Una stagione in fotocopia nel ciclocross. Entrambi con 14 vittorie, entrambi campioni d'Italia nella rispettiva categoria giovanile. Entrambi prodotti ciclistici di una regione di dimensioni e tradizione difficilmente paragonabili a colossi come Veneto & affini: l'Umbria. Uno è il quasi diciottenne marscianese Samuele Scappini, che abbiamo recentemente intervistato, bicampione nazionale juniores. L'altro è Mattia Proietti Gagliardoni, classe 2007 di Santa Maria degli Angeli che pedala da una decina d'anni.
Papà Moreno era karateka, poi si convertì al ciclismo come amatore e iniziò una vita da allenatore dei piccoli talenti della pedalata. Tra cui il figlio. Dopo una trafila targata Uciclone, Bastia Assisi e Nestor Fortebraccio, Mattia dal 2021 corre per la UC Foligno, dove a seguirlo è soprattutto il padre insieme al direttore sportivo Luciano Piermatti. Manca solo la pista, per il resto Mattia le prova tutte con profitto: su strada è reduce da una prima annata da Allievo in cui ha fatto 21 top-ten di cui 3 vittorie, e ha conquistato il GPM alla Dino Diddi, mentre in mountain bike è arrivato terzo a Capoliveri. Fino al dominio dei quattro mesi scorsi nel ciclocross, che ha inaugurato il suo 2° anno Allievi.
«Sono stato compagno di Samuele Scappini nel 2020 in Fortebraccio - ci racconta il giovane Proietti Gagliardoni - gare poche, allenamento tanto: anche quando sono passato al Foligno siamo rimasti amici e già l'anno scorso avremmo voluto centrare l'accoppiata di titoli tricolori ciclocross, ma mentre lui vinse io arrivai secondo. Quest'anno invece a Castello Roganzuolo sono riuscito a confermare i pronostici. Rispetto a lui che è velocista, io che ho corporatura esile vado forte in salita, ma sto lavorando bene su spunto veloce e passo in pianura.»
Studente al liceo scientifico sportivo, dove fa 6 ore di educazione fisica alla settimana alternando vari sport, persino tennis e judo (ma non il ciclismo) Mattia non ha indossato solo la maglia tricolore ai campionati italiani, ma anche quella rosa al Giro d'Italia Ciclocross: «Che soddisfazione queste due maglie! Ricordo con particolare felicità anche il successo al Ciclocross del Ponte a Faè di Oderzo e quella di Ferentino due stagioni fa, quando arrivai in parata con Riccardo da Rios della Sanfiorese. Mi sono divertito molto inoltre alla gara della vigilia di Natale a Sant'Egidio alla Vibrata, in Abruzzo, dove ho imitato Tom Pidcock sul traguardo facendo il "Superman" e qualcuno ha persino commentato che avrei dovuto essere squalificato... lasciamo perdere (sorride, ndr).»
Il vero idolo di Mattia però non è Pidcock, bensì il pluricampione mondiale Mathieu Van der Poel. E su strada, invece, Chris Froome. A proposito, qual è la sua disciplina preferita? Dubbio non v'è alcuno: «Il ciclocross». Ma sa anche bene che «dall'anno prossimo in cui passerò juniores dovrò provare un po' più di strada.»
Nel percorso parallelo di Scappini e Proietti Gagliardoni, al di là di coincidenze vittoriose e giochetti di numeri, c'è questo: la multidisciplinarietà. Non certo una casualità, ma un valore per il movimento ciclistico umbro. Così ci spiega infatti Eros Capecchi, direttore tecnico del comitato regionale umbro, figura tecnica e umana di riferimento per Samuele, Mattia e i loro colleghi di regione: «Ci confrontiamo tanto con le società, che hanno capito l'importanza di mettere i loro atleti in condizione di poter provare tutto. E stanno facendo un lavoro molto serio. I ragazzi devono divertirsi e non fossilizzarsi, altrimenti il rischio di annoiarsi è maggiore: cambiare da una disciplina all'altra permette loro di avere sempre un nuovo stimolo. Inoltre ogni attività allena le altre e se fai far loro solo una cosa, magari non scoprirai mai che un ragazzo può avere talento in un'altra. Adesso stiamo scoprendo ciclocrossisti come Scappini e Proietti Gagliardoni, ma anche Giacomo Serangeli compagno di Mattia al Foligno. Un domani chissà chi altro verrà fuori e dove. Intanto, da anni di in cui facevamo fatica a trovare il numero minimo di corridori per certe gare, oggi a volte ci troviamo a dover lasciare a casa atleti forti.»
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