Ma sì, prendetevi Vingegaard, io mi tengo Pogacar. Niente da dire, il danese è fortissimo tre settimane all'anno, per meglio dire è il più forte in una crono di queste tre settimane, ma io non vacillo neanche per un secondo. Neanche quando Pogacar prende le sberle. Perchè nella vita capita pochissime volte di incrociare un fuoriclasse di queste dimensioni, nella mia è successo due volte, da ragazzino con Merckx, adesso che sono un po' meno ragazzino con Pogacar. E come minimo me lo godo, cercando innanzitutto di non fare confusione, di non farmelo scappare, di non confonderlo con la fuffa, di riconoscerlo nitidamente, unico tra tanti, anche se sono tanti bravi.
Grazie Taddeo, grazie anche per questo Lombardia. Un'ora, dal passo di Ganda alla fine, di pura leggenda. Il modo, se possibile, riesce a essere ancora nuovo e imprevedibile: prima ci prova di forza in salita, ma poi quando vede che Roglic in qualche modo la medica, proprio in quel momento s'inventa la soluzione della discesa, dove non è riuscita la forza riescono l'estro, il coraggio, la fantasia. Ebbene sì, anche la follia. Difatti il conformismo perbenista del ciclismo piccolo borghese incarica il teletecnico Petacchi di emettere subito la censura: “Certo rischia molto attaccando in discesa...”. E come no, con tutti quei chilometri ancora davanti, con tutti quei feroci inseguitori a pochi secondi, certo, non si fa, non sta scritto sul manuale del bravo ragazzo. Ma caro Petacchi, cari sacerdoti della vita calibrata, è proprio in certi momenti e in certe situazioni che emerge trionfalmente la differenza tra il grande artista e la personcina normale. L'artista rompe gli schemi e i teoremi, esce dalle righe e dalla consuetudine, per buttarsi a corpo morto nell'ignoto affascinante dell'impossibile. Rischiando, sì, rischiando. E difatti, contro ogni logica, Pogacar riduce in poltiglia il gruppetto inseguitore e va a vincere il terzo Lombardia al modo dei faraoni (i faraoni non vincevano le corse in bici, ma il modo è quello).
Grande Pogacar, immenso Pogacar. Che dici? Che questa vittoria vale ancora di più perchè arriva in un periodo complicato? Bravo, parli bene, proprio così, vale ancora di più perchè zittisce e mette a sedere tutti i saputini che aspettano solo il tuo passo falso per dire che sei un bluff, che il paragone con Merckx è una bestemmia in chiesa (io la ribadisco, così vado all'inferno), che corri male, che non ti sai gestire, che ti sbatti via, che ti manca sempre qualcosa.
Andassero a rivedersi questa tua annata, i saputini del branco. E poi si sciacquino la bocca. Certo che non si può vincere il cento per cento delle corse, neppure Eddy ci riusciva, ma vincere da inizio anno fino alle foglie morte è di pochi, di pochissimi, dei veri eletti, soprattutto nell'era esasperata delle grandi specializzazioni.
E comunque non c'è problema: si tengano Vingegaard, quelli che non gradiscono Pogacar. La bellezza di questa epoca è che ci sta regalando una nuova, enorme rivalità. Però vorrei far presente che per tenere in piedi una simile rivalità bisognerebbe che i due rivali si incontrassero un po' di più, qui invece siamo tornati alla formula Armstrong, questo Vinge bisogna incrociarlo una volta all'anno e poi chi lo incontra faccia un fischio (a beh, certo, corre il Delfinato...). E siamo tornati alla differenza, per me decisiva e schiacciante: Vingegaard sarà pure il migliore in tre settimane, per meglio dire in una crono di queste tre settimane, ma tutto il resto è Pogacar (anche Van der Poel, anche Van Aert, anche Evenepoel, ma con loro si rimane nel campo degli specialisti di settore). Che siano grandi giri o grandi classiche, Pogacar esiste sempre, fosse anche per perdere e rendere più famoso chi lo batte. E con questo non ho altro da aggiungere. Non voglio convincere nessuno, proprio non mi interessa. Prendetevi Vingegaard, io mi tengo Pogacar.
Ps: devo delle scuse a Bagioli: si meriterebbe un monumento, perchè un Lombardia come il suo non mente. Purtroppo quando si arriva dietro a Pogacar tutto va in ombra. Ma resta inteso che secondo dietro a Pogacar vale un patrimonio.