Vola in Australia per lavoro, ma il cuore di Valentino Sciotti, presidente e amministratore delegato della Farnese Vini, resta in Italia e batte per il Giro 2019. Spera di tornarci con la sua Nippo Vini Fantini dopo due esclusioni di fila. Nel frattempo, la squadra è in procinto di iniziare la stagione in Argentina.
«Ci spero, come sempre. Se poi l’invito non arriverà pazienza. Aspettiamo il responso di Rcs» spiega Sciotti a Rocco Coletti che lo ha intervistato per il quotidiano Il Centro.
Intanto c’è grande attesa per l’esordio di Moreno Moser.
«Ha delle qualità enormi. Si è perso un po’ negli ultimi tempi, dobbiamo consentirgli di far riemergere quelle qualità che tutti gli riconoscono. E’ una scommessa, d’altronde le piccole squadre come la nostra questo possono fare. E noi abbiamo puntato su Moser. Fermo restando, che c’è Canola. Nell’ultima stagione forse gli è mancato l’acuto, ma comunque ha avuto una certa costanza di rendimento».
E poi ci sono i giapponesi: sappiamo che nei giorni scorsi è stato in Italia il presidente della Nippo, Hiromi Iwata.
«Il legame è saldo. C’è un progetto sportivo con traguardo fissato a Tokyo 202, ma ci sono le basi per proseguire il sodalizio con un nuovo progetto. Per la Nippo il ciclismo è passato, presente e futuro. Loro sponsorizzano anche il baseball, che è molto seguito in Giappone, ma sono entusiasti del ciclismo».
Continuate a vivere il ciclismo a modo vostro.
«Sono sei anni di connubio con la Nippo e non abbiamo mai avuto problemi a livello etico. Non solo doping,, ma anche a livello comportamentale. Il nostro investimento nello sport è pensato per crescere. Ma non deve essere schiavo del risultato. Che vogliamo, sia ben chiaro, ma senza pressioni».
Siete una squadra con anima abruzzese che quest’anno non ha corridori della Regione e nemmeno è stata presentata come da tradizione...
«Non c’è una scelta strategica. La presentazione non l’abbiamo fatta perché avevo impegni improrogabili in azienda e gli allenamenti si svolgono adatto ai corridori. Quanto agli atleti abruzzesi, purtroppo il mercato non offre granché per quelli che sono i nostri canoni. Non esiste un ricambio generazionale, c’è un vuoto oggettivo. Ma è un problema dell’intero movimento ciclistico, mancano le basi».
Ci spieghi meglio.
«Mancano le gare, mancano i tesserati, mancano i giovani. Occorre ripartire dal basso, investendo sui vivai. Serve programmazione. Possibile che in Belgio esistano più praticanti che in Italia?».