«Ve l’avevo detto!»: così ha urlato sulle colonne di Ekstrabladet.dk, dove tiene una rubrica periodica, Michael Rasmussen. A scatenare la rabbia dell’ex corridore danese sono stati i risultati di una ricerca presentata da Nikolai Baastrup Nordsborg, ricercatore presso il Dipartimento di nutrizione, attività fisica e sport dell'Università di Copenaghen, e pubblicata da Medicine & Science in Sports & Exercise.
Al centro della ricerca, l’utilizzo di dosi ridotte di autoemotrasfusione: in altre parole, mentre la letteratura classica ha sempre proposto due-tre sacche come necessarie per garantire risultati significativi - e su queste misure si è sempre mosso l’antidoping -, la ricerca sostiene che siano sufficienti 135 millilitri di sangue (mezza sacca) per poter migliorare fino al 5% le proprie prestazioni.
«Finora - sostiene Baastrup Nordsborg - la lotta al doping ha sempre guardato in alto, noi invece abbiamo invertito la rotta». I ricercatori danesi hanno lavorato su nove soggetti: ad alcuni di loro sono stati prelevati 900 ml di sangue, ad altri invece è stato effettuato un falso prelievo. Quattro settimane dopo, ai soggetti sono stati somministrati 135 ml di globuli rossi impaccati o una soluzione salina e due ore dopo è stato chiesto loro di eseguire un test da sforzo.
Tre mesi dopo, i gruppi sono stati invertiti e le prove sono state ripetute, con confronto finale delle loro prestazioni con emotrasfusione e con soluzione placebo.
Lo studio era evidentemente limitato nel numero, ma i risultati sono stati evidenti con un aumento del cinque per cento delle performance per chi aveva beneficiato di una trasfusione.
Rasmussen nel suo articolo non le manda a dire: «Se si fosse fatto l'esperimento con 20 corridori del Tour, i risultati sarebbero stati più precisi, ma è dimostrato che il doping ematico funziona. Finché non ci sarà un test antidoping affidabile al 100%, non bisogna illudere nessuno sulla purezza dello sport».