C’è il Giro del polpaccio tonico e depilato e quello del tifoso sherpa. Quello che è anche previdente ed esce di casa presto, mica che ci sia qualcosa da perdersi. Giaccone pesante per sfidare un maggio simile a ottobre, soprattutto di prima mattina. E via di tour nel villaggio, tra musica a tutto volume e cellulare in alto per scattare foto a qualche grande ex.
Primo stand, prima tappa. Informazioni per un sellino, radiografia a qualche bicicletta esposta. Siamo al Giro, del resto. Anche se sembra Expo, per le code che intanto cominciano ad allungare il gruppo dietro a chi, da buon battistrada, è arrivato prima ma intanto comincia ad avere caldo. Perché il sole si alza e si comincia a sudare, quindi via giaccone e magari anche la felpa che ci stava sotto. Tutto sul braccio, ciascuno gregario di se stesso.
E allora il traguardo volante è quello dello stand del distributore di energia, magari quello della banca, dove trovi anche un sacchetto per infilarci dentro il guardaroba smesso. Però la meticolosità che ha portato il tifoso-curioso ad alzarsi presto per arrivare al villaggio di partenza è la stessa con cui scansiona ogni singolo gazebo.
Giri la ruota e vinci una penna, se ti va bene un battimano, che finisce dritto in borsa, insieme a braccialetti e succhi di frutta, saturando lo spazio della borsetta e l’ossigeno in corpo. Ci vuole una bevanda energetica per affrontare un’altra coda con lo scopo di parlare con chi ti dice che frutta e verdura fanno bene.
Niente palloncino, anche se pure questo è gratis, perché è ingombrante. Ma un cappellino col nome del detersivo sì. Anche se serve buttare una pallina nel simil flipper, per aggiudicarselo. Poco conta se l’indomani sarà caccia a chi girerà sotto casa con lo sponsor dell’ammorbidente sopra la fronte o la spilla delle autostrade sul petto. Ma almeno il tifoso-curioso non si perderà, visto che l’ennesimo incolonnamento gli è valsa una mappa delle strade che conosce, perché disegna la topografia della zona in cui vive. Nel sacchetto intanto non c’è più spazio per la confezione omaggio di pane imbustato.
E in fondo è anche una buona scusa per non sentirsi in colpa quando c’è da sborsare, questa volta sì, 20 euro per una t-shirt ufficiale, 75 per una felpa o 100 euro per una cravatta di seta che ricordi il Giro. Peccato non ci fosse coda, davanti a quella bancarella. Non tanta quanta quella di fronte alla ragazzina in tuta da cat woman che, tablet alla mano, ti chiede cap e info generiche per chissà quale altro kit di sopravvivenza a una partenza del Giro. Sì, perché poco più in là ci sono anche i ciclisti, quelli veri. Ma quella è un’altra storia.
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