L’appuntamento è in rete per le 11 e Silvio Martinello si presenta all’incontro con la stampa con una manciata di minuti di ritardo. C’è da presentare un programma e la squadra che lo accompagnerà in questa sua seconda avventura elettorale.
In uno studio virtuale, il candidato presidente ringrazia i colleghi collegati e quanti hanno deciso di seguire la sua conferenza stampa. «Se ci sarà spazio, spero di dare anche a voi la parola, leggendo qualche vostro commento, ma non vogliamo ridurlo ad un mero semplice tifo da stadio», dice in terza persona Silvio.
L’inizio è con una battuta distensiva, che rompe il ghiaccio: «In ogni caso il 19 gennaio qualcosa da festeggiare ce l’avrò, visto che le votazioni coincideranno con il mio 62° compleanno».
È da solo in studio, o così a noi appare. E dopo i saluti di prammatica, ecco che inizia il racconto. «La mia candidatura parte da molto lontano – avvia Martinello -. Sapete bene che sono stato candidato nell’Assemblea del 2021 e ne sono uscito sconfitto. Ma è da quel risultato, ottenuto in un clima non particolarmente amichevole nei miei confronti, è venuto fuori chiaramente che c’era evidente l’esigenza di un cambiamento, che in questi quattro anni non c’è stato. Così mi sono rimesso in gioco. La mia candidatura è stata ufficializzata con ampio anticipo, nel mese di giugno, proprio perché volevo poi incontrare quelle società di base che non hanno la possibilità di esprimere una preferenza diretta all’Assemblea nazionale, ma lo fanno attraverso i loro delegati».
Un programma ampio e ricco di spunti che è chiaramente partito dalla traccia del programma 2021. Quali sono i temi fondamentali? Nel programma sono 18, Martinello, questa mattina, ne ha solo toccati alcuni. «Attenzione alla base, centralità dei territori (comitati provinciali e regionali), riduzione della burocrazia, modifica dello statuto, la nostra Costituzione, che io considero superato e non più funzionale alle esigenze di una Federazione moderna, che tutti e tre i candidati alla scorsa Assemblea (sono gli stessi il 19 gennaio), si erano impegnati a cambiare, ma quello che ne aveva la possibilità non l’ha fatto. Io mi prendo l’impegno di ragionare ad un nuovo strumento, qualora fossi investito al ruolo di presidente, insieme a tutti, anche a chi il 19 dovesse essere sconfitto: lo Statuto è di tutti e va riscritto e valutato insieme. In primis le regole di rappresentanza: le nostre società, che compongono la spina dorsale del nostro movimento, devono avere la possibilità di esprimere le loro preferenze anche a livello nazionale».
Da dove ripartire? Dal reclutamento, dalle scuole. «In questi quattro anni si sono concentrati soprattutto sugli oratori… scelte. Strano che proprio questa mattina il Ministro Abodi su “La Gazzetta dello Sport” abbia parlato chiaramente di promozione sportiva nelle scuole. Quindi, nonostante i brillanti risultati anche alle Olimpiadi di Parigi (4 medaglie, un decimo del totale, ndr), siamo scesi nella classifica delle risorse destinate alle Federazioni. Ora siamo al decimo posto in materia di contributi, perché non c’è solo l’agonismo e ve lo dice uno che di medaglie ne ha conquistate».
Cosa lamenta il territorio? Martinello, andando in giro per l’Italia, un’idea se l’è fatta. «Assenza di ascolto e mancanze di risposte. Il problema delle categorie internazionali (juniores, under 23, maschile e femminile…), mancanza di regolamentazione per regimentare tutte le professionalità che gravitano attorno ai corridori e il riferimento è chiaramente ai procuratori. Queste sono le reali necessità della nostra base».
Poi ecco il bilancio federale, che preoccupa molto l’oro di Atlanta. «Il fatto che ancora non ci siano informazioni chiare e precise sul bilancio del 2024 dimostra la preoccupante inadeguatezza di questa Federazione. Una assoluta mancanza di trasparenza. Pensiamo la gestione durante i giochi di Tokio e all’allontanamento di Davide Cassani. Pensiamo all’estate 2022, per le vicende irlandesi che hanno provocato poi le dimissioni della vice-presidente Norma Gimondi e nessuno ha fatto nulla per trattenerla o farla tornare. Pensiamo alla Lega del ciclismo professionistico che ora ha ritrovato un equilibrio importante grazie all’onorevole Roberto Pella che sta lavorando benissimo e avrà, se mai sarò eletto, tutta la mia collaborazione. La nostra Federazione deve ritrovare credibilità. Dobbiamo ritrovare un profilo di qualità per essere presenti nei tavoli ministeriali non tanto per ricavarne una foto per l’archivio personale, ma per provare a riportare la bicicletta al centro della discussione. E questo va fatto anche in ambito internazionale con l’Uci e la Uec, ma per far questo è necessaria una Federazione forte e credibile».
Poi ecco la squadra di Silvio Martinello. I nomi dei candidati alla vice-presidenza e per il Consiglio. Uomini che hanno sposato il programma Martinello. I candidati alla vice-presidenza sono: Dario BROCCARDO, per 20 anni responsabile tecnico azzurro, direttore centro Studi, presidente del comitato Trentino; Flavio MOCCHETTI, lombardo, un mandato come consigliere Provinciale di Milano e uno come consigliere Lombardo, due mandati come vice-presidente del Comitato Lombardo; Marco SELLERI, uomo di sport conosciutissimo, classe’59, organizzatore, Giro delle Pesche Nettarine, Giro Under’23, Mondiale di Imola 2020.
Poi si passa alla lunga lista dei candidati come consiglieri federali: Bruno BATTISTELLA, friulano, vice-presidente Regionale, poi presidente Regionale, Consigliere Federale e attualmente presidente dell’Amici della Pista di Pordenone; Federico CAMPOLI, laziale, 59 anni, laureato in fisica e ingegneria elettronica, consigliere regionale del Lazio, consigliere nazionale (2017/2020), organizzatore e impegnato con grandi competenze nel settore fuoristrada; Samanta CAVALDONATI, toscana di Massa, classe ’74, geometra, giudice di gara, presidente provinciale, consigliere regionale e organizzatrice; Salvatore D’AQUILA, siciliano di Ragusa, già presidente del Comitato Regionale e presidente provinciale di Ragusa; Michelino DAVICO, piemontese, classe ’61, un nome noto, insegnante e già senatore della Repubblica (dal 2006 al 2018) ora presidente della Storia in Bici; Renato DI ROCCO, tesserato in Toscana, nonostante sia abruzzese di nascita e romano d’adozione, per il quale basta dire che è vice-presidente onorario dell’Unione Ciclistica Internazionale; Fabio SGARZI, classe ’59, grandissimo appassionato ed esperto di fuoristrada; Lorenzo SPINELLO, 53 anni, avvocato di Bari, presidente per due mandati del comitato provinciale di Bari, esperto delle attività federali, di carattere organizzativo, normativo e dei processi collegati; Sandro TUVO, funzionale tecnico all’Arpal Liguria, già presidente Comitato Regionale della Liguria; Vittorio PODESTA’, gloria del movimento sportivo paralimpico, due ori olimpici, 5 mondiali individuali e tante tantissime altre cose.
E poi, lo spazio alle domande dei giornalisti.
Tony LO SCHIAVO. Veniamo da un quadriennio difficilissimo, forse il più basso per la nostra Federazione, sia sotto l’aspetto della gestione che per i risultati sportivi di qualità, il suo programma tocca tanti temi, da dove pensa di cominciare?
«È un quadriennio che non verrà chiaramente ricordato come tra i più brillanti, anche se sotto l’aspetto sportivo delle medaglie importanti ce ne sono state. La priorità: è chiaro che, nonostante le elezioni siano abbastanza presto, molto è già stato programmato. I contratti rinnovati ai tecnici mi trovano d’accordo. È chiaro che il nuovo Consiglio federale prenderà le proprie decisioni in merito e soprattutto preparerà e presenterà il proprio progetto e di conseguenza deciderà quali nomi si riterranno funzionali all’esecuzione di questo progetto. La prima cosa che faremo se sarò eletto? Aprire i cassetti, per capire».
Marco BONARRIGO. Il suo pragmatismo potrebbe incontrare difficoltà in quella che è sostanzialmente un’azienda parastatale: come pensa di cambiare un organismo lontano dal suo profilo? L’attuale presidente ha prolungato un contratto manageriale per un anno: come si confronterà con questo tema? Infine vedo solo una sola figura femminile nella sua squadra.
«È vero, cerco di essere pragmatico, ma sono convinto anche che una Federazione possa adattarsi a modalità più pragmatiche. Pragmatismo va di pari passo con motivazione. Nonostante io quattro anni fa sia stato dipinto come un soggetto rivoluzionario, autoritario, pieno di ego personale, vi posso assicurare che amo ascoltare e motivare. Ecco, sono convinto che bisogna tornare a condividere, per fare qualcosa assieme. Il contratto fatto all’amico Roberto Amadio? Bene, credo che Roberto abbia fatto in questi anni un ottimo lavoro. Pensate che quattro anni fa io alle squadre nazionali avevo dedicato due pagine, questa volta poche righe e lo sapete perché? Perché tutto quello che è stato fatto l’avrei fatto anch’io. Dopo di che all’interno di questo gruppo mi risulta che ci sia qualche problema e io non ho nessun timore a confrontarmi con lui per capire se ci sono le condizioni per andare avanti o valutare altre soluzioni. La presenza femminile: tutti sapete che esistono le quote rosa, definizione che io non amo neanche un po’. So solo che Samanta è brava e per questo le ho chiesto di far parte della mia squadra».
Alessandro BRAMBILLA. Il numero delle gare è diminuito, uno dei motivi è dovuto al traffico e ai rischi che si corrono. Alcuni direttori sportivi e organizzatori stanno vivendo momenti difficili e il rischio che molti si prendano una pausa di riflessione, bloccando tutta l’attività, è più che serio. Altra domanda: vedo che sulla tangenziale Est, per Milano-Cortina, sta nascendo un nuovo palazzo dello sport che non ha previsto una pista del ciclismo, cosa ne pensa?
«Domani pomeriggio sarò assieme al presidente Dagnoni e a Daniela Isetti ad un convegno organizzato a Quarrata proprio da quella società che ha subito la condanna del direttore di corsa e del suo presidente. È chiaro che tutto questo crea grande preoccupazione, e quindi bisogna lavorare sotto l’aspetto delle tutele assicurative: quelle civili ci sono, quelle penali no. E nel contempo bisogna lavorare con il legislatore, per provare a far capire quali sono le esigenze del ciclismo. Le dinamiche del ciclismo sono uniche e particolari. Poi c’è la questione sicurezza in senso assoluto: i corridori vanno sempre più veloci e basta osservarli, cadono molto di più. Quindi? Anche qui bisogna prenderne atto e mettersi al tavolo con l’Uci, per cercare in qualche modo di fare andare più piano i corridori. Può sembrare un paradosso, ma qualcosa bisognerà pur pensare. Non è Martinello che porta la soluzione, ma bisogna parlarne, bisogna pensare a qualcosa. Da una parte abbiamo i corridori che si fanno del male, dall’altra organizzatori e direttori di corsa che rischiano troppo e si tirano indietro: così non è più possibile andare avanti. Impiantistica: perché il Palasport di Milano-Cortina non prevede il ciclismo? Non deve chiederlo a me».
Luca GIALANELLA. Nella lista dei CT c’è una casella mancante, quella per la nazionale femminile, visto che Paolo Sangalli è andato via. Ha qualche nome e non pensa che sia arrivato il momento di una Ct donna? Ultima domanda: il futuro del Ct Daniele Bennati. Vede un selezionatore part-time o dedicato?
«Mi porta su un terreno sul quale non voglio entrare: le parlo di concetti e non di nomi. Il settore femminile ci ha tenuto a galla negli ultimi anni, ma credo che sia arrivato il momento di una donna che possa dirigere la squadra azzurra. Per quanto riguarda il CT azzurro, non entro nel merito di Bennati sì o Bennati no, ma posso solo dire che stiamo segnando il passo e dobbiamo ripensare a come la Federazione Ciclistica Italiana ha pensato quel ruolo negli ultimi trent’anni. Credo che ci sia il bisogno di lavorare con maggiore collegamento con le categorie giovanili. Quindi non è tanto un problema di Ct, ma di idea che abbiamo di ciclismo».
Enzo VICENNATI. Cosa teme di un eventuale ballottaggio? Il presidente Dagnoni si è lamentato dell’esiguità dei contributi di Sport e Salute: quanto il ciclismo deve sganciarsi dal movimento di vertice e diventare un ente che fa promozione sul territorio?
«Non temo nulla, ho un rapporto sereno. Io faccio tutto ciò che è nelle mie possibilità, poi gli elettori sceglieranno. Noi necessariamente dobbiamo pensare alla promozione, perché è una opportunità per il nostro movimento e in più ce lo chiedono. Per alcuni è un abbassarsi, per me è un elevarsi».
Pier Augusto STAGI. Un grande trascorso ciclistico e una grande esperienza imprenditoriale, ma come politico lei è tutto da scoprire; Renato Di Rocco, se mai salirà al soglio della Presidenza, potrà essere per lei una risorsa politica? L’Uci sta facendo una corsa a sé e sta posizionando il ciclismo sempre più in alto, il nostro movimento non ha compreso il cambiamento iniziato negli Anni Novanta: come pensa di riportare il nostro movimento al centro dell’universo?
«Il mio curriculum è lì, non ho mai ricoperto una carica politica, però se mi permette una battuta e come tale vorrei che fosse presa, chi è attualmente alla guida della Federazione, di esperienza politica ne ha tanta, ma in questi quattro anni non si è assolutamente vista. Di Rocco: lo sanno tutti che tra di noi ci sono stati momenti di screzi e scontri, nonostante questo nulla mi impedisce di riconoscere il profilo dirigenziale di Renato Di Rocco. L’esperienza e la competenza di un dirigente come lui è preziosissima e io confido di non disperderla. Ritengo che una certa educazione istituzionale prevederebbe che una persona come Renato avrebbe dovuto ricevere un invito ufficiale per l’Assemblea del 19, non è stato fatto. È vero, il cambiamento del ciclismo negli Anni Novanta non è stato compreso e ora siamo messi molto male. Ritengo anche che un sistema così pensato, che si regge solo sulla forza economica è al limite della sostenibilità. In ogni caso l’obiettivo è tornare a pesare a livello internazionale e interagire con l’Uci per provare a cambiare alcune cose. Dobbiamo tornare ad avere voce in capitolo. Con questo sistema, una squadra professionistica il ciclismo italiano non ce l’avrà nemmeno nel 2032. Dobbiamo essere più forti ed essere più squadra, anche con l’aiuto di Rcs Sport».