L‘illuminazione: da Milano a Roma. Era il 2006, e gli 821 chilometri furono vissuti in sei giorni su una bici da donna con due amici.
La folgorazione: da Milano a Barcellona. Era il 2010, e i 1600 chilometri furono esplorati in un paio di settimane su una bici da corsa con tre amici.
La cognizione: da Turbigo a Torino e ritorno, il giro di boa sul colle di Superga. Era il 2011, e i 320 chilometri (perché la partenza effettiva avvenne a Milano) furono sofferti anche sotto un nubifragio, sempre su una bici da corsa con altri due amici in età da pensione. E dei tre, quello che contava i metri all’arrivo, era proprio lui.
A quel punto, Michelangelo Pacifico – milanese, laureato in Economia e Finanza internazionale – si pose un obiettivo prestigioso, apparentemente impossibile, praticamente fattibile: la Trans Am Bike Race, 6775 chilometri con 50mila metri di dislivello, partenza da Astoria in Oregon, arrivo a Yorktown in Virginia. E nel 2017 ce l’ha fatta in 20 giorni, 18 ore e 49 minuti, undicesimo su 150 partiti e 62 arrivati (ma il risultato, e lo dice lui, è l’ultima cosa che conta). Ce l’ha fatta grazie agli insegnamenti di Muhammad Ali, alle avventure di Walter Bonatti, ai libri di Reinhold Messner, ai racconti di Jack London, grazie ad anni di allenamenti e di randonnée, grazie a una bici con il 52-36 anteriore e l’11-32 posteriore, grazie a una serie di gare di allenamento come la Parigi-Brest-Parigi e la Ultracycling Dolomitica, soprattutto grazie a un sogno e poi a una voglia inestinguibili.
“Trans am bike race” (Ultra sport, 160 pagine, 14,90 euro) è il resoconto di questa avventura, cominciata con la Milano-Roma e conclusa con una raffica di pensieri poetici: “In questo lungo viaggio / Ho visto una natura maestosa che poteva travolgermi, ma ho cercato di non farmi sentire / Ho maledetto il cielo chiedendogli di far cessare il vento / Ho pensato forte a Walter Bonatti mentre in discesa prendevo la neve in faccia / Ho avuto paura, ma mi sono avvicinato a lei piano piano, e conoscendola bene non era un granché / Ho quasi ceduto, per un attimo, ma ho fatto in modo che durasse un attimo / Ho visto della gente bellissima / Mi sono messo alla prova, fidandomi di me / Ho respirato tutto fino in fondo, intrappolando dentro una bellezza di una grandezza tale, che faccio fatica a contenere tutta”.
In 29 capitoli (di avvicinamento al pronti-via) e in 20 giorni (dalla partenza all’arrivo), Pacifico racconta questo suo viaggio anche interiore, questa sua sfida anche estrema, questi suoi sforzi anche imprevisti, inimmaginabili, incoscienti. Perché spingersi così, così avanti, così oltre? Lui non ha dubbi: per conoscersi, per conoscersi meglio, per conoscersi a fondo. “L’importante è crederci e trasformare tutti gli eventuali inconvenienti in occasioni per mettersi alla prova”, “Il fallimento è restare immobili, chi ci prova, chi tenta, chi si butta, chi cade e si rialza non ha mai fallito, mai!”, “Il fallimento di un tentativo non è un fallimento, ma un successo rinviato”, “Tutti i dolori e le sofferenze sono momentanei, ciò che resterà incancellabile è solo la bellezza”.
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