
Bennati come lo yogurt: era già scaduto, a fine dicembre. A suo sfavore una serie di episodi che non hanno certo favorito e invogliato la sua riconferma. Vado in ordine sparso con diversi fatti: alcuni generali, altri molto più personali, altri ancora “politici”.
Partiamo con quello di carattere generale, diciamo di forma e sostanza. È il 1° novembre 2021, siamo a 24 ore dalla sua nomina a Ct e il comico bergamasco Omar Fantini balza agli onori delle cronache per una battuta a dir poco infelice: «In primavera sbocciano dal nulla 50mila ciclisti maledetti, tutti davanti al cofano della tua macchina: vorresti avere la Mercedes col mirino per...». Cassani, Bugno e Bettini prendono posizione, si fanno sentire, ma con assoluto garbo. Anche l’Accpi, il sindacato dei corridori, stigmatizza l’accaduto. Daniele Bennati, che sa già quale ruolo andrà a ricoprire, si esibisce sui social con un elegantissimo e inequivocabile emoji che significa «merda».
Siamo sempre sul fronte forma e sostanza, ma questo mi tocca da vicino. Antivigilia del mondiale di Wollongong 2022, dopo un pezzo del nostro Cristiano Gatti dal titolo: “Cerchiamo di perdere la corsa senza perdere la faccia”, il Ct si lascia andare ancora una volta a mezzo social ad un conciliante e sempre molto elegante commento: «vomitevole».
Poi ecco la parte politica: Bennati si presenta in visita con tanto di maglia azzurra in dono al Ministro dello Sport Andrea Abodi. Alla Federazione questa uscita non piace neanche un po’, se non altro perché fatta senza nemmeno avvertire. Nessuno sa nulla. A chi gli fa notare che avrebbe dovuto perlomeno chiederlo, pare abbia risposto che era un’iniziativa personale e che lui non ha padroni.
Restiamo sul politico: il presidente federale Cordiano Dagnoni lo chiama il 15 dicembre scorso, giorno delle elezioni della Fci Toscana a Vignole di Quarrata, in provincia di Pistoia, invitandolo per un caffè e con l’occasione scambiare due parole, ma si sente rispondere che un Ct della nazionale deve essere super partes e per questo declina l’invito. Per la cronaca: in corsa per la poltrona di presidente della Toscana c’era un solo candidato, Luca Menichetti.
Infine, una questione di forma, sostanza e galateo sportivo: le sue parole a margine della sfida continentale nel Limburgo. «Avevamo preparato una strategia e i corridori ne hanno seguita un’altra». In pratica Bennati si dissocia dai suoi ragazzi. Milan rimane chiuso e Bennati apre il gas: non hanno fatto quello che avevo chiesto loro di fare. È chiaro che Alfredo Martini, così come Franco Ballerini, Paolo Bettini e Davide Cassani avrebbero reagito diversamente. Il grande Alfredo non si sarebbe mai fatto sfiorare dall’idea di scaricare tutte le responsabilità sui suoi azzurri, non si sarebbe mai permesso di lasciare al proprio destino i suoi corridori, anche quando avrebbe avuto ben più di una ragione per farlo. Daniele ha spesso ricordato con ammirazione Alfredo Martini, mostrando con giustificato orgoglio quella stilografica Aurora che l’indimenticato ammiraglio di Sesto Fiorentino gli aveva donato. Una penna per scrivere e rimettere in ordine i propri pensieri, per fare chiarezza dentro di sé, prima di parlare.
CORSI & RICORSI. Ci hanno ripensato, grazie al cielo. Soprattutto è stato tolto l’obbligo di tesseramento, che avrebbe creato ben più di un problema a giornalisti e non solo a loro per questioni etiche e di policy aziendali. Ma andiamo con ordine.
Chi è iscritto all’albo dei giornalisti, nell’elenco dei professionisti o dei pubblicisti o nell’apposito elenco speciale, ha il diritto di svolgere la professione, perché l’Ordine ne è garante, avendone verificato e certificato la bontà di quanto si asserisce: svolgere realmente attività giornalistica come professione. Un giornalista è professionista in quanto ha fatto una scuola e alla fine un esame di Stato. Un pubblicista perché può essere un comune cittadino che svolge il proprio lavoro, ma ha una certa continuità (almeno un pezzo, un video o una foto al mese chiaramente remunerato) nel pubblicare. L’elenco speciale è una iscrizione temporanea in attesa poi di entrare in uno dei due elenchi sopracitati.
Al Giro, al Tour, alle corse dell’Uci tutto questo vale da sempre: sei iscritto all’ordine dei giornalisti e c’è una testata o un’azienda video-fotografica che garantisce per te? Puoi avere l’accredito. Perché vi dico questo? Perché la Federazione Ciclistica Italiana ha pensato bene di varare da inizio anno una serie di corsi rivolti agli operatori media (OPM). Sia ben chiaro, formare giornalisti, fotografi e operatori è cosa buona e giusta, ma andrebbe fatto “cum grano salis”. Magari coinvolgendo l’Ordine dei giornalisti o, in alternativa, i gruppi di specializzazione come l’Ussi, l’organismo nazionale dei giornalisti sportivi, di cui mi onoro di ricoprire un ruolo periferico, quello di presidente regionale della Lombardia (GLGS-USSI).
Niente, tornati dalle vacanze natalizie sotto l’albero da rimettere in solaio abbiamo trovato non solo i cartellini gialli e rossi per corridori e squadre, ma anche una serie di corsi per operatori media di cui nessuno conosceva l’esistenza. Corsi mensili che dovrebbero fornire un plus di preparazione - una formazione - ma per come sono stati pensati e strutturati andavano contro i più elementari diritti dei lavoratori.
Un corso al mese, in diretta (ora serale, dalle 19 alle 23), con un test finale che se non veniva superato ti obbligava ad aspettare un mese prima di ritentarlo. E nel frattempo un Roberto o un Luca Bettini, un Dario Belinghieri o uno Stefano Sirotti cosa facevano, non lavoravano?
Così era stata pensata. Un corso di 30 euro necessario per poi avere il rilascio di una tessera federale (costo 60 €) che dal 28 febbraio non è più obbligatoria, almeno per le gare internazionali (per quelle nazionali e regionali - scrive la Federciclismo in una nota - il Consiglio Federale si riserva di rivedere il piano d’origine). Fino a ieri la tessera doveva essere poi accompagnata da una pettorina verde con scritta Media che ti dovevi procurare e pagare per poter operare in corsa: in moto, in macchina o sul traguardo. Insomma, se non superavi il corso con successo, non avevi diritto di accedere sui campi di gara.
Ben diverso è predisporre una serie di corsi formativi come già avviene per quelle professioni organizzate da un Ordine. Piattaforma permanente, corso da seguire quando se ne ha il tempo e test aperto fin quando non hai sostanzialmente appreso le informazioni necessarie che il corso ha come finalità. Lo fai al primo colpo, buon per te. Se invece sei costretto a ripeterlo venti volte? L’importante è che tu esca con delle nozioni utili allo svolgimento corretto della tua professione. Non un corso coercitivo, come quello che è stato pensato e varato dalla Federciclismo in queste settimane, ma formativo senza l’obbligo di tesseramento, con il solo ottenimento di un diploma che ne attesti la regolare frequenza.
Mi rendo conto di avervi tediato oltremodo con un tema da taglio delle vene, ma la buona notizia è che in parte - in queste ore - è stato posto rimedio. Adesso c’è da metterci mano, da riformulare il tutto per rendere questi corsi utili al sapere, senza che vadano a ledere né la libertà di stampa né tantomeno il diritto al lavoro. La finalità è mettere a terra corsi che formino senza il pericolo di finire nelle aule di un tribunale. Insomma, più corsi per meno ricorsi.
Editoriale da tuttoBICI di marzo
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