
È un anno particolare come sono particolari tutti gli anni, è un anno particolare per tanti corridori particolari, ma il 2025 è un anno particolare soprattutto per noi italiani e per il nostro italiano Ganna. È lui, senza offesa per gli altri, anzi a beneficio degli altri che possono anche sentirsi addosso meno pressioni, la speranza e la bandiera di questo nostro ciclismo da rianimare.
Certo Tiberi al Giro, certo Milan in arrivo, certo Ciccone sempre lì, ma se abbiamo una possibilità reale e indiscutibile di rimettere le mani su certi trofei, questa al momento è solo legata al nome di Ganna. All’alba dei prossimi 29 anni (25 luglio), la maturazione è ormai completata, ma soprattutto sembra che davvero sia finalmente arrivata la scelta decisa: stavolta si punta sulla strada, stavolta si punta sulle classiche. Dalla pista ha avuto tutto, dalla strada deve avere ancora tutto. Se dio vuole sapremo quanto.
Non serve essere dei guru per capire che Filippo ha tutte le carte in regola per certe Monumento. Lui dice Sanremo e Roubaix, forse i muri sono effettivamente un po’ troppo esplosivi per la sua caratura da trattore, ma resta inteso che su certi terreni ha andature e postura perfetti. Io che notoriamente non capisco un ciuffolo dico più la Roubaix della Sanremo. Non vedo l’ora di vederlo trafficare con i due Van in mezzo alle campagne francesi per prendere meglio i tratti di pietra, per allungare, per rientrare, sempre con quella splendida posizione in sella che contraddistingue lui e gli altri due, come se pedalassero sempre sulla moquette.
Batterli è un’impresa, ma se c’è un italiano che dopo tanti anni può riuscire nell’impresa è proprio Ganna. Se aggiunge alla forza anche un minimo di scaltrezza, va con tutte le credenziali al pari degli altri. E se poi succede che nella volata dentro il velodromo deve subire, non è un problema: cominciamo ad arrivare lì, nell’ultimo anello, assieme ai numeri uno, poi il resto è tutto in abbondanza. Prima ancora, però, bisogna crederci. Si sogna l’impossibile per metterselo in tasca.
È evidente: l’ultimo gradino che Ganna deve compiere è mentale. Il più difficile. Inventarsi specialista delle classiche, ma delle classiche vere, serie, eterne, dopo tutta una vita a fare altro, tra pista e cronometro. Non è un ristrutturazione di sé che riesca tanto facilmente. Ma è già valoroso da parte sua provarci. Poteva arrivare a fine carriera nella sua zona di conforto, vincendo altri pacchi di crono e di medaglie, chi gli avrebbe rinfacciato qualcosa. Invece Filippo si (ri)mette in gioco e accetta il rischio. Non c’è come buttarsi, alle volte, per rimpiangere addirittura di non aver osato prima.
Di sicuro non è solo. Trovo provvidenziale, da questo punto di vista, l’agognato arrivo di Marco Villa alla nazionale strada (per una volta, voto 10 al presidente Dagnoni, se non si monta la testa). Pochi conoscono Ganna come Villa, non sto nemmeno a spiegare perché, e l’idea di ritrovarselo vicino anche nella sua nuova professione di cacciatore delle classiche non può che aggiungere qualcosa. Pure in chiave nazionale, certo, perché no: su certi percorsi, Ganna ha tutto per essere capitano unico e meritarsi una squadra costruita su misura, come abito da sposa.
Il resto è tutto attorno. Nella nuova sfida, la sfida totale, Ganna non è solo soprattutto perché ha dietro un intero Paese. Il ciclismo in particolare ha fame arretrata, fame da lupi, ma tutto il popolo sta dimostrando di riscoprire la passione e l’idolatria per campioni veri, completi, come una specie di rimozione dei cosiddetti “personaggi” (eccentrici ascendente svalvolati) a favore delle semplici persone, sul filone dei Sinner, delle Brignone, dei Bagnaia. Dai bad boys al bravo ragazzo, per dirla semplice. In questa nuova estetica, Ganna ci starebbe perfetto. Ha praticamente tutto, per sfondare gli manca solo un dettaglio: diventare un signor Roubaix.
da tuttoBICI di marzo