GIRO D'ITALIA 2022. SI APPRODA IN FRIULI, TAPPA CON MOLTE INSIDIE

GIRO D'ITALIA | 27/05/2022 | 08:06
di tuttobiciweb

Dopo la parentesi in pianura ieri a Treviso, oggi il Giro propone una nuova tappa montagna con insidie, arrivo in salita e sconfinamento in terra slovena. Si parte da Marano Lagunare per risalire tutta la bassa fino alle colline moreniche udinesi tra Fagagna e Majano.


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Attraversata Buja si raggiungono le Prealpi Giulie con le Grotte di Villanova (salita breve e impegnativa) seguite dal Passo di Tanamea. Ingresso in Slovenia dal valico di Uccea che porta direttamente a Kobarid (Caporetto). Inizia lì il Monte Kolovrat, 10 km praticamente al 10% (la pendenza si abbassa per un brevissimo tratto a metà salita). Segue, dopo il cortissimo Passo Solarie, un lungo falsopiano a scendere per il rientro in Italia. Tratto interamente dentro il bosco caratterizzato dal susseguirsi ininterrotto di curve. Da Cividale del Friuli si attacca la salita che porta al Santuario di Castelmonte dove è posto l’arrivo. La salita finale misura circa 7 km con una breve discesa dopo 2.5 km. I due tratti più ripidi (fino al 13%) sono in corrispondenza dell’inizio salita e alla ripresa dopo la discesa interna. Tappa che può diventare esplosiva e che, pur non presentando salite storiche, può riservare sorprese.

ALLA SCOPERTA DEL TERRITORIO

Si parte da Marano Lagunare, antico borgo che fu territorio della Repubblica di Venezia per quasi 400 anni. Secondo gli studiosi la nascita di Marano si ricollega alle origini di Aquileia: le prime notizie storiche documentali risalgono al 590, quando fu scelta dall’allora patriarca di Aquileia come sede di un sinodo.

Il centro storico è costruito in un caratteristico schema a “spina di pesce”, con la via centrale da cui si diramano calli e piazzette. La piazza centrale, detta “Granda”, è intitolata a Vittorio Emanuele II ed è il fulcro del centro storico. Qui troviamo il simbolo di Marano, la Torre detta “Millenaria”, che domina il centro con i suoi 32 metri d’altezza. Attigua è la Loggia, risalente al XV secolo. Dall’altro lato della piazza si innalza il Palazzo dei Provveditori, sede degli antichi governanti.

Attigua al centro storico si trova la Riserva naturale Valle Canal Novo. Visitando l’ambiente lagunare troviamo la Riserva naturale regionale “Foci dello Stella”, dal notevole valore naturalistico, con un’area protetta di 1377 ettari.

Il re indiscusso della cucina tradizionale maranese è il bisato in speo, ovvero l’anguilla cotta a fuoco diretto per ore su uno spiedo di legno e insaporita con foglie di alloro e sale grosso. Un altro piatto della tradizione è il boreto alla maranese, composto da varie specie di pesce che non potevano essere commerciate perché rovinate durante la pesca. Famose sono anche le molecche fritte, che altro non sono che il granchio in muta che si presenta ricoperto da epidermide morbida e vellutata, i crudi di pesce pescato in loco o commercializzato nel locale mercato ittico comunale (il più grande mercato ittico del pesce fresco del Friuli-Venezia Giulia) e diverse tipologie di molluschi bivalvi: i fasolari, le vongole veraci, le peverasse (vongole lupino) e le capesante.

Il territorio maranese è inserito nel panorama della zona DOC “Friuli Annia”, dove la laguna arriva a ridosso delle viti, che affondano le radici nel terreno argilloso a elevata salinità donando alle uve un sapore originale, e dà vita a grandi bianchi come il Chardonnay, la Malvasia Istriana, il Pinot Bianco e Grigio, il Sauvignon e il tipico Friulano (già Tocai), per chiudere con il Traminer aromatico e il Verduzzo Friulano. Anche il panorama dei rossi è di grande importanza e annovera Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon, il Merlot e il Refosco dal peduncolo rosso.

Si prosegue nella bassa pianura friulana, sebbene in leggera salita, passando per Muzzana del Turgnano, che ospita alcuni boschi planiziali, resti di un’antichissima foresta, in un territorio in cui si coltiva una pregiata varietà di tartufo bianco apprezzata dagli chef di tutto il mondo, e poi per Castions di Strada, con la chiesa di San Martino del Duecento, poi ricostruita nel XVI secolo, e la chiesa di Santa Maria delle Grazie, fondata ai tempi del patriarca Paolino di Aquileia e poi distrutta e ricostruita più volte fino a raggiungere la forma attuale nel Cinquecento.

Si attraversano a stretto giro il centro agricolo di Mortegliano, con il campanile più alto d’Italia (113,2 metri di altezza, in calcestruzzo armato a vista, inaugurato nel 1959), Lestizza, il cui centro, a forma di cuore, ospita cortili chiusi da tradizionali archi, e San Marco, frazione di Mereto di Tomba.

Superati i 100 metri di elevazione si giunge a Ciconicco, frazione della successiva Fagagna, comune dominato da un castello già esistente nel X secolo e dove si produce il formaggio di Fagagna PAT (prodotto agroalimentare tipico). A Fagagna venne firmata la dichiarazione di guerra all’Impero austroungarico il 24 maggio del 1915.

ll movimento verso nord inizia a piegarsi a est intorno a Udine passando per Majano; qui, nella frazione di San Tomaso, si trova un luogo ricco di memorie storiche, la romanica chiesetta dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, la cui costruzione pare risalire ai primi anni di vita dell’ospedale (fondato nel 1199) cui era annessa. La salita di Castelmonte, dal versante di San Leonardo, è stata affrontata dal Giro per la prima volta nella 16a tappa del 2020, ed il primo in vetta è stato Giovanni Visconti.

Presso Buja si incontra il primo traguardo volante di tappa. Buja è un’antica località sulle colline friulane che comprende numerose frazioni, tra cui Monte, dove si trova la pieve di San Lorenzo Martire, nel sito di una chiesa del VI secolo. Superata Buja si giunge prima ad Artegna, con il colle di San Martino che comprende la pieve e il castello, la chiesetta di San Martino e la chiesetta di Santo Stefano in Clama che sorge ai piedi del monte Faet, e in seguito a Magnano in Riviera, che deve la definizione “in riviera” alla particolare distribuzione dell’abitato sul pendio di una collina.

Da Tarcento, adagiata sulle pendici dei monti Chiampeon, Stella e Bernadia, cerniera fra l’alta Valle del Torre e la zona pedemontana delle Prealpi Giulie, comincia una più energica salita. A Tarcento, il 5 e 6 gennaio di ogni anno si tiene l’Epifania friulana, che si consuma tra corse con carri infuocati e grandi falò propiziatori, i pignarûi.

Si sale quindi ai 641 metri s.l.m. di Villanova Grotte, GPM di 3a categoria. Villanova delle Grotte è frazione del successivo passaggio Lusevera e nel proprio territorio ospita tre grotte di importante interesse speleologico e turistico, che si sviluppano per più di 7 chilometri. Una di esse, la Grotta Nuova, è la più estesa d’Italia, e tra marzo e novembre si può visitare con escursioni guidate.

Lusevera occupa tutta l’alta valle del fiume Torre; sembra che il nome derivi da una affermazione di Giulio Cesare, che soggiornò in una località del comune (chiamata ancora oggi Cesariis) e che, viste alcune case del villaggio particolarmente illuminate dal sole, le battezzò “Lux vera”. Ciò nonostante, una frazione di Lusevera, Musi, è la località più piovosa d’Italia (con picchi anche superiori ai 3500 millimetri annui di precipitazioni). Si superano poi Vedronza, altra frazione, oltre che sede comunale, di Lusevera, e una galleria, avvicinandosi al confine sloveno.

Secondo GPM di tappa (3a categoria, 870 metri s.l.m.) al Passo di Tanamea, valico delle Prealpi Giulie che fa da spartiacque tra il torrente Mea tributario del Torre e il rio Bianco, che scende verso la valle dell’Isonzo. Si raggiunge poco dopo il confine italo-sloveno, arrivando poi a Žaga, nell’alta valle del fiume Isonzo, frazione del comune di Bovec (Plezzo), e a Trnovo ob Soči (Ternova d’Isonzo), frazione del comune di Kobarid (Caporetto). Kobarid è famosa per essere stata teatro della battaglia di Caporetto nella Prima guerra mondiale (24 ottobre-27 novembre 1917) tra italiani e austriaci. La battaglia si concluse con la sconfitta delle forze italiane, che si ritirarono fino al fiume Piave. Il sacrario di Sant’Antonio ospita le spoglie di oltre 7000 soldati italiani caduti durante la guerra ed è l’unico che non si trova sul suolo italiano (i resti dei soldati italiani caduti in terra slovena furono per la maggior parte traslati agli ossari di Redipuglia e Oslavia).

Da Kobarid si ricomincia a salire per la frazione di Livek (Luico), nei pressi del crinale tra i monti Kolovrat e Matajur. È il turno dei 1145 metri s.l.m. del Kolovrat, GPM di 1a categoria, salita inedita per il Giro d’Italia. Durante la Grande guerra, l’area era di competenza della 2ª Armata dell’esercito italiano, che vi aveva realizzato un articolato sistema difensivo. Nella battaglia di Caporetto la linea di difesa italiana fu rotta da compagnie tedesche guidate dall’allora tenente Erwin Rommel, che sarebbe stato in seguito conosciuto come la “Volpe del Deserto”. In questa zona è possibile visitare il Museo all’aperto del Kolovrat “la terza linea di difesa italiana”.

Dal Kolovrat si prosegue in discesa verso il confine italiano. La frazione di Tribil Superiore precede la successiva Stregna, comune composto da 21 località tra frazioni e borgate in cui è facile riconoscere i tratti architettonici tipici della cultura slava, come le caratteristiche case con ballatoi in legno. A Stregna si trova una chiesa fondata nel XV secolo, la chiesa parrocchiale di San Paolo Apostolo, a Cernetig.

Un breve passaggio per Merso di Sopra, frazione di San Leonardo, e per la frazione Ponte San Quirino porta a Cividale del Friuli, traguardo volante. Cividale del Friuli fu fondata da Giulio Cesare con il nome di Forum Iulii (da cui il toponimo “Friuli”). In seguito, Cividale divenne la capitale del primo ducato longobardo in Italia e poi sede dei patriarchi di Aquileia.

Città d’arte, conserva beni inseriti dall’Unesco nella lista del Patrimonio mondiale dell’umanità con il sito seriale “I longobardi in Italia. I luoghi del potere (568-774 d.C.)”: nel centro storico si può visitare il monastero di Santa Maria in Valle con lo straordinario Tempietto longobardo, il Museo cristiano e Tesoro del Duomo (con l’altare fatto costruire dal duca Ratchis e il battistero del patriarca Callisto) e, infine, il Museo archeologico nazionale. Caratteristico di Cividale è il famoso Ponte del Diavolo, costruito in pietra a partire dal 1442 e ripartito in due arcate di 22,5 metri di altezza.

La tavola cividalese è ricca di prodotti agroalimentari tradizionali (olio dei Colli Orientali, formaggio latteria, grappa) e di ricette tipiche antiche, come quella della famosa gubana, un dolce cotto al forno a base di pasta dolce lievitata con un ripieno di noci, uvetta, pinoli, zucchero, grappa e scorza di limone. Cividale è territorio di vini DOC “Friuli Colli Orientali” e DOCG “Colli Orientali del Friuli Picolit”.

Da Cividale si attraversa la località Carraria per giungere all’arrivo al santuario di Castelmonte, GPM di 2a categoria (612 metri s.l.m.), nel territorio del comune di Prepotto. Il santuario della Beata Vergine di Castelmonte nasce da un castelliere, sorta di villaggio protostorico fortificato. La sua trasformazione a sacello cristiano e poi a chiesa fortificata risale al Duecento. Oggi è luogo di culto frequentatissimo, che richiama fedeli dal Triveneto ma anche da Austria e Slovenia.

Prepotto è un comune in cui l’enoturismo e il turismo slow sono pilastri fondanti dell’economia. La cucina tipica è stata fortemente influenzata dalla storia e dallo scambio con le popolazioni confinanti. Uno dei suoi piatti simbolo è indubbiamente il frico, che si prepara utilizzando i ritagli e i resti di formaggi friulani amalgamandoli con le patate e le cipolle. Molto importante anche la polenta di farina di mais bianca o gialla, che nel toc’ in braide viene affiancata da una crema di formaggi friulani oppure da un ragù di salsiccia.

Tra i vini, lo Schioppettino si impone come il vitigno autoctono a bacca rossa in grado di rivaleggiare con quelli a bacca bianca della regione, soprattutto nel territorio di Prepotto e nella Valle del Judrio, come riconosciuto dalla sottozona “Schioppettino di Prepotto” della DOC “Friuli Colli Orientali”.

Da TvRoadBook

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