YUNQUERA. Una corsa ciclistica che parte da dentro un supermercato, proprio nei corridoi vicino alle casse, è già di suo incomprensibile. A meno che questo non sia un circo. Così la Jerez-Yunquera, 6a tappa della Vuelta, è proseguita con uno svolgimento tattico senza logica. Parte la fuga e nessuno ha voglia di inseguire, come se la classifica generale fosse una cosa priva di interesse. Quando tireremo le somme a Madrid forse qualcuno si dovrà pentire dell’atteggiamento tattico di oggi.
Chi gioisce, nella giornata del supermercato, è l’australiano Ben O’Connor che in maglia Decathlon domina la tappa e si veste di rosso. Non solo: mette anche un’impronta profonda sulla classifica. Ben ha 28 anni, forse non è un grande campione, però è un corridore molto solido. È alla sua 10a vittoria in carriera, un successo che lo colloca tra i 111 che hanno vinto una tappa in ogni Grande Giro. Ben è anche alla sua 10a partecipazione in una corsa di tre settimane. Al Tour 2021 ha chiuso al 4° posto e quest’anno ha replicato al Giro. In questo 2024 ha chiuso al 2° l’Uae Tour, al 5° la Tirreno e ancora al 2° il TotA. Insomma, mica un brocco anche se qualcuno se l’è presa con lui durante il Giro per le critiche e le polemiche all’organizzazione. E quello che ha fatto vedere oggi è impressionante. È stato in spinta fino all’ultimo metro ed è arrivato relativamente fresco. Ha vinto, di forza, a quasi 42 di media una tappa con 3.800 metri di dislivello. «È uno dei giorni più belli della mia vita - ha affermato - ci tenevo molto a vincere una tappa, a entrare nel ‘club della tripletta».
Nelle generale ora ha quasi cinque minuti di vantaggio su Roglic. Trionfare a Madrid può essere un obiettivo più che un sogno. «Chissà - risponde sorridendo Ben -. Non guardo molto avanti, dovrò pensare giorno per giorno. Però sulle salite lunghe e dure non vado male. Non sono battuto in partenza. Vedremo».
Staremo a vedere come O’Connor saprà gestire lo stress del leader, però il vantaggio accumulato è molto. Gli permetterà anche, nei momenti di difficoltà, se ci saranno, di gestirsi. Davanti agli attacchi non sarà costretto a gestirsi dando il tutto per tutto subito, potrà dosare i suoi sforzi. Un grande vantaggio.
Un complimento va fatto anche a Marco Frigo che con il secondo posto centra il suo miglior risultato in carriera. Il ragazzo c’è, ha qualità ed è giovane. In discesa, lanciato all’inseguimento di O’Connor, è anche scivolato in un tornante a sinistra. Non sarebbe cambiato nulla, Ben oggi era davvero imprendibile. Ma Marco è stato grande.
L'atteggiamento del gruppo, dicevamo, è stato incomprensibile. O’Connor non può certo essere considerato una sorpresa, come fai a lasciarlo andare a sette minuti? La Uae ha messo davanti Soler, ma dopo due metri si è tolto. La Movistar s’è vista davanti un pochino di più, ma senza spettinarsi. La Red Bull Bora, a ruota. A un certo punto, sull’ultima salita, hanno messo davanti Aleotti che ai -3 è stato affiancato persino da Campenaerts. Se davvero insegui in salita, nel finale di tappa, il belga non è lì. E i Baharain di Tiberi che scivola al 7° posto e perde la maglia bianca finita sulle spalle di Lipowitz? Davanti all’ultimo chilometro, a frittata fatta.
Franco Pellizotti, diesse del team, è sorpreso anche lui: «Tappa strana, non so neanche cosa dire. Non ho capito perché è uscita così. Unica cosa certa è che O’Connor è andato fortissimo». In gruppo nessuno ha preso l’iniziativa. «Ma i primi che si dovevano muovere erano i Red Bull perché va bene lasciare la maglia, ma così mi pare eccessivo. Sette minuti sono tanti, l’australiano è mica l’ultimo arrivato. Tutte le squadre dovevamo mettere uno o due uomini decisi, invece non c’è mai stato accordo».
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