Oggi è il giorno della verità, della versione di Moreno Argentin, il quale ha convocato a Roma la stampa per esporre le proprie argomentazioni a difesa della bontà della propria gestione. Da una parte anni di mala gestione (si può dire? Credo che un organizzatore che non paga i conti ai propri fornitori non possa essere annoverato tra i benefattori), dall’altra la Lega del Ciclismo Professionistico capitanata dal commissario Cesare Di Cintio il quale ha avuto mandato dal Consiglio Federale e dal presidente Cordiano Dagnoni in persona di rimettere in piedi una struttura che per anni è andata avanti per forza d’inerzia, con il carburante a disposizione e la possibilità di manovra che gli erano concesse.
Bene, queste le due posizioni, anche se è bene che Moreno Argentin risponda semplicemente a questa domanda: come è possibile che un organizzatore messo spalle al muro dalle istituzioni per inadempienze varie, faccia andare in Abruzzo squadre e collaboratori e lui operi da casa sua, senza nemmeno avere il coraggio di metterci letteralmente la faccia? Come è possibile che fornitori o collaboratori - cito Paolo Mei, bravissimo speaker professionista, voce da anni del Giro d’Italia -, venga invitato a scendere da Cogne dove abita per recarsi al via della corsa e sia costretto a metà strada a tornarsene al proprio luogo di residenza senza che nessuno abbia il buon cuore di chiamarlo per scusarsi del disagio, ma lo viene a sapere dalle squadre che gli dicono: torna, qui è saltato tutto. Spero che questa mattina, prima di cominciare, abbia il buon gusto di chiedere scusa a tutte quelle persone, ai corridori, ai direttori sportivi, massaggiatori e meccanici che in Abruzzo sono andati a proprie spese e non ha nemmeno ricevuto una pacca sulla spalla, ma solo un calcio in culo. Spero che dica che salderà i conti a quanti aspettano i propri emolumenti da oltre un anno e solo successivamente racconti le sue verità, che a questo punto ci interessano poco. Molto poco
Oggi, per la cronaca, “Il Fatto Quotidiano” ha trattato l’argomento con Lorenzo Vendemiale, il quale ha ricostruito la storia, ma è evidente che anche lui non abbia potuto prendere una posizione netta. La situazione non è bella, per nulla. «C’era una volta l’Adriatica-Ionica, giovane corsa a tappe nata da un’idea dell’ex campione Moreno Argentin – scrive Vendemiale-, che nelle sue prime edizioni aveva raccolto interesse e lanciato talenti. C’era una volta e ora non più, perché nel 2023 la corsa è saltata, tra problemi organizzativi e accuse di sabotaggio».
E ancora: «In calendario dal 22 al 24 settembre tra Abruzzo, Puglia e Calabria, la competizione non è stata autorizzata dalla Lega ciclistica, “attesa l’insussistenza dei prescritti presupposti regolamentari”. Le difficoltà, però, non nascono solo su strada, almeno ne è convinto Argentin, i cui rapporti coi vertici sono burrascosi da mesi, al punto da beccarsi un deferimento (archiviato) per aver definito “grande burattinaio” il presidente federale Dagnoni».
Infine Vendemiale entra nella politica sportiva, in argomenti estremamente delicati che arrivo a definire condivisibili, quelli riguardanti i diritti televisivi. Scrive: «Argentin è in dissenso sulla gestione dei diritti tv e della Lega da parte del commissario Cesare Di Cintio… A inizio 2023, però, la Federazione ha affidato a Rcs l’organizzazione del Giro donne e Under 23 (con una gara pubblica cui si è presentato un solo soggetto), sfilando dal paniere le due competizioni più appetibili. Quell’accordo – da alcuni visto come il sigillo alla tregua fra Federciclismo e Rcs, i cui quotidiani la scorsa estate avevano bersagliato il n.1 Dagnoni per il caso delle provvigioni irlandesi – ha creato malcontento».
È una tesi che si potrebbe anche prendere in considerazione, ma nulla ha a che fare con questa vicenda. Il punto è che Argentin non salda i conti (la polstrada è stata pagata la settimana scorsa, ma non per l’edizione 2023, ma per quella di un anno fa), vive a più riprese di deroghe che ha avuto in passato anche da Cordiano Dagnoni, il resto è fumo negli occhi. Fumo negli occhi che è riassumibile in questo passo: «Argentin si è rifiutato di consegnare i diritti della sua corsa. E da allora, a detta del diretto interessato, sarebbero iniziati i guai, per l’inflessibilità della Lega…».
Questa la chiosa: «Ad Argentin restano i debiti e le recriminazioni: “I veti erano insuperabili: se volevano punirmi avrebbero potuto e dovuto farlo prima”. La Lega di Di Cintio respinge le accuse: “La gara era già stata sospesa e gli organizzatori avvisati delle inadempienze. Abbiamo provato ad aiutarli fino alla fine, ma non c’erano le condizioni di sicurezza. Qui la politica non c’entra nulla”».