Bisognerebbe avere la cotenna di certi cinghialoni, per andare avanti sereni e imperturbabili, come se niente fosse, come se fuori, tutto attorno, non fosse arrivato un altro uragano. Purtroppo non tutti hanno questa levatura. Per quanto ci si possa sforzare, l’”Operazione salasso” degli inquirenti tedeschi ci riprecipita tutti inesorabilmente in un clima che purtroppo conosciamo bene, e che ogni volta crediamo di poter dimenticare, piano piano, ricominciando in un’altra maniera.
Niente da fare, si torna sempre lì. Nomi e date cambiano, ma lo spartito è sempre lo stesso: il medico santone (stavolta questo Schmidt), atleti di tanti sport che fanno la fila fuori dal suo studio, sacche di sangue nel congelatore, trasfusioni che vanno via come il pane, nomi che escono al ritmo dello stillicidio, il passato che riaffiora.
Risultato: il Giro, anche questo Giro, diventa la corsa più bella del mondo nel paese più imbarazzato del mondo. Basta alzare il naso, smuovere un minimo di sensibilità, per fiutare il ritorno degli spettri.
C’è l’opprimente imbarazzo della Rai per il coinvolgimento nell’inchiesta tedesca di Petacchi. Il direttore Bulbarelli lo convoca alle 14, in un orario morto e defunto, sulla rete minore Raisport, per dirgli amabilmente che è meglio se si leva di torno “per un paio di giorni, così da chiarire la posizione”. Come no: certe posizioni si chiariscono con un paio di telefonate, come una multa per divieto di sosta, poi si ricomincia belli e nuovi, anzi ancora meglio. Auguroni. Comunque bisogna essere onesti: nel suo modo abbastanza clandestino e sottotraccia, il provvedimento resta ineccepibile. Petacchi, sospeso dall’Uci, non può chiaramente stare tutti i giorni sul palco Rai a fare servizio pubblico. Questo non significa che sia colpevole: significa solo che comunque è sospeso e sotto inchiesta.
Poi c’è l’imbarazzo del Giro, di questa povera organizzazione che proprio non ce la fa a liberarsi dei rifiuti tossici, anche e soprattutto di quelli che non sono prodotti qui, in casa sua. Nella mattinata in cui il premier Conte viene in visita, nei locali sul retro si scatena il nuovo finimondo, sempre con la stessa colonna sonora: il ciclismo non cambierà mai, sono tutti drogati, chi vuole investire soldi nel Giro dev’essere proprio pazzo. Basterebbe dire che la nuova inchiesta riguarda fatti di anni addietro, che riguarda soprattutto altri sport, ma non servirebbe a nulla: a generalizzare si fa prima. E purtroppo spesso ci si prende.
A seguire. Imbarazzo in casa Nibali. Il suo gregario Koren impallinato direttamente e buttato fuori dalla corsa, uno dei tecnici (Bozic) ugualmente coinvolto (attualmente è in California). Tanto, tanto imbarazzo. Hai voglia di dire che sono pecore nere, che la Bahrain come sistema di squadra non c’entra nulla. Hai voglia. Ma l’imbarazzo non si scopa via con un colpo di ramazza: è una polvere che si attacca, la dannata.
Imbarazzo in casa UAE-Emirates, che soltanto poche ore fa ha dovuto rimandare a casa Molano per valori preoccupanti, e che adesso si ritrova in casa anche un inquisito, il croato Durasek, attualmente in gara nel Giro di California. Quanto ci vuole a tirare certe conclusioni, in un ambiente che ormai va in automatico?
E se proprio vogliamo dirla tutta, l’imbarazzo allunga le sue sgrinfie anche e persino sulla maglia rosa Roglic, dato che è sloveno e per la proprietà transitiva si chiama addosso parecchia diffidenza, essendo l’inchiesta tedesca parecchio incentrata proprio sulla Slovenia. Non è bello e non è giusto, ma da anni abbiamo capito che l’imbarazzo si diffonde anche più velocemente proprio per la semplice proprietà transitiva.
Eppure bisogna andare avanti. Eppure bisogna farsi strada e provare a buttarlo giù, questo muro di imbarazzo. Ma è dura. Compare ovunque, sbuca da tutte le parti, s’insinua in tutte le fessure. Si respira nell’aria. Forse hanno ragione quelli che fanno finta di niente. Ma sono sempre meno quelli che ci riescono. L’Operazione Salasso sta cavando sangue soprattutto alla passione.