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Le alture affrontate nella tappa di ieri al Tour di Rwanda hanno portato attaccanti e gruppo fino a 36 km dal confine con l’Uganda, in un territorio dominato dal profilo dei vulcani. Su tutti svetta il Mount Karisimbi, con i suoi 4507 metri. Musanze, cittadina che è ideale punto d’appoggio per le visite (1500 dollari a persona, vista la necessità di contingentare gli accessi) alla riserva dei gorilla, ospita anche un centro d’allenamento per ciclisti nel quale ha vissuto per quasi due mesi il veronese Alessio Gasparini. Una struttura destinata ad assumere ancor più rilevanza, vista l’inagurazione, avvenuta domenica scorsa, del Centro Regionale di sviluppo satellite del World Cycling Center. Un’iniziativa nella quale l’Uci crede molto ed il Paese ospitante pure. Musanze, dove i vicini parchi naturali invitano alla quiete, approfitta però dell’arrivo del Tour del Rwanda per una notte in giallo animata da un dj che non lesina decibel. Eh, vabbè.
Da Musanze si va a Casa Amstel e non si tratterà di rima baciata tra Rwanda ed Olanda. A Rubavu, la frazione di mercoledì si conclude proprio nella località che ospita lo stabilimento del noto marchio di birra appartenente al gruppo Heineken. La sponsorizzazione di un colosso imprenditoriale è lo specchio di quanto la principale corsa a tappe africana catalizzi un seguito, anche come veicolo pubblicitario, reso unico dall’adesione del pubblico letteralmente chilometro dopo chilometro. Ci sarà tempo, semmai avverrà, prima di abituarsi ad una partecipazione popolare che pone questa versione equatoriale del ciclismo ben oltre dell’effetto anteprima del campionato del mondo in programma a settembre.
La finish line sarà posta a meno di 10 chilometri al confine con il Congo, oltre il quale la zona a ridosso del Lago Kivu è balzata in queste settimane alle cronache internazionali. La tragedia consumatasi nella regione di Goma, dove si sono stimati 3.000 morti in seguito all’avanzata dei ribelli della milizia M23, si cala in dinamiche conflittuali di lungo corso, tali da non prestarsi a letture univoche, ma la complessità delle analisi geopolitiche, anche viste dal versante rwandese girato in lungo e in largo durante una competizione ciclistica, viene preceduta dalla constazione che si tratti di un dramma anche sotto il profilo umanitario. Il resto lo farà la diplomazia, compresa quella sportiva. Almeno speriamo.
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