Il nome Ganna nel ciclismo si porta addosso un destino già scritto. Il primo vincitore del Giro d’Italia, anno 1909, si chiamava Luigi. Il primo italiano campione mondiale delle corse a cronometro, anno 2020, si chiama invece Filippo. Oltre cent’anni di distanza, due facce di uno sport sempre speciale: l’antenato era l’emblema della sofferenza, si era guadagnato il soprannome di «re del fango», l’eroe moderno è il «re della tecnologia». Vincere le crono o l’inseguimento su pista significa avere un computer nella testa, un motore che gira sempre al massimo. Il nostro Ganna, perché è di Filippo che parliamo oggi, è stato designato dalla giuria della Stampa «Campione dell’anno 2020». Per via del computer che lo guida nelle gare di precisione, ma anche per avere stupito gli sportivi al Giro d’Italia trasformandosi in corridore multiuso e vincendo persino una tappa di montagna. Un fiero attaccante che sa esaltare la folla.
La redazione sportiva del nostro giornale si era inventata nell’ormai lontano 1978 quello che sembrava un giochino e poi è diventato la fotografia per mettere a fuoco la stagione arrivata all’epilogo. Quella volta era stato piuttosto facile designare il vincitore, anzi la vincitrice per celebrare i tempi d’oro di Sara Simeoni, prima donna al mondo oltre i 2 metri nel salto in alto. Poi il nostro referendum o il giochino, fate voi, si è ingarbugliato. Tanti candidati premevano. E sono emersi via via Mennea Freccia del Sud, Dino Zoff monumento dell’Italia del calcio «mundial» del 1982, gli Abbagnale, Pantani, Valentino Rossi, la regina del nuoto Federica Pellegrini… Il verdetto è sempre stato occasione di discussioni, dubbi. Come è giusto sia. Noi votanti rappresentiamo un piccolo spaccato nella vasta platea degli sportivi, il compito nostro è proprio questo: riaccendere la curiosità sul passato recente, la voglia del ripasso.
Per via del Covid anche il 2020 dello sport è stato un anno zoppo. Il ciclismo ha preso vantaggio perché ha difeso le sue corse ed è stato una delle poche discipline con un programma ricco che ha riempito il teleschermo. Il gigante Ganna l’ha occupato benissimo anche per l’empatia che ha trasmesso, quel giovane ha dimostrato di sapersi muovere altrettanto bene quando scende dalla bicicletta. Né va dimenticato che i voti sono a volte un atto emozionale: quale sport meglio del ciclismo offre brividi a ogni colpo di pedale?
Nell’albo d’oro delle 43 edizioni del nostro Premio soltanto l’atletica ha ottenuto più successi - anche se oggi barcolla - e resta avanti per 10 a 8. L’unico rivale, anzi l’unica, che nel 2020 ha insidiato Ganna è stata la sciatrice multiforme e coraggiosa Federica Brignone (chi scrive ha votato per lei, esistevano altrettanti buoni motivi per darle la preferenza…). Sul podio, al terzo posto, è salito il giovanissimo Sinner, tennista. Il tempo gioca per lui. Da sottolineare che Ganna ha interrotto una dittatura delle donne che durava ormai da cinque anni, vedasi l’albo d’oro, ultima regina in ordine di tempo la dirompente pallavolista Egonu.
Ganna è di Vignone, vicino a Verbania, Lago Maggiore, un angolo di paradiso dove la natura si diverte a incantare. Terra (e acqua) buona anche per gli sportivi. Già il papà Marco era stato azzurro e aveva partecipato all’Olimpiade di Los Angeles 1984, specialità canoa. Ci ha provato a mettere i remi in mano anche a Filippo, che però avrà pensato: se tutti dobbiamo pedalare per andare avanti nella vita, bisogna stare sempre attenti a non andare in barca.
da La Stampa
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