Continuare per crescere non è solo l’augurio che si fa, ma è anche il claim che Cordiano Dagnoni ha scelto per questa campagna elettorale, che è già cominciata e che proseguirà fino al 19 gennaio, giorno della grande resa dei conti, dove si farà di conto, per eleggere il nuovo numero uno del ciclismo italiano.
Continuare per concludere è quello che dice tra le righe, ma nemmeno tanto, perché il lavoro è stato iniziato e le cose da ultimare sono tante, in un momento particolarmente complicato per il nostro sport, soprattutto qui da noi. «Sebbene molte delle iniziative intraprese abbiano già prodotto risultati tangibili, alcuni progetti richiedono ulteriore lavoro per essere completati. È con questa consapevolezza che presento un programma elettorale che mira a dare continuità al lavoro svolto. Il mio obiettivo è chiaro: consolidare i successi ottenuti, potenziare ogni aspetto della Federazione e introdurre innovazioni che permettano al ciclismo italiano di crescere ulteriormente».
Delle 454 medaglie conquistate nel periodo 2021-2024 (contro le 284 del 2017-2020) ne ha parlato oggi a Palazzo Lombardia e ne parla il presidente nel suo programma depositato in Federazione e che nei prossimi giorni pubblicheremo come già avvenuto per Lino Secchi e Silvio Martinello, ma in questa occasione lasciamo spazio alle domande che sono state fatte al termine del bilancio di questo quadriennio che va a concludersi.
«Ho fatto vari anni in banca d’affari e quindi vedere i numeri, i bilanci e sentire le puntuali spiegazioni fornite dal presidente è stato un privilegio – ha spiegato la Sottosegretaria con delega allo Sport e Giovani della Lombardia Federica Picchi -. Ho apprezzato la lealtà del vostro presidente che mostra in modo molto chiaro i numeri. E di questi numeri mi piace sottolineare la crescita dei tesserati giovani e di questo me ne rallegro, perché questa è una priorità per tutti. È inutile che vi dica che sarei felice se il presidente nazionale potrà essere ancora un lombardo».
«Io sono chiaramente grato al ciclismo, per quello che ha fatto in questi anni e, non ultimo, all’Olimpiade di Parigi, dove il vostro sport ha regalato all’Italia il 10% delle medaglie conquistate (40) – ha spiegato il numero uno dello Sport italiano Giovanni Malagò, che di passaggio a Milano per un incontro con la stampa sullo stato di avanzamento dei lavori in materia di Milano-Cortina2026, non ha mancato di portare il proprio saluto, sia in conferenza stampa che al Giro d’Onore -. In questa sfida è bello il braccio di ferro tra due eccellenze dello sport: atletica e ciclismo. L’atletica ha conquistato 68 medaglie olimpiche, il ciclismo 67. Solo che quando il ciclismo prende una medaglia è di peso, perché è d’oro: difatti, siete 36 a 24. La pagella di questo quadriennio? Più che buona, sono molto contento e molto riconoscente di quello che avete fatto».
Poi la parola passa ai giornalisti, con le loro domande.
Nel prossimo quadriennio, a livello di medaglie, cosa ci dobbiamo aspettare dai tanti giovani che stanno crescendo? Secondo lei questi successi, queste medaglie, potranno atterrare sul territorio ed essere veicolo di promozione e vocazioni come sta accadendo nel tennis?
«Questi giovani che si stanno affacciando al grande ciclismo sono la nostra speranza per Los Angeles. I tanti giovani cresciuti da Dino Salvoldi che ha rinvigorito la categoria juniores, non possono che farci pensare che il futuro per noi sarà roseo. Per la seconda domanda: è vero, un Sinner ci farebbe molto comodo. Jannik, però, non è solo un campione, ma è anche un personaggio. Ecco, avremmo bisogno di qualcosa di simile. Se me lo consente, però, aggiungo una cosa, una riflessione sui praticanti. Mi piacerebbe arrivare a breve ad una tessera individuale, con una modifica dello Statuto. Da una indagine Nielsen, il nostro sport è risultato al terzo posto tra gli sport più praticati. Al primo ci sono le palestre, al secondo il running e poi noi, che però i tanti praticanti che vanno a fare i loro giretti non sono conteggiati perché chiaramente non appartengono a nessuna società. Noi vorremmo arrivare a conteggiarli, offrendo loro una tessera che garantisca un’assistenza legale e diverse scontistiche con brand importanti».
Ha parlato di inclusione, ma non si è soffermato sull’inclusione femminile, non solo agonistica, ma anche tecnica ed economica: quale è la sua visione in materia?
«Io credo che non ci sia tanto bisogno di spingere in questo senso, perché è un mondo che sta ormai crescendo esponenzialmente da solo con grandissima velocità. Ormai il ciclismo femminile, anche a livello di compensi, è ad un livello molto buono. C’è crescita e c’è volontà di accompagnare la crescita».
Ottima l’attività di vertice; con Roberto Amadio si è creata in pratica una World Tour, abbiamo però un problema con le Under’23: le società storiche chiudono e l’Uci sta andando in un’altra direzione. Cosa pensa di fare la Federazione per placare questo stato di cose oppure l’attività under’23 è da considerare persa?
«Sappiamo che la categoria juniores è altamente esasperata e tutti vanno lì ad attingere. Io sono persuaso che di Remco Evenepoel ce n’è uno. Pogacar, ad esempio, un anno da Under’23 l’ha fatto. Il fatto che molti vadano a correre all’estero in team di World Tour è un problema più economico che strategico. Sicuramente bisogna valutare bene le cose e magari anche pensare a degli investimenti per salvaguardare la propria attività, tipicamente italiana».
All’inizio del suo mandato parlò di Sei Giorni: si arrende al fatto che a novembre e dicembre i grandi campioni stacchino e quindi il progetto non è più attuabile o ci punta ancora? Una seconda domanda: vent’anni fa si parlava di scommesse per l’attività su pista: il progetto è stato definitamente accantonato?
«Per la Sei Giorni posso dirti che all’inizio del mio mandato era sotto la voce sogno, ma è stato solo differito per fatti oggettivi. L’obiettivo è fare una Sei Giorni al palazzo delle Scintille dove è nata questo tipo di corsa, ma parlando con gli amici di City Life mi è stato detto e assicurato che il palazzo sarà pronto nel settembre del 2025. I corridori non disponibili? Quando parlo di Sei Giorni ho sempre la disponibilità di tanti atleti e atlete, perché la Sei Giorni sarà anche al femminile, ma la cosa più confortante è che quando si parla di una manifestazione come questa agli sponsor, mi sembrano tutti molto disponibili». (Per la cronaca, sulle scommesse ha risposto il presidente Giovanni Malagò, che si è detto più che favorevole, un “modo per integrare le risorse”).
Ha fatto una fotografia di quattro anni di presidenza ricchi di medaglie e soddisfazione: c’è una fotografia che porta nel cuore e che è immagine di questo quadriennio? E c’è n’è una sfuocata, che avrebbe voluto far meglio?
«Più che di fotografia parlerei di puzzle, perché è un insieme di tanti successi, risultato del lavoro di tante persone. Qualcosa può non aver funzionato, e come presidente devo avere la forza di metterci la faccia, ma in occasioni come questa devo avere anche il coraggio di distribuire i meriti a chi ci ha regalato e ha lavorato affinché queste grandi emozioni oggi vengano celebrate e ricordate».
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