“Non ho mai visto tanta gente come a Parigi alla partenza del Tour del 1947. Migliaia e migliaia di pesone esaltate, lungo le strade. Il Tour ci aveva fatto dimenticare la guerra».
È questo l’incipit della splendida intervista che Philippe Brunel ha realizzato per L'Équipe con Raphael Geminiani, 94 anni (è nato il 12 giugno 1925), “porteur” della maglia gialla, compagno di squadra di Bobet, di Coppi e uomo che nella sua vita ne ha viste davvero tante. Vi proponiamo i passaggi più significativi del pensiero di questo grande delle due ruote.
SITUAZIONE. «Che periodo, non avrei mai pensato di vivere una situazione come questa. E nemmeno di non potermi gustare il ciclismo alla televisione. Il Giro mi mancherà e ho paura anche per il Tour»
SOPRAVVISSUTO. «Ho fatto i conti, tutti quelli che hanno cosro il Tour del 1947 sono morti e anche quelli del 1948, tutti i i miei compagni di squadra. Sono rimasto l’ultimo...». (In realtà non è così, del Tour 1947 c'è ancora Emile Idée che compirà 100 anni il 19 luglio. E nel ’48 c'era anche il lussemburghese Willy Kemp, che ha 94 anni proprio come Gem, ndr).
GUERRA. «Il presidente Macron dice che siamo in guerra? No, non c’è paragone con la guerra. Non ci sono bombardamenti, oggi. E poi in guerra sai chi è il tuo nemico, oggi invece non sappiamo nulla. Oggi abbiamo paura di tutto, anche della nostra ombra, anche di attraversare la strada. E paradossalmente avevamo più libertà in tempo di guerra. Io per esempio riuscivo ad allenarmi e nel 1943 ho vinto il Premier Pas Dunlop».
TOUR. «Il Tour del ’47, quello della ripresa... Non ho mai visto tanta gene. E alla fine Jean Robic, che lo vinse, ebbe una popolarità straordinaria. Quel Tour ci ha fatto dimenticare la guerra. E sarebbe bello se, ma solo nel caso che la pandemia fosse sconfitta, anche quest’anno il Tour facesse la stessa cosa, ci aiutasse a tornare alla normalità, a rilanciare la vita. Ricordo che in quell’edizione faceva talmente caldo che Fachleitner si è buttato nella Meuse e io ho preso la febbre aftosa placando la sete ad un abbeveratoio, sono arrivato al traguardo praticamente cieco sostenuto da De Gribaldy. Allora l’igiene era quel che era, pensate che l’organizzazione portava tutte le vettovaglie da Parigi, venivano conservate in un frigorifero e poi scaldate in forno. Ho raccontato tutto ad Abel Michea, de l’Humanité e vi assicuro che patron Goddet non fu contento».
ROBIC. «È passato alla storia come un tipo ingegnoso, ma in effetti non ha inventato granché, solo un casco fabbricato con il cartone. E per mostrarcene l’efficacia si diede una martellata in testa... ma dalla sua fronte abbiamo visto scendere un filo di sangue. A fine carriera era diventato detestabile: nel 1952, nella tappa che portava a Namur, mi ha lasciato da solo a tirare per difendree la maglia gialla di Nello Lauredi, che era in difficoltà. Robic diceva di essere in crisi e poi quando Coppi è scattato chi c’era alal sua ruota? Robic! Più tardi, in hotel, l’ho sentito parlare ai giornalisti e dire che “non volevo fare come quel coglione di Gem, perché lavorare per Lauredi non serviva a niente". Era in bagno e gli ho messo tre volte la tesa nella tazza...».
GIRO 1955. „Una vittoria che mi è sfuggita per poco. Nencini, in maglia rosa, era staccato nella tappa di San Pellegrino e il giorno dopo saremmo arrivati a Milano. Era mia la vittoria, quando ho forato sulla ghiaia, a 20 km dal traguardo. Al mattino avevo sentito che si tramava qualcosa, Magni e Coppi avevano montato tubolari a sezione rinforzata, li avevano avvisati. Ci sono state 94 forature in quel tratto... Ma non ho rimpianti, ero già felice per essere passato da Lugo, la città natale di mio padre, emigrato a Clermont Ferrand per sfuggire ai fascisti».
COPPI E BARTALI. «Fausto mi aveva voluto alla Bianchi, dove c’era il lusso. Viaggiavamo in vagone letto, ci massaggiavano le gambe con l’acqua di colonia invece che con l’alcool come ero abituato alla Metropole, dove bisognava piangere per avere un tubolare. Ma anche Bartali mi voleva bene. In quel 1952 in cui io corsi con la Bianchi mi disse “Avresti dovuto venire alla Legnano, avresti guadagnato come alla Bianchi ma io avrei spaventato Coppi e tu avresti vinto il Giro”. Chissà... E la loro era una vera rivalità, tanto vera quanto quella tra Anquetil e Poulidor. Il vero rivale di Jacques era Riviere, che lo aveva anche battuto a cronometro prima di fratturarsi la schiena in una caduta. A quel punto i giornalisti hanno inventato la rivalità con Puolidor, ma sinceramente fra i due non c’era match»».
LA MALARIA. «Fu Bobet a rinunciare a quel viaggio in Alto Volta e io ho propostoa Coppi di prendere il suo posto. Era felice all’idea cacciare in Africa e di rivedere il continente dove era stato quando era soldato. Abbiamo corso i il Criterium a Ouagadougou e poi siamo andati a visitare Abidjan, Conakry... A Fada Ngourma, nel sud del Paese, eravamo alloggiati a casa di un architetto italiano, abbiamo passato una notte d’inferno a causa delel zanzare. Siamo tornati insieme a Dakar e ci siamo salutati ad Orly, augurandoci Buon Nabatle. Lui per tornare a Novi Ligure, io a Clermont. Poi mi chiamò per chidermi di aiutarlo a trovare sei corridori da ingaggiare per la Tricofilina dove avrebbero corso al fianco di Federico Bahamontes. Gli dissi che non stavo bene, “nemmeno io” mi rispose. Io ho avuto fortuna: un medico che sapeva del mio viaggio in Africa mi fece un prelievo di sangue che fu portato da due gendarmi in moto fino a Parigi, all’Istituto Pasteur. Dopodiché tutto è fluo, passavo da momenti di veglia ad altri di coma, mi diedero l’estrema unzione e poi ho visto dei giornalisti erano tornati dal funerale di Coppi e si preparavano per il mio... Pierre Chany mi fece leggere il coccodrillo che aveva scritto per me, deve essere ancora negli archivi de L’Equipe. E poi mi fecero leggere i giornali con i titoli su Coppi: Bobet non è venuto inn Africa, Coppi ha preso il suo posto con il destino. Bisogna accettarlo. Come bisogna accettare la situazione attuale. E combattere insieme».
NOTA A MARGINE
Ci è stato segnalato e, dopo aver controllato, vi proponiamo questa precisazione: Genignani non è l'ultimo rimasto dei Tour '47 e '48. Questi due Tour li ha corsi anche Emile Idée che compirà 100 anni il 19 luglio prossimo. Nel '48 c'era anche il lussemborghese Willy Kemp, adesso ha 94 anni proprio come il leggendario Gem.