Il 5 giugno nella storia di Marco Pantani è una data ricorrente. A noi piace ricordare quello del 1994, quello dell'Aprica, del Mortirolo, della consacrazione di un talento che si era palesato al mondo appena 24 ore prima, con la vittoria nella Lienz-Merano, 14a tappa del Giro d'Italia numero 77. Grazie a Paolo Venturini, attento cronista de Il Giornale di Brescia, ecco la ricostruzione di quel 5 giugno che è passato alla storia.
«Attenzione, attenzione, scatta Pantani». Il tono della voce del giovane telecronista Davide Dezan, emulo del padre storica voce Rai, dagli schermi di Italia 1 che quell’anno trasmette in diretta il Giro d’Italia, sale d’intensità, fa sobbalzare sulla sedia, scuotendo lo spettatore dal torpore di una ordinaria tappa alpina.
Si intuisce che qualcosa sta accadendo, una nuova pagina di storia sta per essere scritta alla corsa rosa, e che storia. Merito di quel giovane romagnolo, Marco Pantani, in maglia Carrera, vestito per l’occasione della maglia bianca per gentile concessione dal russo Evgenij Berzin che indossa quella rosa del primato grazie alla sua giornata di grazia contro il tempo che ha umiliato sua maestà Indurain. Giovane e impertinente quel Pantani che il giorno prima ha vinto brillantemente una tappa al Giro approfittando anche di essere un semisconosciuto scoperto e portato al professionismo dal bresciano Davide Boifava, fiuto per il talento come pochi.
Sui monti bresciani. Autore di una lunga fuga culminata con la vittoria di tappa, il giorno seguente, nel tappone che propone lo Stelvio e il versante inedito e durissimo del Mortirolo, montagna che segna il crinale fra la Valcamonica e la Valtellina, Pantani ha il coraggio di attaccare in faccia ai campioni, senza farsi riguardo. Boifava ai suoi corridori ha insegnato questo, a dare spettacolo senza troppe tattiche, un credo innato in quel giovane di Cesenatico che in salita vola.
La genesi dell’impresa. «Scatta ancora Pantani» racconta Dezan che sulle prime rampe del Mortirolo va a riprendere un intrepido Gianni Bugno e lo passa a doppia velocità. Sussulto e commenti in sala stampa. Colpiscono le parole dell’allora ct Alfredo Martini che correva con Coppi e i grandi del ciclismo epico: «Io uno che va così forte in salita non l’ho mai visto». Vola Pantani, conquista il Mortirolo e plana in Valcamonica. Alle spalle c’è Miguelon Indurain piegato sui pedali nel vano tentativo di raggiungere Pantani, che insegue e vuole distanziare la maglia rosa Berzin il quale ascolta i consigli saggi di Argentin e sale del suo passo.
Raggiunta la valle la tappa è ancora lunga, bisogna salire all’Aprica, scendere qualche chilometro per affrontare il Santa Cristina che riporta poi al traguardo.
A Pantani si affianca Boifava con Sandro Quintarelli, parlano con il ragazzo che corre da impulsivo, ma all’occorrenza sa anche ragionare. «Gli abbiamo chiesto di non forzare sul falsopiano di aspettare Indurain e poi riattaccarlo sul Santa Cristina» racconta il grand’ammiraglio di Nuvolento. «Pantani aveva un grande pregio: se si fidava di una persona ne seguiva i consigli». Così rallenta il ritmo, si alimenta e arriva Indurain. Insieme passano sul traguardo fra il delirio dei tifosi bresciani, affrontano insieme le prime rampe del Santa Cristina e a quel punto il futuro Pirata parte all’arrembaggio, uno, due scatti secchi e Indurain cede come un pugile suonato.
Lo spagnolo confesserà tempo dopo: «ho provato a tenere il ritmo di quello là, ma ad un certo punto mi si è annebbiata la vista preda di una crisi nera. Buio pesto». Dalle retrovie arriva un pimpante Chiappucci che raggiunge Indurain e non resiste alla tentazione di scattargli in faccia. E’ il colpo del ko per il navarro, e una storica doppietta per la Carrera di Boifava. Sul traguardo arriva un raggiante Pantani, due tappe alpine su due conquistate. Sulle montagne bresciane quel giorno, il 5 giugno di trent’anni fa nasce un campione anche nel temperamento diventato poi leggenda complice anche la sua sfortunata vita.
Ma quel viso tondo, quasi pelato (lo diventerà per una questione di look pochi mesi dopo) illuminato da occhi scintillanti di magia buca il video. Quel suo modo di correre all’arrembaggio, da Pirata, conquista tutti, anche chi il ciclismo lo segue in maniera sporadica.
Quel giorno sulle strade bresciane assistiamo all’Epifania di un campione globale che segnerà per sempre una generazione.
da Il Giornale di Brescia