Scripta manent
Il regalo di Natale

di Gian Paolo Porreca

È il nostro regalo di Na­tale, quest’anno, il Gi­ro d’Italia a Napoli dell’anno prossimo.
È il nostro regalo, in questi giorni, consentirci di descrivere a pieno diritto il periplo di una corsa e in parallelo il periplo delle nostre fantasie.
Va bene così, cinquanta anni dopo la prima partenza del ’63, e con la discreta certezza che non ce ne sarà una terza, anagraficamente, da condividere.
È il nostro regalo per Na­tale, noi che ormai anche moglie e figlie ci sopportano a stento, che di illusioni ab­biamo svuotato il cuore no­stro per riempire quello al­trui, il Giro d’Italia, per le strade che ab­biamo percorso per un so­gno intero di de­cenni, lungo tanti pomeriggi di sabato e domenica pedalati, nella siesta degli altri.

È il nostro regalo di Na­tale, la certezza che il primo giorno del Giro 2013 correrà sul­le passeggiate splendide che abbiamo mulinato col rapporto me­dio di giorno, noi che di not­te sulle stesse promenades gio­cavamo all’ultimo Per­nod, per carezzare una no­stalgia di giornata.
È il nostro regalo di Natale, per tutti quelli, e quelle, che ci hanno tradito o disilluso, «tu e queste biciclette...», quando le bici erano un or­pello disdicevole in una città dalla sprezzante borghesia, sa­pere - ad esempio - che a via Petrarca, dinanzi al clone attuale dello Chalet Panora­ma d’antan, lì dove truccava il bicchiere un barman di no­me Gianni, ci sarà un Tra­guardo Volante, il passaggio per aggiudicare una nuova insegna.

E che sullo sperone di via Boc­caccio, in questa toponomastica letteraria di strade spalancate sul mare e sulla collina di una città fortunata a parole, ci sarà il primo Gran Premio della Monta­gna. Lì, vicino ad un bar, l’ennesimo, angolo Parco della Rimem­bran­za, dove in un juke-box perduto gettonavamo negli anni ’70 una certa Mersia, Mi manca poco di te...
Mi manca poco di te, e diciamola ’sta bugia, ma quest’anno che verrà non ci mancherà almeno il Giro.
E questo regalo di Natale, sil­labato nei giri successivi di un circuito che fa centro nell’emozione di una esistenza intera, fra Mergellina e Po­sil­lipo, ci sembra un elisir, un omaggio postumo, ma attribuito miracolosamente in vita...
Chissà se via Posillipo la fa­ranno in salita, dinanzi al Ba­gno Elena, dove c’era un vecchio ciclista soprannominato o Pescatore perché in estate faceva il bagnino. O, invece, in discesa, con uno sguardo furtivo, sulla sinistra, all’incanto del Parco Gaio: do you remember Ros?
E se l’inevitabile ritrovo “da Ciro” e i taralli degli acquafrescai li troverete all’andata o al ritorno di quel circuito cittadino che Mauro Vegni e Stefano Allocchio stanno ap­prontando come una miniatura.

Vi risparmiamo l’alterigia dei natanti dei Cir­coli con l’uniforme in bianco e blù: lo­ro, il ciclismo l’hanno acquisito per obbligo, un malcelato disdoro per una aristocrazia in­dossata ai tavolini ver­di, ma vi confonderanno sem­pre Van Roosbroeck con Van Himst.
L’importante, prima e dopo di tutto, è che per un giorno intero sarà il nostro giorno luminoso, sui viali della giovinezza scaduta, annunciato dalle folate di un inverno gentile, lì dove è sempre sta­ta - per i nostri valori - notte fonda.
Questo regalo di Natale, que­sto Giro d’Italia che na­sce a Napoli, ma lei chissà do­ve è, è il nostro primo fi­glio maschio.


Gian Paolo Porreca,
napoletano,
docente universitario
di chirurgia cardio-vascolare,
editorialista de “Il Mattino”
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