Caro Direttore,
lo dico con amichevole franchezza: i francesi mi stanno proprio sulle balle. È questione personale, di soggettiva mancanza di affinità. Pur fingendo di non apparirlo, riescono comunque ad essere simpatici, almeno al sottoscritto, come può esserlo una secchiata d'acqua nel pieno del sonno. Sul fatto che, poi, siano ritenuti i "cugini d'oltralpe", è una parentela di cui faccio ben volentieri a meno. Questa è la premessa alla mia riflessione, con ulteriore giramento di cabasisi (per dirla alla Camilleri), ai... proclami di Monsieur Bernard Hinault pubblicati - questo è davvero singolare , ed aumenta il suddetto "giramento" - su di una rivista che si occupa di fatti calcistici. Insomma, un mescolarsi di contingenze che, ad essere benevoli, fanno a cazzotti con il mio inguaribile "innamoramento" per il Ciclismo.
Proprio per questo, sgombro il campo da ogni equivoco: Hinault è certamente un grandissimo del pedale, e dice bene chi l'ha autorevolmente e motivatamente definito come "l'ultimo dei Grandi". Parlano inequivocabilmente le sue vittorie, ed il modo in cui ha conquistato successi prestigiosi su di ogni terreno. Contano anche le sue frasi , sempre chiare e dirette ancorchè infarcite di "grandeur", divenute addirittura storia: dire ogni male della Regina delle Classiche, la Parigi-Roubaix, per poi gareggiarvi comunque e vincerla, la dice lunga sulla quantità industriale di pelo che questo corridore aveva sullo stomaco. Mai termine è più calzante per Monsieur Bernard di quello di "fuoriclasse".
Però... c'è un però: lo stimavo come uno che, caratterialmente, si facesse gli affari propri. Tranciante nei suoi giudizi "tecnici" e ciclistici, così come implacabile era in competizione (caro Gibì, ricordi Sallanches?), ma mai irraguardoso degli avversari e colleghi. Leggendo quanto avrebbe ora dichiarato, "dedicandosi" ai nostri Campioni Moser&Saronni, una premiata ditta che ha entusiasmato e diviso gli sportivi del Bel Paese, mi ritrovo invece un soggetto diverso. Ad ennesima conferma di come il tempo, o se si preferisce gli anni che corrono, non abbiano mai per nessuno benefici effetti, e non solo per il fisico, vedo una persona che parla senza prima riflettere, e dice cose senza senso e, quel che per me è peggio, senza oggettivo fondamento. Certo, ci mancherebbe altro, Moser è stato Moser, e Saronni è stato Saronni. Chi abbia un minimo di conoscenza del Ciclismo, sa perfettamente cosa abbiano significato, nelle loro peculiarità, nell'innegabile forza e genio che li ha contraddistinti, nelle stesse loro incompatibilità ed inconciliabilità professionali. Non avrebbereomai potuto, e tanto meno credo lo avrebbero voluto, avere l'uno quel che l'altro aveva. Checco Moser, lo "Sceriffo" per eccellenza, ha vinto sempre “da Moser", e Beppe Saronni ha sempre prevalso come “solo lui" sapeva fare.
Nonostante quello che solo adesso o, come si dice in Toscana "dopo la Misericordia", avrebbe dichiarato dei "nostri" sua Maesta Monsieur Il Tasso (è animale di grandi virtù e determinazione, ma sempre animale resta) , contrappongo due cosucce, o considerazioni. Fate voi se siano banali od insignificanti. Francesco Moser è riuscito a... mantenersi un Campione con i fiocchi e controfiocchi per quasi un ventennio. Forse, e senza forse, qualcosina significherà pure! A "titolare" Giuseppe Saronni le parole di un Uomo saggio, esperto e perbene come Alfredo Martini, pronunciate a corollario del Campionato del Mondo conquistato il 5 Settembre 1982 a Goodwood dal Beppe: " Non avevo ancora mai visto vincere una volata per distacco". Bastano ed avanzano, altrochè le ciance di Monsieur Hinault.
Cordialmente.