I colpevoli per la morte di Giovanni Iannelli? La fatalità, la vaghezza delle regole, forse un contatto, forse uno spostamento involontario. Forse... Insomma, un colpevole vero non c’è.
Il pubblico ministero di Alessandria, Andrea Trucano, ha infatti chiesto al Gip l’archiviazione nel procedimento a carico dei tre indagati: il presidente della società organizzatrice, il direttore e il vice-direttore di corsa dell’87° Circuito Molinese di Molino de’ Torti, in provincia di Alessandria.
Era il 7 ottobre 2019 quando nella volata decisiva Iannelli urtò un pilastrino di un cancello sulla sinistra della carreggiata a 140 metri dal traguardo, andando a sbattere con il capo contro laltro pilastrino del cancello in questione. Un urto terribile, quadro clinico gravisismo che due giorni dopo portò Giovanni alla morte.
Il pubblico ministero scrive che le norme di sicurezza di una corsa ciclistica sono stabilite da regolamenti piuttosto vaghi che non consentono di stabilire cosa sia obbligatorio o meno per evitare rischi ai corridori. E sottolinea che se anche gli organizzatori del Circuito Molinese avessero rispettato l’obbligo di transennare gli ultimi 100 metri del tracciato - cosa he non avevano fatto e per la quale sonos tati puniti con otto mesi di inibizione e 1000 euro di multa dalla Corte Sportiva di Appello della Federciclismo - il pilastrino in questione non sarebbe stato protetto.
«Dalla lettura del complesso di norme e autorizzazioni - si legge nella richiesta - si ricava certamente l’esistenza di uno standard di sicurezza che deve essere garantito dagli organizzatori che hanno il dovere di limitare il rischio entro una certa soglia, definita dagli standard regolamentari, ma non di annullarlo. Il parametro dell’individuazione degli ostacoli lungo il percorso è elastico. Attività come il ciclismo restano intrinsecamente pericolose, cionondimeno l’ordinamento tollera e tutela».
Il pm cita poi il fatto che la corsa da 80 e più anni di disputa sempre sullo stesso percorso di 6 chilometri e che anche il 7 ottobre 2019 i corridori avevano avuto modo di transitare più volte sul rettilineo d’arrivo e addirittura di disputare più volate per i vari traguardi volanti.
Tante le persone interrogate, ma solo la giudice di gara G.F. conferma di aver seguito da vicino l’accaduto, di aver seguito in particolare la manovra di Iannelli che crecava spazio sulla sinistra della carreggiata e di non aver riscontrato alcuna irregolarità.
I corridori interrogati hanno fornito solo chiarimenti parziali sull’accaduto, ed è comprensibile visto che erano impegnati nella volata, mentre il direttore sportivo di Iannelli, Imere Malatesta, ha dichiarato che «il percorso di Molino de’ Torti è piuttosto semplice e sono altre le strade o i circuiti da essere considerati pericolosi».
Opinioni contrarie quelle espresse da Raffaele Babini - «evidenti ostacoli e repentini restringimenti, punti ed elementi che costituiscono grande pericolo» -, dall’ingegner Piercarlo Molta - «tracciato disseminato di punti pericolosi ai margini della carreggiata» - e da alcuni corridori come Filippo Mori e Andrea Biancalani che hanno sottolineato come «nel rettilineo finale c’era certamente una carenza della sicurezza» e di «arrivo collocato in un punto non idoneo del tracciato perché la strada era delimitata direttamente dalle mura delle abitazioni, infatti non c’era nemmeno il marciapiede. Inoltre la carreggiata era stretta». Niccolò Degli Innocenti, anche lui in corsa, testimonia: «Ritengo che la sicurezza del circuito fosse nulla in quanto mancavano dei metri di transenne. Lungo il tracciato mancavano coperture in punti pericolosi e ad esempio nell’ultima curva c’erano dei paletti metallici adiacenti a una casa proprio a ridosso della carreggiata e non protetti. Sul rettilineo d’arrivo c’erano poi diversi muretti non protetti».
In conclusione, il pm scrive che «Alla luce di questi elementi si ritiene insussistente il reato contestato con riguardo a tutti e tre gli indagati, sia sotto il profilo oggettivo (perché l’evento esula dai limiti della posizione di garanzia che grava sugli indagati) sia sotto il profilo dell’elemento soggettivo (perché l’evento era ex ante imprevedibile da parte del comune organizzatore o direttore di corsa» e chiede l’archiviazione.
I legali della famiglia Iannelli hanno a disposizione 30 giorni di tempo per presentare il loro ricorso e proseguire la loro battaglia.