H come Honorè. Nel senso di Mikkel Frolich, ciclista danese della Deceunink. Frolich è il cognome del padre, non il titolo di un film Disney. Non viene mai citato (Frolich, non Disney): lo chiamano solo Honorè, forse perché dei suoi nonni era quello che correva in bici. Non è un ciclista come gli altri: parla una decina di lingue, ovviamente non tutte assieme. Viaggia con una valigia di libri: per questo, ha lasciato a casa tutti i vestiti. E’ aggiornato su tutto: non gli sfugge nulla, dall’ennesima pensata di Trump all’ultimo strafalcione di Sgarbozza. E’ un fedelissimo di Almeida: lo protegge in pianura, gli tira le volate, lo scorta in salita, gli rimbocca le coperte in camera. Quando gli chiedono se gli pesi tutto questo lavoro, risponde secco: sono Honorè. Prima della crono di Valdobbiadene gli hanno detto che avrebbe potuto lavorare per sé, così ne ha approfittato per chiedere alla fidanzata Marilisa di sposarlo: penserà lui alla torta nuziale. Lo ha fatto vestendo il body aerodinamico e col caschetto in testa: in certi momenti bisogna essere veloci. Siccome col Giro era passato da Treviso anche un anno fa, c’è preoccupazione fra i parenti: la prima volta ha salutato la fidanzata, la seconda l’ha chiesta in moglie, chissà cosa partorirà alla terza. Prima del Giro ha corso il mondiale a Imola, dove è stato fermato contro il suo volere per aver fatto più di quanto gli era stato chiesto: è proprio vero che c’è del marcio in Danimarca. Dopo il Giro ha promesso di tornare a Imola, stavolta per aiutare un frantoio nella raccolta delle olive: per prepararsi, farà in modo che per Almeida fili tutto liscio come l’olio.
M come McNulty. Nel senso di Brandon, ciclista statunitense della Uae. Ventidue anni, al primo grande giro ha già messo il naso nelle zone alte: un altro della generazione ‘subito e tutto’. Ha la stessa età di Pogacar e Almeida, di Hirschi e del Bernal che ha vinto il Tour: vien da chiedersi cosa stessero facendo le mamme italiane alla fine del secolo scorso. Viene dall’Arizona, l’unico stato americano senza l’ora legale: è lì che ha imparato a recuperare tempo. Deve tutto alla crono, specialità nella quale è stato iridato da juniores: è lì che ha imparato a non perder tempo. Anche nella vita, non spreca un istante: per questo detesta il giorno di riposo. Ha un cognome da sandwich, non stonerebbe nel menu McDonald fra il McBacon e il McNuggets. Da cinque anni è legatissimo a una ciclista, Summer Moak: quando rivela di amare l’Estate, non parla di stagioni, si riferisce a lei. La rivedrà domenica, dopo quattro mesi: star da solo è un modo per preparare le crono. E’ il classico bravo ragazzo uscito dal college, educato e silenzioso, di quelli che non ti accorgi di avere: quando lasciando l’albergo, i suoi tecnici regolarmente controllano di non esserselo scordato. E’ soprattutto un ciclista che migliora sempre e merita attenzione: come tutti quelli che restano vicini al bersaglio, è un atleta che ha delle mire.
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