Vi proponiamo, in via del tutto eccezionale data l'estrema attualità dell'intervento, l'articolo apparso nello spazio "ADISPRO News" su tuttoBICI di Novembre, con l'intervista al presidente Davide Goetz.
«Senza offendere nessuno e davvero con simpatia, ti dico subito che se i problemi del nostro movimento pensiamo di risolverli pesando allo stesso modo la medaglia in ciclopalla e quella in un mondiale su strada, siamo alla frutta».
Parte in quarta l’avvocato Davide Goetz, storico presidente ADISPRO, quando gli chiediamo un’intervista per commentare la sentenza, non definitiva, che annulla le elezioni di Lega Professionisti. Scusa, ciclopalla?
«Come forse sarà a tutti noto, il ciclopalla è una specie di calcetto giocato in bicicletta, immagino che per la Federazione anche questa possa essere tra le priorità per poi poter dire di aver vinto più di cento medaglie, peccato che nel frattempo ci stiamo dimenticando di che colore sia la maglia rosa… E’ un paradosso, ma corrisponde purtroppo alla situazione reale: è stato completamente perso di vista il focus, che è quello del ciclismo agonistico su strada, con tutto il rispetto, lo ripeto, per le discipline cosiddette minori. Il ciclismo su strada è praticato da centinaia di migliaia di persone, questo è uno sport che può definirsi movimento, ma in Italia la dimensione agonistica di questa pratica sportiva è stata dimenticata, dalla nostra cara Federazione. Per i giovani è ormai troppo difficile correre in bici e sono stati dispersi del tutto i modelli di riferimento del nostro professionismo nazionale».
Si può parlare di declino del nostro ciclismo?
«Se parliamo di ciclismo agonistico su strada, direi che declino è un eufemismo, non è ormai esagerato parlare di fallimento, se pensiamo alla nostra storia e a cosa eravamo sino a pochi anni fa. Ma ci rendiamo conto che ormai ci è rimasta una sola squadra, la Bardiani della famiglia Reverberi, tra l’altro nella categoria Professional, e quindi senza nessuna garanzia di partecipazione alle gare che contano? Ma la cosa veramente assurda è che quando persone di valore provano a fare qualcosa di buono per noi – penso a Ivan Basso che prova a tenere la squadra da noi, o a Davide Cassani che cerca nuovi progetti dopo aver già fatto tantissimo anche per i giovani – anziché essere ringraziato, viene osteggiato, perché qualsiasi forma di visibilità dà fastidio, è incredibile. Ci salvano le donne, va detto».
Cosa pensa quindi dell’attuale amministrazione di FCI?
«Male. Ne penso male. Lo dico senza mezzi termini perché il mio ruolo me lo impone, rappresento una categoria, quella dei direttori sportivi professionisti, sempre più in difficoltà e provo rabbia nel constatare come parlare di crisi generale sarebbe solo un facile alibi, vedendo realtà concorrenti che invece stanno crescendo, come il Belgio e la Francia. E la differenza tra loro e noi è una sola: una politica sportiva sul ciclismo professionistico e giovanile attiva e credibile, che da noi non esiste più. L’Italia a livello di ciclismo internazionale non conta più niente, è questa la verità, mentre avremmo assoluto e urgente bisogno di dirigenti competenti e riconoscibili che abbiano chiaro in mente obbiettivi e cose da dire».
Gli appassionati sono confusi, quali sono le divergenze tra FCI e Lega che hanno portato a questa rottura e a polemiche di cui sono tutti stufi. Quale sarebbe quindi il progetto di FCI sul professionismo?
«Nessuno. Nessuna divergenza perché, molto semplicemente, non esiste nessuna idea di FCI sul professionismo. Non è una provocazione, sono dati. Anzitutto, ci sono tutti i verbali e le registrazioni dei consigli di Lega che attestano come il vicepresidente Ruggero Cazzaniga abbia sempre partecipato su mandato di FCI non per indicare l’indirizzo politico federale e collaborare, ma fin dall’inizio e prima ancora di aver cominciato a lavorare sulle cose concrete, avendo già l’idea che la Lega andasse chiusa essendo contrario ad una Lega come concetto in sé. Dopodiché, se andate a cercare, non troverete da nessuna parte una sola proposta federale, dopo quasi due anni di mandato, eccetto quella di sostituire o spostare quasi tutte le persone nei vari settori tecnici, anche se meritevoli, tipo Edoardo Salvoldi per dirne uno. Chi è arrivato è di pari valore, ci tengo a precisarlo, ma la logica alla base delle sostituzioni non è sembrata trasparente. Anziché creare ambiente e favorire un diffuso senso di amicizia e collaborazione, come dovrebbe essere scontato o normale in ambito associativo e sportivo basato essenzialmente sul volontariato, si è proceduto creando una contrapposizione senza senso tra coloro che appartenevano ad un certo cerchio magico e tutti gli altri fuori, ma nessuno capisce il perché di tutto ciò, mentre tutti vedono gli effetti. Noi una proposta, un progetto scritto lo abbiamo mandato, non abbiamo neanche ricevuto risposta».
A proposito di trasparenza, la Lega ha però assunto la responsabilità di depositare un esposto, un atto molto forte che probabilmente ha contribuito a incrinare i rapporti.
«Non può essere così, la cronologia è chiara e le responsabilità di questa crisi sono inequivocabili, gli esposti in realtà sono due, uno alla Procura e uno al Coni, e sono del mese scorso, mentre le anomalie a cui ho fatto cenno si erano già manifestate pubblicamente ben prima. Il governo del ciclismo professionistico che compete alla Lega, in collaborazione con FCI, è paralizzato da due anni, perché se è vero che la Lega ha un’autonomia, è parimenti vero che senza il sostegno di FCI nel rispetto di questa autonomia, la Lega si trova nell’impossibilità di fatto di operare, in danno di tutti gli associati che rimangono senza punti di riferimento, organizzatori, squadre, corridori e direttori sportivi. Se queste funzioni venissero di nuovo assunte dalla Federazione, succederà semplicemente che tutto verrà gestito da un ufficio interno senza alcuna autonomia rispetto all’avvicendarsi di questa dirigenza, sono sicuro che sarà un ulteriore passo indietro e non credo che gli organizzatori lo abbiano capito».
Ma dovevate proprio depositare un esposto?
«Come ripeto, pende un procedimento innanzi alla Procura di Milano e un esposto tuttora senza risposta al CONI. Abbiamo ritenuto all’unanimità che andasse sostenuta la coraggiosa denuncia di Norma Gimondi, che ne ha pagato personalmente le conseguenze, vedremo quali saranno gli esiti delle indagini e, quanto al CONI, confidiamo in un esame serio della vicenda e che la questione non possa essere accantonata con superficialità, come una dichiarazione di Malagò fa temere, perché tanto “i bilanci sono virtuosi”. Si tratta di denaro pubblico e stiamo parlando di una questione di trasparenza non di secondo piano, visto il consistente importo di cui si parlava 106.000 euro. Se la questione verrà liquidata come un semplice errore, ci saremo dimenticati che quel verbale, quello che adesso vorrebbero derubricare come semplice svista, Cordiano Dagnoni lo aveva difeso pubblicamente, con dichiarazioni virgolettate alla stampa, come perfettamente corretto e voluto, una contraddizione evidente e inaccettabile, mi sembra. I denari non erano ancora usciti, è ben chiaro a tutti, ma non è questo il punto, il punto è che in un paese normale a fronte di un incidente del genere le dimissioni sarebbero un atto dovuto. Per questo abbiamo chiesto il commissariamento di FCI, come atto di responsabilità».
Ma la vostra elezione come consiglieri di Lega è stata annullata, cosa succede adesso?
«Ci sarà il terzo grado innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport del CONI e poi, eventualmente, valuteremo iniziative ulteriori anche innanzi alla giustizia ordinaria, alla luce di irregolarità nel procedimento che già ne minano la validità. Il nostro legale ha riscontrato una compromissione oggettiva del nostro diritto di difesa, di fronte ad un giudice, è il caso farlo notare, eletto dalla stessa assemblea di FCI che è nostra controparte, un’anomalia che direi si commenta da sola. Lo statuto prevederebbe, a garanzia della nostra autonomia, che ci venisse consentita la celebrazione di nuove elezioni e quindi di eleggere un consiglio che consenta ai ricorrenti di essere rappresentati da soggetti pienamente legittimati, anche con un accordo politico serio e preventivo su persone e obbiettivi di lavoro, ma vedrete che non sarà possibile perché anziché discutere di soluzioni condivise, con FCI, ci commissarieranno al volo senza aspettare più nulla, ma non rinunceremo a difendere, con i mezzi della legge, l’esistenza della Lega, e con i mezzi della politica, un’idea di ciclismo che parta da un rilancio del nostro movimento professionistico, anziché dal suo accantonamento».
Intanto di sicuro c’è che sabato 26 novembre a Bergamo si terrà il convegno dell’ADISPRO che dopo gli anni del Covid torna finalmente in presenza.