Vi proponiamo di seguito lo sfogo-racconto social pubblicato stamattina da Alessandro De Marchi:
25 Agosto, ore 10 e qualcosa, località Farla, all’uscita di Maiano in direzione Fagagna.
Solita strada, una strada che percorro ogni santo giorno praticamente.
Sono quasi in prossimità del restringimento dato dal ponte sopra un canale, roba da due macchine e basta, niente di più. In direzione opposta scorgo un altro ciclista.
Manca poco al ponte e sento arrivare da dietro un mezzo pesante. Lo so che su questo tratto ce ne sono parecchi.
Faccio in tempo a girarmi che lo vedo arrivare, sembra ad una buona distanza ma sicuramente più veloce, inizia a passare e io inizio a rallentare e spostarmi, siamo praticamente sul ponte, la strada si stringe, il camion deve fare lo stesso. Ora è vicino potrei allungare la mano e toccarlo facilmente. Passa e io sono sul filo dell’erba. Dall’altra parte nello stesso momento passa l’altro ciclista, immagino non molto lontano pure lui dal muso del camion.
Il camion passa e non posso fare a meno di inveirgli contro, lo mando a quel paese e gli grido dietro. Niente dito medio o robe strane solo urla e un vaffanculo. E’ l’ennesima scossa di adrenalina.
Il camion però tentenna invece di continuare, frena ripetutamente fino a fermarsi. Tentenna perché si è accorto dei miei gesti, segno che guardava negli specchi, forse incerto su quello che aveva appena fatto? Chissà.
Ora è fermo in mezzo alla strada, lo raggiungo.
Quello che segue è più o meno il dialogo, edulcorato per ovvi motivi, che abbiamo avuto.
Io: “Ma non ti rendi conto che è pericoloso? è pericoloso è pericoloso … ma perché così vicino ma se mi prendi … e sul ponte poi ma perché ??’
Lui: “Ma mi hai anche visto arrivare? ti sei accorto e ti sei girato no??“
Replico immediatamente
“Certo ti ho visto, ti ho visto quando ormai mi eri vicino, quando mi stavi superando in pratica … ma è comunque pericoloso, è stretto mi arrivi vicino io che ne posso sapere di come arrivi, quanto lungo sei, quanto veloce … ma non ti rendi conto!!!!!”
Lui: “Allora cosa devo fare, mi dici tu cosa devo fare se così non va bene???”
Urlo “Dovresti rallentare e aspettare, devi solo aspettare”
Risponde “ Eh fermarmi, aspettare… allora me ne sto a casa direttamente”
A questo punto ho perso il controllo, ero sceso giù dalla bici e di fronte a questa risposta, sbattendo la bici sull’asfalto, urlo con tutta la voce che ho qualcosa del genere:
“Ma ohhh… mi uccidi lo capisci? perderesti 30 fottuti secondi e non rischieresti di uccidermi, trenta secondi perdi e io non ci rimango, perché è questo che succede, ci uccidete ci uccidete !!!!”
Lui spaventato dalla mia reazione inizia a dirmi di stare calmo, non lo ascolto e continuo a sfogarmi, poi mi sposto e lo lascio ripartire ancora mandandomi a quel paese davanti agli occhi di almeno altri dieci automobilisti.
Posso immaginare quanto sia di intralcio rallentare, fermarsi quasi, per un camionista, lo comprendo. Accetto di stare letteralmente sulle palle a chi è sulla strada con altre esigenze.
Ma secondo voi posso accettare che non ci si metta nei panni del più debole? Posso accettare che la gente decida di barattare la vita di un’altra persona perché non può impiegare 30” in più per arrivare in un posto?
NO.
Mettiamoci nei panni dell’altro, immaginiamo il problema, il rischio o addirittura il dolore dell'altro su noi stessi.
Come ci sentiremmo?
Se non faremo questo fra qualche decennio sarà solo legge del taglione, non solo sulla strada.