Quando si guarda un Campionato del Mondo, per molti di noi è normale aspettarsi anche una organizzazione di livello mondiale. Un po’ come tanti “scolaretti” pronti a cogliere ogni più utile soluzione o innovazione, che possa essere d’insegnamento anche per la generalità delle corse o comunque fonte di ispirazione per fare sempre meglio. Oppure, anche senza questo, quantomeno una esemplare messa in opera delle norme UCI in fatto di costruzione, organizzazione e gestione della gara.
Ma così non si è visto ai recenti campionati di Zurigo, con diversi segni di delusione, fino all’amarezza più profonda per la morte della diciottenne Muriel Furrer.
Molti sanno quanto oggi sia difficile trovare strade con pochi ostacoli, specie se si ha l’esigenza di lambire o attraversare quei centri abitati che aiutano alla valorizzazione sia dell’evento che del territorio che lo ospita. Così come quanto sia oneroso mettere in sicurezza percorsi su strade ordinarie che sempre meno si adattano al ciclismo. I contrattempi e gli imprevisti vanno messi in conto anche nell’ambito delle migliori “famiglie”, ma se si chiede di organizzare un mondiale, occorre sentirti all’altezza di poterlo fare, punto e a capo! E l’UCI, che ci mette la faccia, deve pretendere che tutto venga svolto senza il rischio che la faccia risulti scalfita.
Il tracciato della cronometro prevedeva una discesa ad imbuto molto criticata alla vigilia perché ritenuta troppo rischiosa. Per alcuni preoccupazioni eccessive, ma poi il giorno della gara si assiste ad un fatto del tutto inedito: quel tratto di discesa viene accuratamente escluso dalle immagini della diretta televisiva che la regia “salta” ogni qualvolta l’atleta si accinge ad imboccarla. L’australiano Jay Vine cade proprio in quella discesa: un corridore pronosticato per il podio, un osservato speciale al pari di Evenepoel e pochi altri, eppure di lui, giunto quinto col volto sanguinante, nessuna immagine che spieghi il condizionamento della sua prestazione. Non si hanno notizie certe di altri atleti caduti e lo stesso Vine, su Instagram, si prende la colpa di essere entrato in curva troppo velocemente, ma il comportamento di chi ha diretto le riprese tv, lo si voglia o no, resta una smaccata ammissione di azzardo per quel tratto di percorso. Conosciuto e approvato da tempo.
Percorso complicato e ancora di più per le gare in linea. Dove mettere o non mettere le protezioni passive a fronte dei tanti ostacoli disseminati sull’asfalto, è certamente cosa ormai proibitiva. Logico si faccia del proprio meglio assecondando (si spera) quanto meno l’indispensabile, ma ciò nonostante, difficile non osservare che ben altro doveva essere fatto per queste protezione sia per quantità che per posizionamento, alcune delle quali fuori dalle traiettorie delle dinamiche di gara.
In alternativa, gli organizzatori in molti punti hanno preferito l’ausilio di segnalazioni mobili ad opera di personale appiedato, che al posto della convenzionale bandierina triangolare gialla, faceva esclusivo uso delle braccia e delle mani (addirittura con guanti bianchi) inscenando il più improvvisato e discutibile show della “sicurezza” in spregio alle modalità prescritte dall’UCI, che tanto vengono insegnate ad ogni piè sospinto. La Svizzera è paese neutrale, forse che questo l’esentasse dal fare testo?
Ma il dramma più assurdo e amaro sta nella morte della Juniores Muriel Furrer. Non solo perché sia uscita di strada in un tratto quasi rettilineo, impensabile per un sbandata in solitaria, quanto perché nessuno se ne sia accorto, sfuggendo all’osservazione di chiunque in quel frangente stava scortando, dirigendo o comunque prestando servizio al seguito dei corridori.
Non è cosa assurda che nel cadere l’atleta finisca oltre i cavalloni di erbacce a bordo strada, sfuggendo insieme alla sua bici allo sguardo dei più, specie quando il soggetto resta inanimato. È successo già. Ma che nessuno si accorga né dell’accaduto né di aver perso un corridore, questo è davvero troppo. Questo vuol dire che chi gestiva la corsa, in tutte le sue componenti, compresa la predisposizione del personale a terra, aveva tratti del percorso che sfuggivano al suo controllo visivo o informativo.
Se non si può prevenire il fatto, cosa possibile, la corsa va comunque organizzata e gestita in modo tale da garantire se non altro la più rapida e adeguata assistenza sanitaria, e non esserci riusciti, non essere stati attrezzati per farlo, questo lascia esterrefatti.
Pensare che mentre si continuava a transitare in quel punto con la corsa, lì a fianco, oltre gli arbusti, c’era una ragazza agonizzante che lentamente si spegneva perché per oltre un’ora (così dicono i giornali, così hanno confermato gli inquirenti elvetici) nessuno le ha prestato assistenza, questo è troppo per poterlo digerire.
E se proprio vogliamo accettare che nessuno possa a priori stabilire quale potrebbe essere il più incredibile degli imprevisti e delle circostanze sfortunate, beh, lasciatemelo dire, buon senso avrebbe preteso, dall’UCI e dagli organizzatori, almeno le scuse alla famiglia della povera Muriel ed al mondo del ciclismo, che in tale evento riponeva le attese e ai suoi valori migliori.
P.S. A 12 km dall’arrivo della gara maschile, a Pogacar, con un vantaggio di 42" sugli inseguitori, la giuria toglie l’assistenza sia della propria ammiraglia che dell’auto cambio-ruote, privandolo della possibilità di cambiare bici nel caso di incidente meccanico, lasciandogli alle spalle la moto assistenza con le sole ruote, del tutto insufficiente anche per rimanere nel gruppo degli inseguitori una volta raggiunto. Quando invece sostituire la bici fa perdere mediamente 25", non sufficienti a compromettere l’intero vantaggio acquisito. L’attento Magrini, durante la cronaca su Eurosport, alla vista della manovra non ha resistito dal dire: «ma no! troppo presto per togliere l’assistenza dell’ammiraglia…».
Sotto al minuto di vantaggio le auto al seguito si tolgono per non procurare un indebito vantaggio a chi insegue, ma ancor prima di farlo, occorre valutare che questo non produca un ben più significativo danno a chi sta in fuga, privandolo della difesa sportiva della prestazione fin lì condotta. Per fortuna tutto è filato liscio e Pogacar ha vinto il suo stratosferico Mondiale, altrimenti, si provi ad immaginare che cosa avrebbe comportato questa gaffe tecnica della giuria, certamente anch’essa di livello mondiale.
Dopo aver visto l’operatività e il posizionamento della moto-lavagna, è possibile che l’UCI riscriva le sue linee guida per la gestione dei veicoli al seguito. Non sapevamo infatti che questa moto, quando non operativa, potesse stazionare come primo veicolo davanti ai corridori.