Il 2 agosto 2023 Angelo Morlin, personaggio “antipersonaggio” per eccellenza che dal 1979 è un prezioso, unico, autentico riferimento del “tuttofare” nell’ambito delle corse rosa di RCS Sport (e non solo), specialmente al quartiertappa e all’arrivo, è stato celebrato, quasi in modo plebiscitario, “bulgaro” come si suole dire, dagli auguri ricevuti per le sue 76 primavere, ben portate del resto. Il numero e il tono dei messaggi sono stati da “star” sulla cresta dell’onda con mittenti da ogni parte d’Italia e pure dall’estero firmati anche da nomi importanti di vari ambiti del ciclismo.
Il giorno del compleanno di Angelo Morlin, trevigiano nativo di Vedelago, località che frequenta sovente e dove risiedono altri componenti la sua famiglia d’origine, è stata l’occasione per ripercorrere, in breve gli anni della sua giovinezza dove, allo studio, privilegiava il lavoro manuale e ricorda che, poco più che decenne, il papà di Ivano Gemin, meccanico di biciclette dapprima alla Cicli Battaglin e quindi attuale, apprezzato meccanico della Zalf-Euromobil- Fior, sia in ammiraglia e pure giù, apprezzato da generazioni di corridori. Papà Gemin gli consentiva di guidare trattori e altre macchine del movimento terra, ovviamente in spazi chiusi e delimitati, con lui al fianco e mettere le mani nei meccanismi e così acquisisce nozioni meccaniche proprio sul campo. Angelo trascura forse un po’ i libri di testo ma in compenso s’applica con passione e determinazione alla conoscenza pratica della meccanica, dell’elettricità e del “bricolage” in genere.
Il servizio militare lo vede indossare, con orgoglio, la divisa di carabiniere per una ferma lunga tre anni, dove presta servizio in giro per l’Italia (quando si dice il destino…) e, smessa la divisa, affronta un concorso alle Ferrovie dello Stato quale elettricista agli impianti fissi nella zona est di Milano, a Limito, frazione di Pioltello, dove ha sovente l’occasione di incontrare, per lavoro, un altro dipendente FF.SS., il due volte iridato del ciclocross, il pugliese Vito Di Tano. Per completare il quadro “ferrovia” è da riferire che la moglie di Angelo, la signora Milena, è figlia di un capostazione d’origine veneta. E l’appartamento dove i due abitano da sempre è situato lungo la linea Milano-Venezia, proprio nei pressi della stazione di Limito, stabile abitato in prevalenza da ex dipendenti FF.SS. E lo sferragliare dei convogli sulla frequentatissima linea, gli annunci degli altoparlanti della stazione prospiciente, sono costante colonna sonora diurna - e pure un po’ notturna - che i coniugi Morlin non disprezzano assolutamente. E pure Luca, il loro figlio, con moglie e tre figlie, oramai signorine, non abitano lontano dai binari.
È tempo però di parlare di una grande passione di Angelo Morlin: la bicicletta. L’ha sempre praticata, anche gareggiando, sia in Veneto, sia poi in Lombardia, schierandosi con i cicloamatori, “senza eccellere” però, aggiunge con un certo disappunto. Il lavoro in ferrovia, svolto in turni, gli concedeva comunque qualche spazio per allenarsi ma i risultati non arrivavano e, da cicloamatore, si è trasformato in ciclo turista ma, soprattutto, in richiestissimo “risolvi problemi” per la sua competenza in vari settori lavorativi con esperienza acquisita direttamente sul campo e la sua determinazione e positiva “testardaggine” nel venire a capo dei problemi.
Nel 1979, su segnalazione di un collaboratore delle corse di Gaggiano, Angelo Guastoni, autista del parco vetture del comune di Milano, Angelo Morlin sacrifica ferie e riposi in ferrovia, lavorando anche nei turni maggiormente disagiati, per crearsi un “tesoretto” di giorni di ferie che gli consentissero d’essere presente al Giro d’Italia e alle altre corse RCS Sport.
Il debutto è al Giro d’Italia del 1979 con partenza da Piazza Michelangelo a Firenze. Affianca nel lavoro un collaboratore veterano quale Ezio Longoni di Bollate, elettricista di professione alla Standa di Piazza Cairoli a Milano, con lunga esperienza sia al quartiertappa, sia nell’allestimento degli arrivi con esercitato “occhio” al posizionamento strategico della segnaletica, anche pubblicitaria (allora con pesanti cartelloni in masonite). Quanto precede è dopo avere attivato i vari collegamenti elettrici alla sala telefoni della sala stampa e con gli strumenti di duplicazione dei comunicati giornalieri, il duplicatore o ciclostile che dir si voglia e il fotoanalizzatore per matrici, assai delicato. Ezio Longoni era noto anche come il “re del fil di ferro” poiché con il malleabile metallo riusciva a realizzare i diversi “accrocchi” volanti, detto con termine romanesco, per funzionalità provvisorie. E Angelo Morlin, come anche chi scrive, ha imparato molto sul piano pratico, da Ezio Longoni che, anche sulla sessantina, era capace d’arrampicarsi agilmente sui pali dell’illuminazione, pure con lo striscione d’arrivo, per fissare un’estremità dello stesso al palo mentre l’altra era posizionata sulla tribuna metallica dirimpetto. È da rilevare che all’epoca la legge 626 riguardante la sicurezza sul lavoro era ancora perfettamente sconosciuta. È stato anche, per lungo tempo, l’accompagnatore designato del vincitore al podio.
In quegli anni in sala telefoni erano posizionate una quindicina di cupole telefoniche insonorizzate, appoggiate su appositi treppiedi, ogni cupola gialla con interno bianco pesava circa 40 chilogrammi cadauna. La sala telefoni era poi gestita, con il pullman delle telescriventi di Radio Stampa, sempre con cortesia e competenza, dal responsabile al seguito designato dall’Azienda di Stato dei Servizi Telefonici, il parmigiano di Borgotaro dottor Sergio Brugnoli, appassionato di ciclismo e presenza importante anche in altre gare. E quando la sala con le linee attestate non era al piano terra l’operazione di ventava oltremodo faticosa e impegnativa. Le fotocopiatrici e gli strumenti informatici di vario tipo erano ancora aldilà di venire. Bisogna specificare che in quegli anni il numero dei giornalisti al seguito del Giro completo erano ben oltre un centinaio, quotidianamente.
Dopo il primo anno d’apprendistato profittevole, Angelo Morlin entra sempre più nel ruolo di “faso tuto mi” di veneta intonazione, ma con speciale capacità, passione, sempre con l’innata modestia e aperta disponibilità verso tutti, sempre praticate, che lo distinguono come la sua personale camminata, un po’ caracollante, riconoscibile da lontano, e l’abitudine di tenere fra le mani una fascetta di fissaggio o simile, cacciavite e forbice sono in tasca sempre, quando s’aggira per il quartiertappa, pronto ad ogni evenienza per interventi immediati.
E, a cavallo fra gli anni 1980 e 1990, tanto per sgranchirsi le gambe in bici, al Giro carica su quello che è un suo bazar ambulante, fra ciabatte, cavi elettrici vari e tanto altro ancora dove solo lui sa mettere mano, la sua bicicletta da corsa personale (marca Brazzo) e, nell’intervallo del mezzogiorno, quando il traguardo è posto in cima o nei pressi di una salita, non un’ascesa qualsiasi ma i più noti passi ciclistici, alpini o appenninici, scende e poi risale in bicicletta la strada prima percorsa in discesa, magari con qualche “aggiunta” estemporanea, secondo come sentiva la gamba.
Un’esperienza, quella rappresentata sopra, durata poco più di una decina d’anni interrotta a seguito dei crescenti carichi di lavoro specifici fra quartier tappa e arrivo dove, di prassi, era impegnato dalle otto del mattino alle dieci di sera quando partiva, con il suo assistente, fra i quali quello storico, Carlo Albini, soprannominato da tutti “ingegnere …” per raggiungere la tappa dell’indomani per essere presente, fra le 8 e le 9 del mattino, al quartiertappa.
È sempre stato molto legato a Cesare Sangalli e famiglia, lo storico cartografo, con pennino e inchiostro di china, preziosa risorsa nel ruolo, ma non solo quello, per più di mezzo secolo, scomparso nel 2020 all’età di 97 anni.
E, a proposito di soggetti pedalanti nella rosa di RCS Sport Ciclismo, posti recentemente in evidenza dall’impresa con la scalata da Bormio del Passo dello Stelvio, compiuta da Alessia Andretto in tandem con suo papà Fausto, pensiamo valga la pena ricordare quelle di Angelo Morlin di qualche decennio fa.
Ora, da vario tempo, Angelo evita di pedalare su strade particolarmente trafficate nella sua zona dove – ammette - di provare un senso di paura. Si limita a qualche passeggiata su percorsi protetti ma il tempo, a motivo delle sue multiformi attività, fra le quali quella, impegnativa, di gestore del magazzino materiali corse di RCS Sport, è assai limitato. Ricorda però volentieri le sue “imprese” sulle strade verticali di molteplici Giri d’Italia con traffico chiuso e vari spettatori in attesa della corsa che lo incitavano variamente.
Un ricordo che lo rende moderatamente orgoglioso, come è appunto il suo essere, sempre improntato al basso profilo personale per puntare costantemente ad una generosa, impegnata, collaborazione di concretezza con la sua competenza realizzativa, manualità tecnica, caparbietà (meglio testardaggine) posta con determinazione, in vari settori, per identificare e quindi risolvere il problema.