Si sono sistemati a 200 metri dall’arrivo. Quando è passato davanti a loro, secondo, alla ruota di Matteo Bellia, si sono sbracciati e gli hanno gridato, con tutto l’amore paterno e materno a loro disposizione, di superarlo, di sorpassarlo, di anticiparlo, ché il traguardo era subito lì, dietro la curva. Kevin Inkelaar, 21 anni da quattro giorni, danese, ha obbedito (“Avevo visto solo il cartello dei -2 all’arrivo”) e ha vinto (“Il percorso lo avevo guardato solo su Internet”). La prima tappa (quella di ieri era il cronoprologo) del Giro della Valle d’Aosta, la sua prima vittoria in una gara Uci. Fine della prima storia.
Ha attaccato sul Col des Combes, dove papa Wojtyla (e una volta anche papa Ratzinger) veniva a camminare, è decollato sul muro di Introd, una rampa da garage moltiplicata 50 garage nel cuore del villaggio, è volato nel fondovalle che portava all’arrivo, si è visto raggiungere da Inkelaar a un chilometro e mezzo dall’arrivo e superare all’ultima curva (“Non sapevo dove fosse l’arrivo, però di un secondo posto non ci si può mai lamentare”). Ma dietro l’angolo Matteo Bellia, 20 anni, piemontese, ha scoperto, indossato e infine pianto la maglia gialla di leader della classifica generale (“Sapevo di stare bene, adesso niente pressioni, sono qui per divertirmi e mi sto divertendo”). Fine della seconda storia.
Ci sarebbero infinite altre storie. Quella che dopo 5 km dalla partenza ha steso metà gruppo: in discesa, a 60 all’ora, una sbandata, una caduta, un’ecatombe, corridori ridotti a birilli, mezz’ora di neutralizzazione per contare i feriti, quattro subito destinati all’ospedale, fra cui Jonas Vingegaard, danese in maglia gialla, e Andrea Bagioli, tra i più attesi degli italiani, altri ritirati strada facendo. Quella di Andrea Cacciotti, laziale di Colleferro, passista-scalatore, in fuga dall’inizio fino all’inizio del Col des Combs, prima in compagnia, con 6-7 minuti di vantaggio (“Sarebbero tanti, ma qui al Valle d’Aosta sono pochi”), poi da solo (“Ho provato, ho giocato, ho sperato”), tra coraggio (“Rifarei tutto”) e follia (“Se solo potessi cambiare qualcosa, allora una salita in meno”). Quella di Mark Donovan, inglese della squadra di Brad Wiggins, al comando su quella direttissima verticale e poi prigioniero dei crampi fino ad arrivare al traguardo, semiparalizzato, a quasi 10 minuti da Inkelaar e Bellia.
Che tappa: 158,8 km e circa 4 mila metri di dislivello, aria sottile e sole alpino, la casa e il monumento storici di Maurice Garin ad Arvier ma anche l’avveniristica funivia Skyway per il Monte Bianco a Courmayeur. Che tappa: la battaglia della Colpack, con Davide Baldaccini e Davide Botta, l’inseguimento della Astana, che ha corso per Vadim Pronskiy, e la resistenza dei due valdostani, Laurent Rigollet e Michel Piccot, giunti stremati. Che tappa: ed era solo la prima. Domani si corre in Piemonte, da Tavagnasco a Quassolo, 148,6 km con quattro gran premi della montagna. Bellia l’ha definita “nervosa”. E ha aggiunto: “Spero di divertirmi”.
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