Sara è tornata a casa: così hanno voluto mamma Marianna e papà Lorenzo, così hanno voluto i suoi fratelli Christian, Gabriele e Loris. Hanno scelto lo studio di papà Lorenzo, hanno appeso le maglie della Montecorona, del Velosport Mezzocorona, delal Lady Zuliani, della Wilier Pierobon, della Memdelspeck e della Nazionale - tutte quelle indossate da Sara - per farle da arcobaleno, ci sono le sue foto, i suoi lavori, sì perché Sara amava anche l’arte, aveva estro e stile.
È un pellegrinaggio ininterrotto, quello che raggiunge casa Piffer a Palù di Giovo: tutta la comunità vuol stringersi alla famiglia, vuol condividerne il dolore, vuol salutare Sara. Una ragazza che sarà sempre nel loro cuore.
Pochi mesi fa si era adoperata per restaurare la statua della Madonna del Capitello, là in mezzo ai campi, sulla strada che porta ai Masi e domina l’intera Palù di Giovo. E proprio quella statua è diventata il simbolo di queste giornate: la famiglia l’ha scelta come immagine per le memorie distribuite in queste ore, tutta la comunità ne sussurra il nome ringraziando Sara e indirizzando una preghiera lassù.
Questa sera nella Chiesa Parrocchiale sarà recitato il Santo Rosario, domani alle 15 un paese intero, e non solo quello, sarà di nuovo là per dare a Sara l’ultimo saluto.
In realtà questa espressione è solo convenzionale, perché il saluto non sarà l’ultimo. Per il semplice fatto che Sara resterà in questa comunità, nella sua Palù. Per capirlo, basta guardate gli occhi della gente che sale a casa Piffer; per esserne consapevoli basta leggere queste parole, che rappresentano il pensiero di tutti: «...Non avremmo mai pensato che saresti diventata il nostro angelo custode - hanno scritto le sue compagne di classe in una lunga lettera carica di emozione -. ma siamo certe che ovunque tu sia ci proteggerai e sarai sempre con noi.
Ci hai sempre aiutate e anche ora siamo certe che tu l’abbia fatto aiutandoci a scrivere questo. D’altronde non ce l’avremmo mai fatta da sole.
Adesso che hai finito di leggere rimettiti in sella, allaccia il casco, tira giù gli occhiali e continua a a pedalare.
Ti vogliamo bene e continua a pedalare più in alto che puoi, Saretta».
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