Immaginate di essere una campionessa olimpica e che un incidente non solo interrompa la vostra brillante carriera ma vi renda disabile, costringa alla paralisi quelle gambe che riuscivate a far girare più veloce di chiunque altro, vi porti via programmi e sogni in un battito di ciglia. Abbattersi, non riuscire ad accettare questo destino maledetto, essere infuriati con il mondo sarebbero le reazioni più comuni e comprensibili. Immaginate però di non essere mai stati una persona “normale”, ma una fuoriclasse e potrete capire perchè Kristina Vogel oggi è a Tokyo2020. Non può difendere il suo titolo di campionessa olimpica in carica della velocità, ma non è voluta mancare ai Giochi Olimpici con il sorriso e la forza che l'hanno resa nota a livello globale.
La 30enne tedesca è stata 11 volte campionessa del mondo su pista e due volte medaglia d'oro olimpica. A Londra2012 vinse con Miriam Welte l'oro nella velocità a squadre, a Rio 2016 fu di bronzo nella stessa disciplina con la stessa compagna e vinse il titolo nella velocità. Il 26 giugno 2018, mentre si stava allenando nel velodromo di Cottbus, si scontra ad altissima velocità con uno junior olandese che stava provando una partenza. L'impatto è così violento che Kristina rimedia diverse fratture, compresa quella della settima vertebra toracica, che la costringe alla paraplegia. In Giappone non potrà garantire alla Germania il bottino di medaglie che era quasi “sicuro” visto che era indiscutibilmente la regina delle specialità veloci, ma per fortuna per tutti i tifosi di ciclismo si presenta con la sua storia, la sua esperienza e la sua voce per raccontare le gare che andranno in scena da oggi all'8 agosto sul velodromo di Izu per la televisione tedesca.
La guardo mentre mangia un gelato, scherza con un'amica e fissa i corridori che stanno inseguendo i loro sogni e mi immagino che viva un mix di emozioni difficili da spiegare. Mi smentisce, con grande serenità: «Ho vinto tutto quello che era possibile vincere in un velodromo, chiaramente speravo di poter inseguire una terza medaglia d'oro olimpica ma la vita non sempre va secondo i programmi e io mi sono adeguata a quanto mi ha riservato. Sono andata avanti, non ha senso guardarsi indietro, meglio rivolgere lo sguardo al futuro».
Prima di diventare una campionessa Kristina è stata una bambina che doveva condividere la sola bicicletta che c'era in casa con le sue tre sorelle minori. All'età di 10 anni si è unita ad un club ricevendo finalmente una bici tutta sua e un anno più tardi ha intrapreso una scuola sportiva. «Sono sempre stata quella che si allenava di più, a volte più dei ragazzi. Quando ti alleni duramente, vedi i risultati, inizi a vincere e a divertirti» ricorda questa donna che per la sua sfortunata storia e l'energia che emana mi ricorda la mia cara amica Marina Romoli.
«La pista non è semplice da capire, le varie prove hanno differenti regole, spero con la mia esperienza di renderla più comprensibile e coinvolgente per gli spettatori che non la conoscono. I Giochi Olimpici sono una vetrina importante, la mia missione è far innamorare più persone possibili alla pista» prosegue Kristina, che è impegnata anche nella commissione UCI dedicata alla pista.
«Non vedo l'ora di raccontare delle belle storie olimpiche – ci confida con gli occhi che le brillano. - Mi piacerebbe tanto commentare una vittoria tedesca, speriamo! La coppia di ragazze nel team sprint ha buone possibilità (hanno ottenuto l'argento, alle spalle del duo cinese, ndr), così come i vostri ragazzi nell'inseguimento. La Danimarca è la favorita, so che nelle prove ha stabilito un nuovo record, ma anche il vostro quartetto può ambire a una medaglia pesante. Teniamo le dita incrociate, sia per voi che per noi».
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