La bicicletta di Frank Zappa, provata, sperimentata, suonata, primo violino ma anche strumento a fiato e percussioni varie in un concerto trasmesso in tv ed entrato nella storia per quei suoni pizzicati e ticchettati, stridenti e sorridenti, sempre sorprendenti.
La bicicletta di Julio Cortazar, doppia canna e cestino anteriore, un gatto che spunta fuori e libri che volano qua e là, e quel divieto – “Vietato introdurre biciclette” – perché “nelle banche e nei negozi di tutto il mondo a nessuno importa un fico secco che qualcuno entri con un cavolo sotto il braccio o con un tucano”, “ma appena una persona entra con una bicicletta tutti si agitano” e “il veicolo è espulso violentemente in strada”.
La bicicletta di Salvador Dalì, una Graziella, a Parigi, all’inaugurazione di una mostra, lui indossava un lungo cappotto, teneva un libro in mano e un quadro sotto un braccio, e il bello è che non sapeva pedalare.
La bicicletta di Marcel Duchamp, non l’originale, andata perduta, ma l’altra, la “Ruota di bicicletta” – una ruota, una forcella, uno sgabello - esposta al Moma di New York, nata non come passatempo o antistress, ma come forma di imitazione di un gatto tripode, acrobatico e affettuoso.
La bicicletta di Alfred Jarry, leggera, elegante, rifinita, con il manubrio da corsa e senza parafanghi e lanterne, acquistata firmando ma non pagando, e così accumulando more e multe, avvisi e accuse, ma capace di coprire distanze e rispettare appuntamenti, e a ispirargli storie e racconti.
Tutte le biciclette, non solo quelle degli artisti, vivono, si fermano, vanno in paradiso. E lì continuano, come una seconda vita, o la loro vita è eterna, a girare, giocare, giostrare. E lì narrano le loro storie. Biciclette rosse e biciclette arrugginite, biciclette da corsa e biciclette da viaggio, biciclette da fuga e biciclette da bambino, anche la bicicletta di quel ciclista gentile che ha “fatto girare le ruote sul mondo” e sostiene che “c’è sempre un segreto dopo ogni curva”, anche la bicicletta di Martina che nel cestino coperto di vimini nascondeva dieci bome a mano.
“Il paradiso delle biciclette”: lì, prima o poi, arrivano tutte le biciclette. Giovanni Casalegno le ha raccontate per Ediciclo (208 pagine, 16 euro), in un libro di un anno fa, ma senza data, senza scadenza, senza urgenza. Perché il paradiso può attendere. E anche le biciclette.
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