E' come se stessimo tutti quanti chiusi in una sala d'attesa, quella del dentista o quelle di una volta alla sede Inps, il tempo che non passa mai e mai che arrivi la chiamata.
Al Giro 2023, uguale. Siamo sempre lì, annoiati e imbambolati, sperando che prima o poi qualcuno si faccia vivo. Ma il tempo passa e al di là della porta non si danno una mossa. All'inizio sembra normale, ci diciamo che bisogna pazientare, poi però l'attesa si fa lunga e insopportabile, e allora la gente sclera.
A quanto pare, però, le scuse sono esaurite. Dal Bondone in poi, i nostri sedicenti big non potranno più dire di aspettare la terza settimana, il terreno giusto, l'occasione giusta. Per la miseria, adesso aprite quella porta e cominciate le chiamate. Siamo esauriti, siamo esasperati, non vediamo l'ora.
Ho letto che Bettini spera nell'attacco di Roglic. Sono del parere opposto: Roglic ha lasciato un Tour nell'ultima cronometro, stavolta non gli andrà di fare il merlo e ribalterà lo schema, anziché perderlo cercherà di vincerlo, il grande giro, nell'ultima crono.
Dunque, mi aspetto molto di più dagli altri, sostanzialmente da Thomas e da Almeida, che verosimilmente non sono favoritissimi sul Monte Lussari. Ci possiamo contare? Vai a saperlo. Viviamo da due settimane immersi nei calcoli e nei tatticismi, la programmazione ha spazzato via l'invenzione e l'improvvisazione, provi qualcuno a scommettere sullo spettacolo che andiamo a goderci.
Almeno una cosa, almeno una, devono risparmiarci: cominciare con la litania della stanchezza. Stanchi e maciullati sono i gregari, caso mai, che li hanno portati a spasso in lungo e in largo, i signori capitani. Stanchi e sfiniti sono i cacciatori di tappe, che ogni giorno (record di fughe) si sono presi la briga di andare là davanti a tenere in piedi un minimo di show. Ma loro no, i capoccia, proprio non possono dire d'essere arrivati sulle Alpi stremati. Ci arrivano nelle condizioni ideali, freschi come rose, senza aver buttato via neanche una caloria in più. Perciò, passi lunghi e ben distesi.
Piuttosto, c'è un risvolto di questo Giro strampalato che abbiamo poco evidenziato: nell'epoca del ciclismo bambino, dove non sei nessuno se non hai vinto almeno un Tour de France a 23 anni (copyright Paolo Bettini), ci ritroviamo in pieno Giro Babbione. Fino a due settimane fa ci siamo riempiti gli occhi e la bocca con lo spettacolo fantastico dei ragazzini al potere, con la loro incoscienza e il loro entusiasmo, ogni gara una gran caciara, attacchi e contrattacchi, improvvisamente ci ritroviamo sulla macchina del tempo con la leva tutta all'indietro: Thomas 37 anni (giovedì), Roglic (34 a ottobre), il grande duello appare di un altro mondo e di un altro tempo. Certo c'è di mezzo anche Almeida (25 ad agosto), ma quasi a compensazione resta in gioco pure Caruso (36 a ottobre).
Oltre che un Giro fiacco, pigro, cinico, è anche un Giro vecchio, in netta controtendenza rispetto alla rivoluzione giovane degli ultimi tempi (purtroppo, Evenepoel, uno dei leader della rivolta sbarbina, ha tagliato la corda). Da un certo punto di vista, può anche essere consolante: restituisce dignità e speranza alla terza età delle carriere, a dimostrazione che non necessariamente sopra i 30 anni vanno rottamati. Però.
Però è ora che ce lo dimostrino anche nei fatti. Finora si sono dimostrati più pronti per la minestrina e per la briscola chiamata, che per le grandi imprese del Giro. Ci facciano ricredere, ci ricaccino in gola tutto questo amaro. Pronti a rendere atto. E amici come prima.