
A far scendere il sipario sulle classiche di primavera è la più antica delle prove monumento: per anzianità (110 le edizioni fin qui disputate), la Liegi-Bastogne-Liegi è infatti nota come la Decana. E’ considerata anche la più dura, aggettivo condiviso con il Lombardia che chiude la stagione. Più corta rispetto a un anno fa, concentra le salite nella seconda parte dei suoi 252 chilometri: nei cento finali ci sono nove delle undici cotes previste, le più impegnative. Percorso classico, come tradizionali sono i punti chiave: sono la Redoute a 34 dall’arrivo e la Roche-aux-Faucons a 13 a decidere chi merita di entrare nell’albo d’oro. Dove c’è abbastanza Italia: con 12 successi, il nostro ciclismo è il più vincente alle spalle dei dominatori belgi, a quota 61. Tra i plurivincitori, Argentin con quattro centri è secondo soltanto alla cinquina di Merckx, due volte si sono imposti Bartoli e Bettini. Doppietta anche per Pogacar e Evenepoel, che si sono spartiti le ultime quattro edizioni senza uno scontro diretto: assenze o cadute l’hanno impedito. Ecco le dieci facce che possono sventolare in cima al podio della Decana.
Tadej Pogacar. Vince perché questa è la classica di primavera che ama di più, perché quest’anno nelle corse di un giorno non è mai uscito dai primi tre, perché il duello con Evenepoel lo stimola. Non vince perché la tendenza a strafare gli è già costata cara in un paio di occasioni.
Remco Evenepoel. Vince perché questa è la classica di primavera che ama di più, perché le due volte che l’ha corsa ha sempre vinto, perché il duello con Pogacar lo stimola. Non vince perché ha solo tre giorni di gare sulle gambe e questo potrebbe togliergli un po’ di brillantezza.
Mattias Skjelmose. Vince perché ha puntato la sua primavera su questa corsa, perché all’Amstel ha capito che può battere Pogacar e Evenepoel, perché ha le qualità per fare centro. Non vince perché la caduta alla Freccia potrebbe farsi sentire a vantaggio del suo compagno Nys.
Tom Pidcock. Vince perché quest’anno è stato protagonista in tutte le classiche, perché in questa corsa due anni fa ha chiuso al secondo posto, perché è bravo a correre al coperto. Non vince perché è partito forte già a febbraio e la spia della riserva potrebbe cominciare a lampeggiare.
Tiesj Benoot. Vince perché nelle corse al Nord quest’anno è sempre stato davanti, perché in questa classica è sempre stato tra i migliori, perché può salvare la primavera senza gioie della Visma. Non vince perché esser bravi a piazzarsi non significa avere anche la forza per fare centro.
Davide Formolo. Vince perché è l’italiano che quest’anno nelle Ardenne ha fatto meglio, perché su questo traguardo ha raccolto un secondo e un settimo posto, perché è uomo da percorsi duri. Non vince perché rispetto ai grossi calibri gli manca qualcosa e potrebbe dover dare una mano a Mas.
Romain Bardet. Vince perché è la classica in cui ha ottenuto i risultati migliori, perché lo scorso anno si è arreso solo a Pogacar, perché al Tour of the Alps ha corso stabilmente nella top ten. Non vince perché c’è sempre qualcuno che sulle salite brevi ha più esplosività di lui.
Maxim Van Gils. Vince perché è tra i più adatti a questa corsa, perché nelle due edizioni disputate è sempre stato protagonista, perché deve ripagare la fiducia concessagli dal team nelle prove al Nord. Non vince perché nelle classiche che contano quest’anno non ha dato segno di sé.
Santiago Buitrago. Vince perché è adattissimo alle corse più dure, perché sul podio di questa classica è già salito due anni fa, perché nelle altre due prove delle Ardenne è apparso in crescita. Non vince perché rispetto ai migliori gli manca quel pizzico di forza per giocarsela alla pari.
Valentin Madouas. Vince perché ha feeling con questa gara, perché nelle ultime due edizioni è rimasto con i più forti, perché non teme la corsa dura. Non vince perché fin qui nelle classiche è stato sottotono e rispetto a lui il compagno Gregoire e Vauquelin sono apparsi i francesi più in palla.