E' da un lungo tempo che sentiamo lo stesso disco, tutti quanti a spremersi le meningi per modernizzare il ciclismo, per trovare nuove formule e nuove strade.
Eccola qui la riforma più geniale e più rivoluzionaria, chiamiamola pure Riforma Pogacar. Suona molto d'antico, ma in questo clima e in questo ambiente suona nuovissima, quasi un'eresia assoluta.
Mettiamoci un grandissimo percorso (anche quello al vago aroma d'antico, con tanto di sterrato), uno dei più belli al mondo, un percorso che anche se stiamo qui a raccontarcela con sondaggi e consultazioni se farne il sesto monumento oppure no, resta comunque un favoloso monumento per conto suo, senza bisogno che nessuno lo decida in via burocratica.
E poi mettiamoci subito un purosangue che corra libero e appassionato, libero da schemi rigidi e appassionato come può esserlo soltanto chi si diverte e non sente neppure più la fatica. Mettiamoci dunque un ragazzo di 23 anni che già da un po' ha sepolto i teoremi della crescita graduale, della gestione prudenziale, della maturità sopra i 28 anni, eccetera eccetera, ma assieme anche quelli dello schema via radiolina, della tattica studiata a tavolino centimetro per centimetro e guai a chi deraglia, appunto mettiamoci Pogacar ed ecco subito illustrata la vera riforma del ciclismo. In due parole: il più forte a un certo punto prende e se ne va, proprio quando tutti direbbero che è troppo lontano dal traguardo, che è suicida starsene da solo in mezzo ai sassi, che conviene sfruttare il gruppetto e poi sistemarlo all'ultimo chilometro, proprio in quel preciso momento lui butta al macero tutte le teorie e tira pure lo sciacquone, andando a costruire un'impresa psichedelica, anche questa di stampo antico, ma proprio per questo nel ciclismo ingessato e tecnicizzato così nuova e così rivoluzionaria.
Se poi subito dietro a questo riformatore radicale e massimalista ci mettiamo anche un inseguitore di 42 anni, un Valverde che viene direttamente da un altro secolo, questa Riforma Pogacar diventa la Riforma Perfetta, perchè prevede davvero tutto quello che serve a uno spettacolo sublime e irripetibile. Anzi romantico e commovente.
Non sto qui a ripetermi: io voto per una Riforma così. Così dev'essere il nuovo ciclismo. Se a un simile Pogacar aggiungiamo in altre sedi e su altri terreni i Van Aert, i Van Der Poel, gli Evenepoel, i Colbrelli, non c'è proprio niente da toccare. Nessuno tocchi niente, a toccare qualcosa c'è solo il pericolo di fare danni. E i convegni, gli stati generali, le formule futuriste, le imitazioni del golf e della Formula uno, tutto, lascio tutte le chiacchiere e tutto il ciarpame da agenzie di marketing a chi ci guadagna sopra. Il ciclismo che sarà, almeno per dieci anni, è già qui. Esce con tutta la sua dirompente gioventù dalla polvere antica delle Strade Bianche. Peccato mortale non notare la portata dell'avvenimento.