudioBob
A questo punto mi sa che il tuor deve cominciare dal 2013 perche non vanno a vedere i francesi loro erono puliti io credo che il ciclismo é unico sport che anno controlli a tappeto e devono smettere di infangarlo punto

Obiettività...
2 luglio 2013 00:00 pedAle
Se si vuole vera giustizia, con coerenza, bisogna mettere da parte affetto, stima, nazionalismo e quant'altro... se Pantani risultasse positivo, andrebbe sanzionato. Come gli altri. Una tristissima morte non cancella gli eventuali errori da corridore, anche se capisco ovviamente la reazione dei genitori.

Vera giustizia 'sta cippa
2 luglio 2013 09:25 ruotone
PedAle prima di scrivere amenità su vera giustizia, coerenza, affetto, stima, nazionalismo e pure su quant'altro, ripassati i concetti di:
- positività (dichiarabile solo dopo controanalisi e garanzie di controllo del laboratorio)
- diritto alla difesa
- storia del ciclismo anni 90
- diversità fra doping individuale e doping organizzato e coperto con la complicità nell'affare dei vertici dell'Uci.
- competizione in un gruppo dove l'Uci autorizza di fatto una liberatoria sino al 50% di ematocrito.

Di certi moralismi da strapazzo se ne fa volentieri a meno.
Si pensasse solo all'oggi e non a creare mostri (che non possono difendersi) ed a cercare "vera giustizia" nell'immondizia.
Ma quale cxxxo di vera giustizia?

Controcorrente
2 luglio 2013 10:03 ilNik
So di essere odiato, ma non me la sento di usare due pesi e due misure. Se ad Armstrong sono stati tolti i Tour de France, è giusto che per la stessa ragione venga tolto a Pantani il suo. Che sia morto o no, quand'era in vita correva alla pari con Armstrong e tutto il resto della banda di dopati degli anni 90. La storia del ciclismo? allora lasciamo i risultati com'erano, Armstrong e Riis e Ullrich compresi. Li togliamo? allora cancelliamo anche Pantani.
Basta difese a spada tratta. IO tifavo Pantani, e le emozioni che mi ha dato non me le toglierà un risultato d'ufficio, tant'è vero che tutti i podi di quegli anni combattevano ad armi pari. IO provo dispiacere per i pochi che correvano puliti e potevano essere piccoli campioni. A loro si deve chiedere scusa. Rispetto per chi non c'è più, ma non santificazione.

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