Se è parsa strana la Sanremo col solleone, figuriamoci il Lombardia a Ferragosto, senza foglie morte e senza quel sapore di commiato e di bilanci che di solito l’accompagna. Rispetto al solito è rivoluzione vera, non tanto nel percorso, per quanto accorciato di una dozzina di chilometri (231 anzichè i 243 tradizionali): le differenze importanti sono almeno un paio. La prima: stavolta non peseranno le energie residue di una stagione lunga, magari con un paio di grandi giri nelle gambe, perché si correrà con serbatoi pieni e una maggior freschezza mentale. La seconda: col Tour alle porte, la concorrenza è più ristretta, essendo molti specialisti già concentrati sulla Francia. Peccato perché anche l’estate non toglie il fascino a questa classica che si propone con tutti i suoi colli da scalare e con la durezza di un percorso vero come colui che la vincerà. Ecco le dieci facce che hanno le maggiori chance di finire nell’albo d’oro.
Remco Evenepoel. Vince perché è nato fenomeno, perché quest’anno vince ovunque si presenti, perché sulla sua strada troverà meno traffico del solito. Non vince perché è al debutto in una corsa monumento e a vent’anni il noviziato si paga.
Vincenzo Nibali. Vince perché è la corsa che conosce meglio, perché è la classica che ama di più, perché qui la brillantezza che serve alla Sanremo non è necessaria. Non vince perché un diesel come lui avrebbe avuto bisogno di arrivarci con maggior rodaggio.
Bauke Mollema. Vince perché a forza di provarci c’è riuscito un anno fa, perché non avere il pronostico dalla sua lo spinge, perché sta lievitando con l’avvicinarsi del Tour. Non vince perché la presenza di Nibali in squadra gli toglie un po’ di libertà.
Jakob Fuglsang. Vince perché è uomo da corse dure, perché di quelli nati al Nord convive bene anche col caldo, perché ha la distanza giusta per fare la differenza. Non vince perché per esser da classifica al Giro non è al top adesso.
Maximilian Schachmann. Vince perché è di quelli che andava forte prima del lungo stop, perché va forte anche dopo il lungo stop, perché ha le qualità per giocarsela con i più bravi. Non vince perché su percorsi come questo esser in forma aiuta, ma non basta.
Michael Woods. Vince perché è fatto per le classiche più dure, perché sulle strade lombarde è andato sempre in crescendo, perché nelle corse che contano è ormai fisso in prima classe. Non vince perché al momento giusto gli manca sempre qualcosa.
George Bennett. Vince perché è uscito dalla quarantena in salute, perché in questo momento ogni uomo della Jumbo sembra un jet, perché è uno di quelli che ha il coraggio di osare. Non vince perché in carriera ha corso solo questa classica, senza grandi risultati.
Diego Ulissi. Vince perché di questa compagnia ristretta è uno dei più in forma, perché ha esperienza da vendere nelle corse più toste, perché prima o poi un grande colpo deve farlo. Non vince perché alla fine un percorso così si rivela sempre troppo duro per lui.
Ivan Ramiro Sosa. Vince perché è uomo da salite, perché si è ripresentato alle corse già tirato a lucido, perché un anno fa al debutto ha chiuso tra i primi quindici. Non vince perché non ha ancora l’esperienza per le classicone-one-one.
Giulio Ciccone. Vince perché è adatto al tracciato, perché ogni anno ha fatto meglio di quello precedente, perché è ripartito alla grande dopo il lungo stop. Non vince perché la priorità resta aiutare capitani come Nibali e Mollema
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