UN GIRO DA MORDERSI LA LINGUA

TUTTOBICI | 20/02/2022 | 08:10
di Cristiano Gatti

Cavoli, non è proprio per fare il solito disfattismo autolesionista all’italiana, tanto meno per un ingiustificato complesso di inferiorità, non è per nessun motivo sotteso e interessato che ma­nifesto questi pensieri, ma proprio mi è impossibile tacere: la Vuelta ha già presentato ufficialmente la sua grande partenza del 2023. Det­ta­glio secondario: sarà a Barcellona, ma importa meno. Potrebbe essere Granada o San Sebastian, non cambierebbe nulla, perché resta il fatto prioritario e decisamente sorprendente di questo muoversi in anticipo, alla luce del sole, senza nascondere un legittimo orgoglio di testata.


Inutile nasconderci, noi italiani ci ritroviamo senza volerlo al solito incrocio, dove convergono molti dei nostri pensieri di ultimissima generazione, dove i paragoni sono inevitabili: ma non sarà, viene inesorabilmente da ri-chiederci, che davvero la Vuelta sta facendo sempre più ombra al nostro amabilissimo e amatissimo Giro? An­co­ra di più le riflessioni si fanno acute e pungenti ricordando la recentissima presentazione del Giro di quest’anno, avvenuta con ritardo da treno locale e pure a rate, in un cervellotico gioco di attese e di dosaggi da mal di testa, tanto che alla fine le ultime tappe ce le hanno rivelate quando anche lo scemo del villaggio sapeva già tutto e stava già prenotando la pensioncina per andarsele a gustare sul posto.


Naturale, non c’è bisogno che qualche cervellone ce lo spieghi, non può essere cer­to l’annuncio con un anno e tre quarti d’anticipo dell’edizione 2023 a fare della Vuelta un appuntamento più prestigioso e arrapante del Giro. Ma è ugualmente giusto dire che tutto fa brodo. Che ogni singola mossa, ogni singola scelta, ogni singola novità può concorrere a co­struire una reputazione, una qualifica, un titolo. Presentare le novità di un nuovo tracciato, calcare la mano sui propri gioielli di famiglia (da noi, Mortirolo e Zoncolan anziché essere venduti come l’Alpe d’Huez e il Mont Ventoux vengono infilati nella sbobba generale come due Ghisalli quasiasi, quando ce li infilano, secondo la luna del mo­men­to), aggiungerci nomi di campioni al via, alzare i premi, tutto fa brodo e tutto concorre a scalare le classifiche-qualità del palinsesto mondiale. Piaccia o no, così funziona nella forsennata epoca dello show, del business, diciamo pure dell’immagine, se pure questa non fosse già un’espressione effettivamente logora e superata, tanto corre veloce il tempo con i suoi cambiamenti appresso.

Certo non è annunciando do­mani la partenza del Giro 2027 che possiamo tenere ancora dietro la Vuelta. Non è una gara a chi lo fa prima. Per fortuna, è ancora una gara a chi lo fa meglio. Però attenzione: se noi continuiamo a dormire, non possiamo pretendere di restare davanti a chi trotta. L’Ita­lia può ancora vivere con le sue rendite di storia, ma è evidente a tutti che anche queste riserve - ritenute forse immutabili ed eterne - siano in fase di esaurimento. La vena aurea del mito italiano è chiaramente sempre più arida e spilorcia, bisogna farsene una ragione e ricominciare a darci dentro con il lavoro, gli investimenti, la fantasia. Se per noi, al momento, l’unico problemone davvero prioritario, l’unico, è il rinnovo del contratto per i di­ritti televisivi, davvero stiamo gio­cando con il fuoco. Lo sappiamo, i diritti televisivi sono fondamentali, per i soldi che portano e per il prodotto che si può vendere al mon­do intero, ma se ci impicchiamo soltanto a questo contratto rischiamo di perdere tempo e terreno, con la prospettiva per niente fantasiosa che magari un giorno ci ritroveremo con una sontuosa partnership televisiva, ma senza uno show decente da trasmettere. A naso, è questa la piega che stiamo prendendo, per dirla tutta. Se non ci diamo una mos­sa, altro che derby-prestigio con la Vuelta: finiamo davvero dritti a giocare in serie B.

Restando su questa me­ta­fora: è proprio sulla definizione di Giro da serie B che ultimamente si registrano le più accese spaccature. Amico, ormai il Giro è una gara a tappe di serie B, ma per piacere, mai e poi mai dire che il nostro Giro è di serie B. Tra gli ortodossi permalosi che proprio non possono ac­cettare l’epiteto e gli esterofili massimalisti che invece ci mettono un attimo a dare certe pa­tenti, resta l’unica verità incontestabile che da qualche tempo il Giro ri­corda molto il Parma, tanto per fare un nome a caso: anni addietro ai vertici, con tanto di coppe europee e lotta scudetto, oggi ad an­naspare tra Cittadella e Co­senza.

Poi dice che ormai la nostra serie B è piuttosto una A/2, per il livello mol­to alto delle squadre e delle cit­tà in gioco. Certo, va benissimo. Ba­sta capirsi. Può essere divertente, spettacolare, combattuta anche più della serie A. Ma sempre serie B rimane. Proprio come un Giro conteso tra Kelderman e quel che resta di Dumoulin, con i matusalemme Valverde e Nibali ancora tra i più quotati. Ma nessuno si azzardi a chiamarlo Giro di serie B. Lesa maestà. Però dobbiamo morderci la lingua. O essere ipocriti.

da tuttoBICI di Febbraio

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COMMENTI
Rcs
20 febbraio 2022 10:28 giopagar12
Tra i diversi motivi che stanno, anno dopo anno, affossando il Giro, ho molti sospetti che si possa considerare anche la gestione di Rcs. A me paiono più interessati soprattutto a trarre dall'evento il massimo profitto. Poi, sotto gli occhi di tutti è quanto sia trascurato sui loro stessi giornali. Ci vedo poca passione e molto interesse in ogni evento che organizzano, inclusi gli eventi di massa di running. Opinione personale.
PS buona notizia l'estromissione della Rai dalla produzione. Se la sono cercata.

Poca memoria
20 febbraio 2022 16:01 pickett
Il Giro,come prestigio e come starting list,sta infinitamente meglio oggi che nel decennio a cavallo tra il vecchio e il nuovo secolo.In quei 10/12 anni sì che aveva toccato il fondo,e fuori dai nostri confini non interessava + a nessuno.Nel 97 parteciparono 2 sole squadre straniere,Kelme e Festina,che mandarono in Italia le riserve delle riserve.In quegli anni la Vuelta surclassava letteralmente la corsa rosa,mentre oggi,+ o meno,é sullo stesso livello del Giro,o poco sopra.Ma quale sport seguiva Gatti in quegli anni?

RCS e la Gazzetta stanno uccidendo il ciclismo italiano
20 febbraio 2022 18:01 marco1970
Trovare notizie di ciclismo alle radio e nelle televisioni è impresa molto ardua.A questo oscuramento mediatico dello sport della bicicletta concorrono in modo determinante sia la RCS che la Gazzetta dello sport,quotidiano sportivo del gruppo.Da quando si è insediato il nuovo direttore,il ciclismo è sparito dalla prima pagina.All'interno si trova qualche articoletto preconfezionato e poco inerente all'attualità delle corse.C'è un abisso rispetto alla Gazzetta del grandissimo e rimpianto Candido Cannavò.Trattano il ciclismo come fosse la boxe,ovvero non ne parlano,con la differenza che incontri di pugilato non ce ne sono ma di corse ciclistiche si e anche tante.La RCS ha organizzato l'UAE tour ma non è trasmessa dalla Rai in chiaro,si vede su Eurosport a pagamento.Urbano Cairo pretende sempre più soldi dalla Rai mentre la sua LA7 non dà mai alcuna notizia di ciclismo.Per non parlare della miserabile presentazione a rate del Giro d'Italia ,uno stupido karakiri.Per fortuna ci sono i siti specializzati in ciclismo come Tuttobici che ci informano.

Speranza
20 febbraio 2022 19:56 fido113
L'unica speranza è quella che ASO prenda il Giro come ha fatto con la Vuelta e che lo faccia il prima possibile.

pickett
20 febbraio 2022 23:42 fransoli
in qegli anni vincevano gli italiani e pertanto nessuno si lamentava se mancavano i corridori stranieri più forti

Media non pervenuti
21 febbraio 2022 09:29 andy48
D'accordo con @Marco1970. Se un calciatore dell'ultima squadra di serie A prende in raffreddore, giu' articoli e commenti. Quando Bernal si spezza la schiena nessuno se ne occupa. Il nodo e' tutto li', e siccome a me dei raffreddori dei calciatori non me ne importa un fico secco (come del calcio in generale) la Gazzetta non la compro e leggo da anni. Le TV sono ancora peggio: le gare trasmesse dalla RAI sono pochissime, altri canali non esistono. Rimane Eurosport, che in generale fa un buon lavoro. Pero' sabato scorso accendo la TV per guardare l'Andalusia e l'Algarve e trovo... nulla. Percio' anche Eurosport inaffidabile. Naturalmente mi dicono che sui loro canali preferenziali, a pagamento, s'intende, l'hanno mostrate. Magrini su Eursport ne parla spesso di questa indifferenza dei media, ma non cambia nulla, anzi la situazione sta peggiorando.

Vegni e RCS: provincialismo e zero lungimiranza
21 febbraio 2022 20:58 Howling Wolf
Cristiano Gatti è una penna sopraffina. Ha stile, ma soprattutto è onesto, obiettivo e non è uno zerbino, non un venduto, come sono invece non pochi pennivendoli e telecronisti che gravitano attorno al ciclismo. Ciò che scritto qui sopra, avrei potuto scriverlo anch’io. E dieci anni fa, vent’anni fa. Quindi condivido per filo e per segno. Il declino del Giro, intervallato da qualche illusorio ma fuorviante segnale di ripresa, è irreversibile. Almeno sino a quando prevarrà questo provincialismo e questa mancanza di lungimiranza che ammorba i suoi vertici organizzativi. Cristiano Gatti qualche tempo fa aveva cercato di stimolare, di risvegliare le coscienze di Vegni e dei RCS Sport ma invano. Il parallelo Giro-Vuelta che propone all’inizio di questa sua disamina è tanto avvilente quanto reale. Il declino del Giro ha imboccato una discesa ripidissima e sarà difficile trovare qualche freno efficace. Il male del Giro sta soprattutto nel suo endemico provincialismo, campanilismo, spesso autarchia. Un retaggio storico, non dimentichiamoci che – propongo il dato più vergognoso – al Giro d’Italia del 1965 parteciparono 100 corridori di cui 90 italiani e 10 stranieri. E non dimentichiamoci che Vegni e la sua orchestra, ma anche con il sostegno e la complicità della Rai e di altri media, in vista e non, gioiscono quando un team importante come l’Arkea, che allinea Quintana e Barguil, rinuncia al Giro d’Italia, perché così facendo si aprono le porte a qualche squadraccia italiana che sarebbe tagliata fuori anche in qualsiasi competizione Continental o Professional. Sono anni che è così. Il Giro perderà sempre di più prestigio nel mondo per la sua refrattarietà ad assurgere a vera prova di rango internazionale, sottomesso ciecamente alle politiche clientelari mirate solo a favorire Bardiani, Androni, Eolo e compagnia briscola. Qualcuno, qui sopra, ha sollevato anche la questione premi. Giustissimo. Il monte-premi del Giro è ridicolo in confronto a quello del Tour. E il rischio che venga superato a doppia velocità dalla Vuelta per il Giro c’è, è dietro l’angolo. Bravissimo Cristiano Gatti a dare la sveglia a questi incapaci e immobili burocrati che gestiscono la corsa rosa. Go, Cristiano, go; una bacchettata alla settimana non fa male.

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