Una conferenza stampa strana, figlia del coronavirus. Vincenzo a casa sua, davanti al computer, collegato via facebook per rispondere a tante domande che gli erano state inviate dai giornalisti e dagli appassionati.
Come affrontate l’emergenza in casa Trek Segafredo?
«L’emergenza coronavirus la stiamo affontrando con tutte le indicazioni che ci fornisce il nostro staff medico coordinato dal responsabile dottor Nino Daniele. Io sono in stretto contatto anche con il dottor Emilio Magni che mi segue da tanti anni. E poi ci sono i consigli che in questi giorni tutti noi abbiamo imparato a conoscere e seguire».
La preparazione come procede?
«Ovviamente non ci sono programmazioni definite, sono in contatto con Paolo Slongo, ci sentiamo e ci confrontiamo ma non possiamo fare più di tanto. Esco in bici, quin in Ticino possiamo farlo, ma preferisco la mountain bike, facendo un paio d’ore molto intense e andando naturalmente a passo d’uomo in discesa per evitare cadute».
Come vivi lontano dalla Sicilia?
«Non conta tanto dove si è, l’importante è stare vicini ai propri cari perché in famiglia si trova tutto. I miei genitori? A Messina c’è un sindaco molto deciso, si chiama Cateno De Luca, che da tempo ha preso misure drastiche per combattere il coronavirus e quindi ha fatto un’ordinanza restrittiva che ha preceduto anche quella del Governo. I miei familiari hanno chiuso l'attività, sono a casa come tutti, stanno bene e sono in salute. Ne approfitto per ringraziare tutti coloro che mi hanno detto di mandare loro un saluto».
Tu e Rachele come avete spiegato a Emma l’emergenza?
«Le abbiamo spiegato tutto. Emma sa che si sta a casa, che non si deve uscire. Ha capito lei..., possiamo capirlo tutti». E la piccola Emma, dal divano di casa conferma: «C'è il virus, state a casa».
Con quali motivazioni ti alleni senza vedere la fine del tunnel?
«In questo momento gli allenamenti sono blandi per me come per tutti i miei amici e colleghi delle due ruote. Tutti ci facciamo la stessa domanda, a tutti noi sembra di allenarci senza senso, ma è il nostro mestiere».
Domani farai la Sanremo virtuale?
«Sì, ci sarò anch’io: ieri ho testato tutti i collegamenti, anche se non amo molto i rulli e l’home trianing, Capisco anch'io, naturalmente, come in questo momento sia una soluzione utilissima. La simulazione della Sanremo nasce dalla collaborazione tra Garmin e Rcs Sport, speriamo che sia un bel modo per divertirci in maniera virtuale tutti insieme».
Se restingessero le disposizioni anche in Svizzera?
«Cambierebbe molto, è ovvio, sopratutto nella gestione della giornata. I punti importanti sono non mangiare troppo, limitare l’assunzione di calorie e zuccheri e poi ci sono tanti tutorial sul web che ci possono dare consigli per tenerci in movimento a tutti i livelli».
Che mondo ti aspetto di trovare dopo questa emergenza?
«In vita mia non ho mai vissuto momenti come questi, io credo che questa emergenza ci cambierà in senso buono: la scoperta dello smart working per esempio mi sembra molto importante per evitare traffico e inquinamento. Questa esperienza ci insegna che la qualità della vita può migliorare, l’aria è più pulita, l’acqua di Venezia è tornata trasparente... e possiamo tutti fare qualcosa in questo senso».
Quando hai pensato che non fosse una semplice influenza?
«Subito. Ricordo che eravamo in ritiro a Tenerife e ne abbiamo parlato con Ciccone e gli altri compagni, allora il problema sembrava solo della Cina ma era facile capire che non sarebbe stato un affare solo loro».
Un pensiero in questo momento?
«Per le vittime. Penso che il dolore di non poter salutare chi ci lascia per sempre è davvero straziante. Possiamo solo restare uniti, seguire le indicazioni e lottare tutti insieme».
Cosa ti preoccupa o ti rende ottimista?
«Mi rende ottimista il fatto di vedere che tutti hanno colto l'importantza dei messaggi che ci sono arrivati da chi ci governa».
Un messaggio per gli italiani?
«Non è facile mandare un messaggio agli italani, ma come ho detto ai miei amici, dobbiamo approfittare di questo periodo per goderci la nostra famiglia. Vivere delle giornate diverse e riscoprire tante cose che di solito trascuriamo».
Con il senno di poi avresti mai corso la Parigi-Nizza?
«Quando siamo andati alla corsa il coronavirus era contenuto, dopo la prima tappa l’organizzazione ha ulteriormente inasprito le regole. La corsa era completamente blindata, quello mi preoccupava erano in realtà gli spostamenti e i viaggi. Sono tornati da Nizza in auto ed è stato impressionante vedere strade vuote».
Secondo te l’Uci ha atteso troppo per bloccare le corse?
«Il caso era scoppiato in Italia, ma all’estero i governi e anche l’Uci non si erano forse resi conto della gravità della questione».
Cosa pensi del fatto che in alcuni Paesi ci si possa lelnare e in altri no?
«In realtà la mia opinione è che i primi da fermare erano i mezzi di trasporto e non la bici perché sono luoghi affollati e di contagio. Certo, so bene che con gli ospedali pieni il rischio caduta finisce per aggravare la situazone, ma è difficile mettere d’accordo tutti gli stati. In Italia viene scritto che ci si può allenasri al coperto, ma è un controsenso perché al velodromo bisogna arrivarci e poi si tratta di un luogo chiuso».
Temi il taglio degli stipnedi nel ciclismo?
«La ripartenza sarà difficile per tutti e ci sta che si possa parlare di taglio degli stipendi, ma questo riguarderà tutti e non solo gli sportivi».
Un consiglio agli amatori che continuano ad uscire?
«A tutti gli amici ho mandato un messaggio consigliando loro di non uscire in bicicletta. Non uscite in questo momento, non dobbiamo correre il rischio di avere incidenti o di farci male. Restate a casa».
Il ciclismo può avere più problemi di altri sport?
«Secondo me no, dobbiamo solo tenere duro».
Il 2020 era una stagione importante, per te...
«Sono rimasto senza parole quando è scoppiato il caso, avevo iniziato da poco a correre, sentivo che la condizione cresceva e stavo bene, ho finito quarto la Parigi-Nizza e se non avessi avuto il calo nella crono avrei potuto salire sul podio. La preparazione per il Giro procedeva regolarmente, per me come per tutti i miei compagni che preparavano le classiche».
Il calendario è da riscrivere.
«So che che gli organizzatori si stanno muovendo per cercare di darci delle date, ma non è facile per nessuno. So che ci saranno delle inevitabili sovrapposizioni, ma in questo momento non c’è nulla di certo».
Come vedi una partenza del Giro dalla Sicilia, dopo la rinuncia dell'Ungheria?
«Mi piacerebbe molto, so che c’era qualcosa che bolle in pentola anche per il 2021, ma in questo momento è davvero impossibile avere certezze».
Se dovessi fare scelte obbligate tra Giro, Giochi e Mondiali?
«Le Olimpiadi sono un appuntamento importante, che arriva ogni quattro anni e quindi merita un’attenzione particolare. Quanto al programma, sarà da riscrivere con Luca Guercilena e con i tecnici quando si potrà ripartire».
Le Olimpiadi spostate?
«Ci può stare un rinvio, al 2021, anzi forse sarebbe una soluzione...».
A 35 anni hai paura che ti sfugga la grande occasione olimpica?
«Perché, 35 anni sono troppi? Sicuramente non sfuggiranno, quest’anno o il prossimo le Olimpiasi si disputeranno e quindi le metterò nel mirino».
Due anni dopo, che importanza ha la Sanremo che hai vinto?
«Grandissima. L’ho inseguita per molti anni e solo quando ho pensato che non fosse adatta a me sono riuscito a correrla con la testa libera, con un ruolo di appoggio a Colbrelli e a vincerla. Sapevo di poter attaccare sulla Cipressa o sul Poggio e quando l'ho fatto ho pensato “posso farcela”».
Cosa pensi della possibilità di correre un Giro più corto?
«Non sarebbe un Giro, ma un mezzo Giro. I tre grandi giri devono restare tutti della stessa durata. Capisco che possa essere una soluzione per salvare l’appuntamento, ma non mi piacerebbe proprio».
E infine, «Saluti a tutti e saluti alle vostre famiglie da parte mia. Con una raccomandazione: restate a casa».
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