C'è soddisfazione, nelle parole degli inseguitori azzurri nel bellissimo pomeriggio di Saint Quentin, anche se nessuno nasconde che l'ambizione era quella di salire su un gradino del podio più alto rispetto al terzo.
In ordine di partenza, tocca a Francesco Lamon: «Ieri era prevalsa l’amarezza per aver mancato la finale per l’oro, ma oggi abbiamo trovato la grinta necessaria per riprenderci quel podio, sarebbe stato da immaturi non farlo. C’è gente che lavora una vita intera anche per una sola medaglia di bronzo, quindi dobbiamo essere soddisfatti e orgogliosi di quello che siamo riusciti a fare. I danesi ci odieranno? La ruota gira, loro ci hanno battuto ai mondiali. Li abbiamo battuti tre volte, sapevamo di poterlo fare anche oggi e questo ci ha dato una spinta ulteriore. Sapevamo che sarebbero partiti forte, noi ci siamo gestiti alla perfezione anche se in scontri come questi c’è poca tattica. Avevamo familiari e amici a supportarci oggi, il fatto di essere in Europa ha spinto molti a prendere un volo e venire qui».
Parola quindi a Simone Consonni, che parla dopo aver fatto il suo in bocca al lupo alla sorella Chiara, impegnata con il quartetto femminile: «È stata una finale allo sfinimento e i danesi forse erano più stanchi di noi. Ma una finale del resto è sempre così. Oggi i miei compagni sono andati a tutta, io sono stato praticamente sempre a ruota ma non è facile restare nella scia di uno dei cronomen più forti del mondo e di un velocista che è tra i migliori. E poi c'è questo ragazzino che è Lamon che è poco considerato ma svolge un lavoro prezioso. E comunque sottolineo anch'io che riconfermarsi sul podio olimpico non è facile».
Il terzo azzurro è Jonathan Milan, il nostro uomo più competitivo in questi giorni: «I meriti vanno divisi in 4. Abbiamo trovato avversari fortissimi, chapeau a loro. Oggi siamo stati più regolari e credo che sia stata la chiave per questa bella soddisfazione. Non so cosa ci riserverà il futuro, arriveranno dei giovani ai quali bisogna dare tempo e fiducia e cercheremo di essere competitivi in più discipline possibili. Los Angeles 2028? Mi immagino ancora lì, anche se è da vedere come gestire il doppio impegno con la strada. Ora mi attende il Giro di Germania, il Renewi Tour, la Classica di Amburgo e gli Europei, dove spero di farmi trovare pronto».
Infine Filippo Ganna, alla seconda medaglia di questa sua Olimpiade, non d'oro come quelle che sognava ma comunque preziose: «Questo è il podio più bello dei miei 28 anni. Difficile dire se questo quartetto sarà ancora insieme a Los Angeles nel 2028, ma ciò non toglie che il cammino che abbiamo fatto è stato straordinario. È partito tutto da Rio 2016, ma forse direi addirittura da Londra 2012, siamo cresciuti anno dopo anno, togliendoci prima piccole soddisfazioni fino ad arrivare al trionfo di Tokyo. A Parigi partivamo da favoriti ma non si può fare copia-incolla, volevamo arrivare in finale ma non ce l’abbiamo fatta, complimenti all’Australia, squadra che non conoscevamo, e alla Gran Bretagna. Abbiamo dato tutto sia ieri che oggi, a Tokyo ero io a dare una spinta in più, qui c’è stato San Jonny Milan, che oggi è stato decisivo. Ora ho tutti i colori delle medaglie olimpiche, qualcuno potrebbe dirmi che se mi fossi concentrato solo su una disciplina magari ora avrei un oro in più… Le critiche le apprezzo, ma posso anche non ascoltarle, visto che in bici ci sono io. Riserva nella Madison? Spero che Viviani e Consonni non abbiano problemi… Questa medaglia la dedico a chi non è mai sceso dal carro».