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Il tema sicurezza nel ciclismo su strada è sempre uno dei più dibattuti e non potrebbe essere altrimenti visti gli incidenti e le cadute che continuano, con allarmante frequenza, a falcidiare il gruppo causando danni non indifferenti.
Secondo il parere di alcuni, una delle ragioni principali dietro questa ondata di infausti eventi risiederebbe nell’avanzamento tecnologico dei materiali che, per garantire performance e aerodinamicità sempre maggiori, starebbe mettendo i corridori in situazioni sempre più critiche. A questo proposito, a inizio anno, Wout van Aert, uno di quelli che negli ultimi tempi ha ripetutamente saggiato quanto sia duro finire a terra al giorno d’oggi, ha avanzato l’idea di limitare i rapporti per evitare di trovarsi a gareggiare, in determinati frangenti, a velocità troppo elevate.
Su questa proposta, alla O Gran Camiño 2025, abbiamo interpellato Mirco Maestri che, dall’alto della sua esperienza, ci ha fornito il suo punto di vista sull’idea e, più in generale, sui comportamenti che il plotone dovrebbe adottare per correre meno rischi.
Mirco, qual è la tua opinione in merito alla soluzione ventilata da van Aert?
“Mah, limitando i rapporti e abbassando le velocità magari ci si fa “meno male” ma il vero problema è il limare, lo stress che c'è in corsa e il fatto che tutti vogliono star davanti. Grazie alla tecnologia e a strumenti come VeloViewer, tutti sanno come sono le strade, non c'è più l'effetto sorpresa e, essendo preparati, tutti cercano di limare il più possibile alzando quello stress che, in gruppo, è dato anche dalla ricerca dei punti. Penso che queste classifiche e questi discorsi su chi retrocede e chi sale debbano scomparire perché rendono tutto più pericoloso e incredibilmente stressante ma so che questo è un argomento delicato”.
Quindi, secondo te, porre delle limitazioni alle componenti non servirebbe?
“No. Una volta con i freni tradizionali quando pioveva impiegavi tre metri in più a fermarti rispetto ad ora coi freni a disco. Con gli avanzamenti tecnologici, la sicurezza per noi è maggiore, la si compromette staccando sempre all'ultimo, volendo stare sempre davanti e creando così situazioni di stress. È così anche il mondo di tutti i giorni dove si è sempre più stressati. Nel nostro caso sta a noi usare la testa e rischiare di meno quando non ce n'è bisogno”.
Tu personalmente quindi, più che mettere dei limiti al peso delle biciclette o a determinate componenti, regolamenteresti meglio i finali o determinate situazioni di corsa?
“È difficile fare una cosa del genere perché sono i corridori che fanno la sicurezza. Se, ad esempio, siamo in volata e, anche se non c'è spazio, un corridore si vuole infilare lo stesso (perché deve tirare la volata al compagno piuttosto che fare lo sprint in prima persona per un piazzamento) e causa una caduta non puoi farci niente. Abbiamo spesso visto cadute in trentesima posizione: come fai a limitarle? Se i corridori stessi non hanno la testa e non frenano quando dovrebbero a che serve mettere delle regole? Io penso che tutti si impegnino per trovare sempre più sicurezza ma è chiaro che anche noi abbiamo una bella fetta di responsabilità per cui sono dell'idea che, quando non serve, bisogna tirare i freni”.
In termini di responsabilità, in questo inizio di stagione vi sono stati casi in cui gli organizzatori non sono stati esenti da colpe: situazioni come quelle capitate all’Etoile des Besseges come si evitano a tuo avviso?
“Si parla tanto di safety manager ma sono figure che vedi soprattutto alle corse World Tour dove, diciamo, c’è un controllo maggiore rispetto alle corse minori che sono quelle tante volte a presentare dei problemi. A mio parere, quando ci sono organizzatori che non riescono a garantire la nostra sicurezza, la corsa non dovrebbe aver luogo. So che trovare soldi e sponsor per metterle in piedi è sempre più difficile ma la sicurezza viene prima di tutto. Va bene correre ma se ci facciamo male non è un gran risultato finale”.