«Da piccolo? Ricevevo solo carbone». Ci scherza su, ma un fondo di verità la sottintende. Davide Boifava, due vittorie di tappa al Giro d’Italia e tre decenni da dirigente nel ciclismo, quando deve ripensare alla Natività della sua infanzia ha il pregio di non fare troppi giri di parole. «Sono ultimo di 9 fratelli, quando ero bambino non c’era molto da pretendere. I regali?», sorride, «No, mi ricordo la povertà». L’immagine di una bicicletta infiocchettata sotto l’albero ha la glassa della favola, se si parla del Boifava bambino. «Perché la mia prima bicicletta sì che me la ricordo. Così come mi ricordo la soddisfazione di averla comprata», ma racimolando nel tempo «20 o 30 Lire alla volta».
Sacrifici e senso di conquista. «Avevo 14 anni e al posto di spendere i pochi risparmi all’oratorio li ho messi da parte, nel tempo». Per poi arrivare a coronare il sogno di poter pedalare lungo le strade della sua passione a due ruote. Che da direttore sportivo l’avrebbe portato a vincere il Giro 1986 con Roberto Visentini in Carrera, negli anni in cui sbocciava un certo Marco Pantani. «Oggi è tutto diverso, rispetto a tanti anni fa», conclude Boifava, 72 anni. Che però, come da bambino, continua a gioire delle cose più semplici. «Il mio Natale, quest’anno, sarà con i miei figli. Con la mia famiglia. Ed è tutto quel che conta, non voglio altro».
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