Coppi per voi, perchè Coppi, Fausto Coppi di primo nome Angelo, il ciclista “campionissimo” per noi sappiamo bene cosa sia. Coppi per voi, allora, e chiudiamo la porta della stanza per non sentire il blaterare di casa, è un fenomeno che pure se non specialmente qui in Campania, riesce ad evocare un miracolo ad ogni giro di pedivella, ad ogni fruscio del deragliatore per sollecitare un nuovo allungo.
E così, si scrive di maggio 2024 ed il plurale maiestatis serve solo a non essere infimo di fronte a Fausto Coppi denominatore comune del tempo sportivo, e non solo in Italia, prima delle Olimpiadi mitologiche del 1960...
E così Coppi si inventa un ritorno a casa nostra prima che ci arrovellassimo noi alla bisogna per illustrare un imminente progetto in suo onore, grazie al saluto vergine di affetto e fresco del primo sole di primavera che Marina, la sua prima figlia, ha voluto porgergli qui a Ercole di Caserta, dove è venuta per la prima volta - ci risulta, nella vita - a salutare de visu quel luogo dove il padre Fausto, ancora non suo padre se non in quell’ignoto che è la speranza, avrebbe vissuto per mesi, dopo il reimpatrio nel novembre 1944 dal Nord Africa, alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
E così Coppi battezza nuovamente, con un batticuore di centro, quanto avremmo provato più sobriamente a raccontare di lato, alla sua icona. Celeste, senza esigenza di una Madonna.
Coppi, e questo substrato di affetto campano che non è un retrobottega di frasi sfatte o di copiaincolla al modo degli internauti, Coppi che per sua buona sorte non è Maradona nè Osimhen merce a peso di polveri e di oro, ma ha la benedizione di un’altra più sobria e dolente stagione, nei modi di una più plausibile epoca.
E così, solo su carta rintracciata a stento, solo sui ritagli degni di lettura postuma ogni giorno che il buon Dio ci comanda, e così il Coppi in Campania non sarà mai una fiction conclusa, ma sempre uno sceneggiato - lo abbiamo premesso - in divenire.
Le sue puntate, ma come ci resta disdicevole questo termine che sa di Montecarlo e Saint Vincent, sono più intense stazioni di vita, che andremo a raccontare, o solamente ad onorare in silenzio, al di là del fruscio di quelle ruote senza motore che pure così in excelsis caeli hanno saputo elevare Fausto Coppi.
E così, dopo l’omaggio inatteso di Marina, l’itinerario che ha riportato - con due opzioni di lunghezza e difficoltà, sempre però da Ercole ad Ercole - l’effige non blasfema di Fausto Coppi per le strade della Campania, sia da indipendente, sia in maglia iridata, sia in fatidica livrea Bianchi, sabato 11 maggio, ha avuto davvero sigilli di cera lacca preziosa.
Partenza, grazie al progetto elaborato dalla Associazione Culturale Sportiva Amici di Fausto Coppi - Caserta, in collaborazione con l’ASD Amici in Bici “Bruno Della Valle” di San Tammaro, da Ercole di Caserta, lì dove non metaforicamente per Coppi in Campania tutto ebbe inizio, per raggiungere altri tre luoghi canonici della carriera trionfale del campione sulle nostre strade.
E parliamo di Somma Vesuviana, ospiti di Angelo D’Avino, il cui padre Giuseppe, maestro falegname donò generosamente a Fausto Coppi la bicicletta - per quanto fosse di marca “Legnano”... sulla quale nell’inverno 1945 avrebbe potuto riprendere l’ascesa alle corse, lui bene o male ancora ultimo vincitore del Giro, quello del ’40, e detentore del record dell’ora in carica, stabilito a Milano, prima del deflagrare irreversibile degli eventi bellici…
E c' èstato il tempo successivo, per chi ha scelto di impegnarsi nel percorso più ostico, di arrivare sul Picco di Agerola, lì sul belvedere di Bomerano, a strapiombo sulla Costiera amalfitana, dove la stele marmorea posata da Il Mattino nel 1960 sta a ricordare l’impresa di Coppi nel Giro della Campania del 1955, il secondo dei due consecutivi da lui vinto. Quella volta, domenica 3 aprile, in volo solitario.
La carovana dei fedeli, o dei devoti di Fausto Coppi, e non ci sentiamo in colpa nell’usare termini da agiografi, c’è molto di peggio nell’attualità dei follower per non meritare la altrui censura, è approdata poi a Napoli, in un luogo senza retorica neomelodica ben lontana dal mare, quel Velodromo Albricci, nella zona aspra e popolarissima del Vasto, dove Fausto Coppi si aggiudicò i suoi “Campania”. Nel 1954, da campione del mondo, in volata di pochi. Nel 1955, da asceta del ciclismo, in attesa del resto. Ci sono ancora foto in giro dell’archivio Carbone di qualcuno che appassionato continua ad inseguirlo, sfinito, sul parterre.
Nessuno l’avrebbe mai raggiunto, da noi ed altrove, a Coppi. 1944-2024.