Soltanto un pervertito può davvero esaltarsi nel vedere le grandi corse decise dalla mattanza delle cadute. Nella società e nell'epoca dello spettacolo, comunque e a tutti i costi, sicuramente ci sarà gente attaccata ai video delle cadute di questa tappa, godendo come arrapati insaziabili.
Io sarò molto tradizionale e scontato, ma continuo a preferire che i ciclisti si battano tra loro in velocità, resistenza, intelligenza. Il bowling umano continua a starmi sull'anima: per il dolore che provoca a questi ragazzi, per il profondo senso di ingiustizia che si tirano dietro le classifiche decise dalle cadute.
Purtroppo, dobbiamo anche dire che questa storia sta diventando sempre più invadente. Avevamo appena chiuso il dibattito sulla tappa di Cattolica al Giro, siamo già qui a ridirci le stesse cose alla terza tappa del Tour. Gli organizzatori sono folli e incoscienti, ma che dici, i corridori sono troppo distratti (prima) e stressati (nel finale), ma che dici, il problema è che in certe strade non si può più passare, troppe rotatorie e troppi spartitraffico. Eccetera, eccetera.
Tendenzialmente, mi sforzo ogni volta di non lasciarmi tramortire dall'emotività e di addentarmi nei singoli casi, come un brigadiere dell'Arma chiamato a stendere il verbale del sinistro.
In questo caso, considerando che tre big – very big – della corsa ci hanno rimesso la zampa, mi viene da dire che Roglic abbia poco da recriminare, che Pogacar possa incavolarsi seriamente (anche se gli va di lusso per non essere caduto in prima persona) perchè quel tratto stretto di discesa in mezzo al bosco a poco dall'arrivo è come minimo un'imboscata carognesca del Tour, infine che Thomas sia a metà strada tra la colpa sua e la colpa degli spartitraffico. Poi c'è Ewan, che a me piace un sacco, ma che stavolta ha rischiato di suo.
Certo ciascuno può aggiungere o togliere un dettaglio. Ogni volta è così. Ma qui mi pare che la sostanza resti sempre la stessa: cosa fare, cosa inventarsi, cosa escogitare per aumentare la sicurezza e tagliare drasticamente il peso specifico delle cadute sulle classifiche, posto ovviamente che comunque la caduta resta parte inevitabile ed essenziale del ciclismo, anche solo per il fatto elementare di andare in equilibrio su due ruote.
Naturalmente, tutti quanti conosciamo i volumi di ideone e di propostone venute avanti in questi anni. Dalle transenne alle borracce, non sto a fare l'elenco. Trovo noioso ripartire ogni volta da capo.
Personalmente, scelgo. Dovendo dire una cosa subito, vado a bomba sulla neutralizzazione: mi sembra evidente, il termine dei 3 chilometri è ormai obsoleto. Superato dai fatti. Non ci stiamo più dentro. Troppa gente che non c'entra con certi finali si vede costretta a stare lì troppo a lungo. Dunque, liberiamola dall'ansia un po' prima. Così si leva dai piedi e si mette tranquilla, senza aumentare vertiginosamente il tasso di pericolo.
Certo bisogna decidere quale debba essere il nuovo limite: ai meno cinque, ai meno dieci, ai meno duecento? Qui mi fermo e mi faccio da parte. A me pare che l'idea corrente dei dieci sia già un ottimo passo avanti, ma non mi voglio impiccare a un numero: decidano gli esperti (quelli veri), consultando, ma soprattutto ascoltando, corridori e direttori sportivi.
Però facciamolo. Presto, subito. Anche prima. Non risolverà radicalmente il problema, gli Ewan continueranno a cadere in volata, ma sicuramente una più coraggiosa neutralizzazione serve tantissimo.
In definitiva, alzando un po' la testa dalla singola questione, si tratta ancora una volta di guardare la nostra stella polare e adeguarci in tutti i modi. Per me, la stella polare resta sempre una corsa leale e vera, con meno sangue possibile. Alla faccia dei pervertiti.