ROULETTE RUSSA

TUTTOBICI | 23/08/2018 | 07:30
di Pier Augusto Stagi

ROULETTE RUSSA. Anche il Tour modello Hollywood Party è andato in archivio, devo solo capire se la regìa è stata curata da Christian Prudhomme, il numero uno della Grande Boucle, o da Blake Edwards. Devo accertarmi che quello visto al Tour non fosse Peter Sellers anziché Chris Froome, e la Gendarmerie non fosse davvero coordinata, guidata e illuminata da quel genio dell’ispettore Clouseau.


L’avete visto tutti, cari amici di tuttoBICI, il Tour di quest’anno. Una corsa bloccata, monotona e prevedibile come poche altre volte, da festival mondiale dello sbadiglio. Certo i corridori si sono fatti un mazzo tanto, hanno corso a ritmi folli, ma il percepito, quello che è arrivato nelle case degli italiani, è stato uno spettacolo desolante, risvegliato solo da una Gendarmerie guidata dal sapiente ispettore Clouseau, il quale ha provato inutilmente a svegliare i corridori dai torpori estivi.


La palpebra calava, e i corridori cadevano sotto i colpi dei pugni, degli sputi, delle cinghiate da macchina fotografica. Intossicati da fumogeni e spray urticanti al peperoncino: non c’è stato verso, loro, i corridori, imperterriti hanno continuato a pedalare come se nulla fosse, senza che succedesse nulla. Il prossimo anno consigliamo all’organizzazione di inserire nelle tasche posteriori delle magliette dei corridori delle bombe ad orologeria: alcune vere, alcune a salve, in modo da creare una sorta di “roulette russa” sulle rotte di Francia. Lo spettacolo è assicurato.

AI MIEI TEMPI. Ai miei tempi facevo questo o quello. Ai miei tempi sì che era ciclismo. Oggi i corridori non hanno coraggio, non osano, non provano, non fanno questo o non fanno quello. Quante volte l’avete sentito e quante volte l’avete detto anche voi. Io, mai. Oggi i corridori non sono paragonabili minimamente a quelli di ieri. Oggi i corridori non possono più bluffare, il livello è altissimo e le differenze minime: quindi il risultato è di assoluta frustrazione. Almeno nei Grandi Giri e nelle grandi Classiche Monumento, vivono con una telecamera fissa davanti al loro naso e un braccialetto elettronico sul sedere. Devi pedalare e basta, e lo fanno. Senza attaccarsi al calzoncino dei compagni di squadra; senza fare scie dietro ad una moto o alla propria ammiraglia perché c’è la VAR in agguato che ti penalizza; senza procedere ad andatura turistica come si faceva fino alla fine degli Anni Ottanta, quando i corridori decidevano di aprire il gas solo nel momento in cui l’elicottero della tivù si levava sulle loro teste. Adesso le tappe sono trasmesse integralmente. Tutti vedono tutto. E poi ci sono i social, che fanno il resto e completano la gogna mediatica, alla quale tutti compartecipiamo. Ai miei tempi, ai miei tempi, ai miei tempi: non ne posso più di questa litania. Io di quei tempi faccio parte, ma sono anche contemporaneo e ho gli occhi per vedere e osservare, ma fatevene una ragione, i corridori di oggi non hanno via di scampo. Tra telecamere, “go pro”, sensori e radioline, a loro tocca solo stare zitti e pedalare. 

DONNE FUORI DAL MONDO. La Trek-Segafredo ha annunciato la nascita di una squadra femminile, che a partire dal 2019 affiancherà quella maschile e si avvarrà delle prestazioni di una delle più belle realtà mondiali: Elisa Longo Borghini. Ormai il solco è stato tracciato, e saranno tante le squadre di World Tour che nei prossimi anni coniugheranno al femminile la loro attività agonistica. È lo sport in genere che lo sta facendo, l’altra metà del cielo interessa anche al calcio che con la Juventus ha certamente fatto fare quest’anno il salto di qualità a tutto il movimento pallonaro femminile e si appresta a fare piroette ed evoluzioni profonde nei prossimi anni. Questo per dire che cosa? Che lieviteranno costi e trattamenti, il ciclismo femminile giustamente crescerà, ma ho chiara l’impressione che nel volgere di un paio di anni, anche nel ciclismo femminile, l’Italia del pedale diventerà periferia del mondo. Non siamo attrezzati e dormiamo sonni profondi. Avremo squadre juniores e una, massimo due formazioni “elite”: forse. Faticheranno ad uscire dai confini nazionali. Le donne d’Italia, le più brave, saranno nel mondo, noi come movimento di squadre fuori. Proprio come in campo maschile: evviva la parità.

Editoriale, da tuttoBICI di agosto

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COMMENTI
Vero
23 agosto 2018 14:29 bove
Vero. Il ciclismo non è più quello di una volta. Il ciclismo come tutti i grandi sport globali vuole essere prima di tutto spettacolo. Condivido quello che ha scritto, il tour è diventato il campionato del mondo dello sbadiglio, e quindi il paradosso. La spettacolarizzazione del tour ha portato ad avere gare meno spettacolari. A mio avviso non si tornerà mai indietro, ma se il ciclismo vuole essere spettacolo, allora la soluzione può essere una sola. Molte meno gare. Calendario dei big ridotto ad una decina di classiche, 3 giri e 4/5 gare di una settimana. Calendario esclusivo ed obbligato per i team WT. Quindi se vuoi correre corri quelle gare. Il resto del calendario attuale deve essere dedicato alle attuali squadre professional, che grazie ad una graduatoria, possono ambire ad entrare nel circuito WT. Non vedo altre soluzioni.

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