Editoriale
PENE DURE, SENZA PAURE. Non vuole essere un esercizio di morale spicciola, non vuole essere nemmeno una recensione libraria, più semplicemente vuole essere un pretesto per ribadire il nostro amore per uno sport che sta rischiando davvero grosso. In questi giorni siamo stati sommersi di telefonate, fax ed e-mail di lettori inferociti, mortificati, avviliti e delusi: il libro di Willy Voet, il massaggiatore che fece partire l’indagine Festina nel ’98 è uscito dopo tre anni anche da noi. Titolo: «Massacro alla catena». Editore: Bradipo Libri. Centoquarantadue pagine ruvide, amare, che mettono a nudo uno sport ormai fatto solo di bugie, sotterfugi e inganni. Un libro scritto immediatamente a ridosso dei fatti narrati. Un resoconto minuzioso e asciutto, la cronaca sommessa e a volte volutamente dimessa, di un’esperienza estrema. Un’esperienza vissuta in prima persona, vittima e testimone di uno dei tanti orrori ciclistici di questi ultimi anni. Ed è un orrore che risalta in tutta la sua evidenza «naturale».
Un libro che avevamo leggiucchiato in francese e che adesso abbiamo riletto nella nostra lingua.
Un libro fastidioso, spietato, che mina il nostro amore, le nostre povere convinzioni e certezze, che mette a nudo un ambiente che sembra convivere costantemente con l’illecito e l’illegalità. Gente senza scrupoli, che si droga anche solo per andare a spasso a festeggiar vittorie. Noi vogliamo credere che questo sia solo un triste spaccato di una certa parte del mondo ciclistico. Vogliamo fortemente pensare che non tutti siano così. Vogliamo crederlo, a tutti i costi, anche a costo di fare la figura degli ingenui, anche se non vogliamo più credere alle balle che ci raccontano i corridori ogni volta che si fanno trovare con le mani nella marmellata. Scuse patetiche, spiegazioni al limite del comico: era per il mio cane, per il mio canarino, serviva per sturare il lavandino di casa, mi tira poco poco, non riesco ad avere figli, ho l’asma, soffro di allergie, non sopporto la luce: insomma loro sono malatissimi, noi però non siamo dei cerebrolesi. Che fare, allora? Attendere che la magistratura arrivi a delle conclusioni (non è mai troppo presto, please!), considerare fino a prova contraria tutti puliti e innocenti, ma chiedere a tutti una forma di rispetto profondo per lo sport che rappresentano: il ciclismo. Basta recite. Basta messinscene, non abbiamo l’anello al naso e guai a chi ci tocca il nostro ciclismo. Sappiamo perfettamente che non esiste al mondo gente che si autodenuncia prima di essere smascherata, ma almeno risparmiateci le vostre storielle. Piuttosto l’UCI, il CONI e la Federazione decidano di istituire uno «stato d’emergenza». Come è stato fatto per gli «anni di piombo». Per due o tre anni, applichiamo leggi dure, repressive. Chi sbaglia, se ne sta a casa per due anni, se poi viene ripescato la radiazione deve essere considerata la logica conseguenza. Poche regole, ma certe. Basta piangersi addosso, basta parlare di persecuzione. Con i loro comportamenti, sono i corridori a perseguitare il ciclismo.

PIU’ FAMIGLIA, MENO SLOGAN. Una mezza pagina, su La Gazzetta dello Sport del 14 marzo scorso. Titolo: «Così il ciclismo s’è dannato». Mezza pagina dedicata al libro di Willy Voet. In apertura un commento, siglato «f.a.» (Franco Arturi), che scrive: «Vale più la lettura di queste 142 paginette che non una campagna serrata di controlli antidoping a sorpresa. Una federazione seria dovrebbe distribuire gratuitamente migliaia di copie: ai ragazzi che cominciano, soprattutto. Poi gli appassionati, ai dirigenti, a tutti coloro che vogliono ricominciare a sognare. Dopo l’incubo che cerchiamo di far intravedere dagli stralci qui sotto».
Un’idea, una proposta, un appello accorato, che a nostro parere, però, farebbe felice solo l’editore e il suo autore. Noi pensiamo che questo libro debba essere letto, ma certamente non distribuito nelle scuole, per almeno due ragioni: la prima, perché anziché pubblicizzare il ciclismo lo affossa definitivamente. Un genitore sano di mente, dopo aver dato una scorsa a questo volumetto, prenderebbe il proprio ragazzino e lo porterebbe a giocare a tamburello. Poi perché crediamo che la scuola abbia un ruolo primario, fondamentale, ma non può sostituirsi alla famiglia. In queste settimane il Corriere della Sera ha rilanciato sul problema «ecstasy», un fenomeno che negli ultimi due anni anziché diminuire è cresciuto del 400% e quella ragazzina salvata due anni fa con un trapianto di fegato in seguito ad una crisi da “droghe del sabato sera” ha ribadito che la scuola non può far nulla: sono le famiglie che devono tornare a ricoprire il proprio ruolo. Concordiamo. Anche perché non raccontiamocela: la cultura del successo a tutti i costi, nasce e si alimenta proprio all’interno delle mura domestiche. Il resto sono solo spettacolari azioni di facciata. Sono i papà e le mamme che devono recuperare la loro parte di educatori, di modelli positivi da emulare. Le federazioni devono fare meno «Pubblicità Progresso» e applicare con rigore le leggi esistenti, magari inasprendole.

Pier Augusto Stagi
Copyright © TBW
TBRADIO

00:00
00:00
La trentanovenne Eva Lechner ha messo alle spalle la raffica di impegni internazionali dai quali è uscita con il sorriso. La portacolori  dell’Ale Cycling Team al cospetto delle migliori esponenti del ciclocross mondiale, si è piazzata al 45° posto a...


Remco Evenepoel, a causa dei suoi infortuni, ha dovuto imparare a convivere con i lunghi tempi dell’attesa e per lui il 2025 sarà un anno di adattamenti. Il due volte campione olimpico è ancora fermo dopo la caduta in allenamento...


Con un quarto posto nell'Exact Cross a Loenhout, ieri Van Aert ha dimostrato di essere tornato a pedalare ad alto livello e di potersi battere contro i migliori nel ciclocross. Il fiammingo non ha vinto e si è seduto ai...


Vittoria Bussi ci ha ripensato. Vittoria Bussi non ha appeso la bici al chiodo. Vittoria Bussi a 37 anni-quasi-38 ha trovato nel sapore agrodolce di un record non battuto la linfa vitale per riprovarci, per misurarsi con se stessa dentro...


Un progetto che è anche un laboratorio, un’esperienza da condividere, un modo nuovo di intendere il ciclismo e la passione per la bicicletta. Stiamo parlando di Cycling Lab Team 2025: l’idea è di Andrea Zanfrini, ideatore e creatore di Cycling...


Abano Terme, Coppa Mazzuccato per allievi. Novanta chilometri. Un circuito breve, da fare due volte, poi un circuito più lungo. C’è anche una salita, quella del Monte Grande. Pronti, via, foratura. Virginio Pizzali mette i piedi a terra, scende dalla...


Pensateci, l’occasione è perfetta. Ultimo giorno dell’anno, c’è forse qualcosa di meglio che uscire in bicicletta e trovarsi in mezzo a tanti amici che magari sono anche campioni? E allora il «Giro in bici dell’ultimo dell’anno» è quello che fa...


Curioso e studioso, avventuroso e intraprendente, enciclopedico e logorroico, provocatore e invadente, letterariamente onnivoro e giornalisticamente bulimico, egocentrico eppure semplice e generoso, mai sentito lamentarsi né mugugnare, infinito eppure anche lui finito, finito oggi di respirare, di campare, di citare,...


Contro un ostico Laurens Sweeck, il campione del mondo non ha avuto vita facile, ma ha comunque prevalso con un'azione in solitaria iniziata al primo dei sette giri. Così Mathieu Van Der Poel firma la quarta vittoria su quattro gare...


Per raccontarvi un po' chi è stato Gian Paolo Ormezzano vi proponiamo questa lunga intervista che aveva concesso a Nino Materi de Il Giornale, pubblicata il 14 giugno 2022. Non c'è tutto, ma c'è tanto del nostro GPO.La sfida a...


TBRADIO

-

00:00
00:00





DIGITAL EDITION
Prima Pagina Edizioni s.r.l. - Via Inama 7 - 20133 Milano - P.I. 11980460155




Editoriale Rapporti & Relazioni Gatti & Misfatti I Dubbi Scripta Manent Fisco così per Sport L'Ora del Pasto Le Storie del Figio ZEROSBATTI Capitani Coraggiosi La Vuelta 2024