di Francesca Monzone
La Francia ha scelto il suo re: Jonas Vingegaard, con il suo silenzio cortese e quella timidezza che nasconde dietro a un sorriso, ha conquistato il suo secondo Tour de France, mettendo al muro per la seconda volta consecutiva Tadej Pogacar, con il quale duella dal 2021. Il danese è il piccolo grande uomo che obbedisce sempre agli ordini di scuderia e non si lascia più andare a crisi emotive. È il marito perfetto che rende felice la sua Trine ed è il padre amorevole della piccola Frida. Jonas Vingegaard è l’uomo semplice, che vive nel Nord della Danimarca, lontano dalla capitale e dagli occhi indiscreti della gente. Sulla sua cassetta della posta fuori dal giardino non c’è il suo nome e anche il suo numero di cellulare lo conoscono non più di 50 persone.
Jonas non ama improvvisare e ogni scelta della sua vita è il risultato di un’analisi e di un progetto ben costruito. Così come organizza un allenamento, il danese gestisce anche i momenti familiari, organizzando le vacanze con anticipo e decidendo con la giusta tempistica quando andare a trovare un amico o un parente. Qualcuno lo definisce un robot, al servizio della sua Jumbo-Visma, ma Vingegaard non la vede in questo modo ed è convinto che tra lui e la sua squadra ci sia un rapporto di reciproca fiducia.
«Per quanto riguarda il mio lavoro, la maggior parte delle volte a dicembre, quando siamo in ritiro, facciamo un piano annuale e durante la prima metà dell’anno so già cosa devo fare, quando lo devo fare e come e dove andare. Praticamente in ogni momento so dove dovrò essere il mese successivo o le settimane a venire».
Anche la famiglia viene vissuta con programmazione e i colpi di scena non sono amati da Vingegaard e da sua moglie Trine.
«Non amiamo le sorprese e le cose improvvisate. Non capita spesso di fare un viaggio in una città o qualcosa del genere, ma a volte la sera decidiamo di andare a mangiare da qualche parte il giorno dopo. Quindi andiamo in un ristorante senza grande programmazione e forse questa è la cosa più impulsiva che facciamo».
Jonas ama trascorrere le vacanze con la sua famiglia sui fiordi danesi, dove la gente lo conosce e rispetta la sua privacy. Il suo è un piccolo mondo, fatto di punti di riferimento intorno ai quali si muove con sicurezza. Oltre alla moglie e alla figlia, ci sono i genitori, che quest’anno lo hanno seguito con un camper con mamma Karina che, sotto al palco di Parigi, indossava un abito giallo per rendere omaggio a quel figlio di cui si sente tanto orgogliosa.
Un Tour de France non si vince per semplice fortuna e alle spalle di un corridore c’è sempre una squadra che ha organizzato tutto anche nel dettaglio più piccolo. Per la Jumbo-Visma il segreto del successo è tutto nella fiducia che si ha in se stessi e nella voglia di realizzare un sogno, come testimoniano le stelle che hanno voluto mettere sulle loro maglie da gara per la Grande Boucle.
«Sia io che la squadra abbiamo sempre pensato che bisogna credere in quello che si fa. Se io non avessi desiderato vincere questo Tour, non ci sarei mai riuscito. Quest’anno ero anche più rilassato e sentivo meno la pressione, perché ho lavorato molto su me stesso e ho imparato a gestirmi anche nei momenti di difficoltà. Ho imparato a non pensare troppo all’idea che altri potrebbero avere di me e a come potrebbero guardarmi. Adesso riesco ad essere concentrato solo su me stesso. La squadra credeva nelle mie capacità e che avrei potuto vincere il Tour e così anche io ho iniziato a crederci. Abbiamo fatto un piano per raggiungere questo obiettivo e ci siamo davvero impegnati: da quando ho iniziato la mia preparazione ho pensato solo a vincere di nuovo il Tour de France».
Come lo scorso anno, Tadej Pogacar è stato l’avversario principale di Vingegaard. Il loro modo di correre e di sfidarsi ha entusiasmato il pubblico, portando il Tour de France a battere nuovi record di ascolti. Il danese pensa che questa sia una rivalità sana, senza la quale non ci sarebbe stato un Tour così bello.
«Sono molto contento che esista questa rivalità. Se analizziamo bene i risultati, è chiaro che io e lui siamo i più forti del Tour de France. È un bene per me e anche per lui che possiamo misurarci uno contro l’altro. Se uno di noi due mancasse in gara, penso che le corse non sarebbero così eccitanti».
Pogacar ha vinto due volte il Tour de France e per due volte consecutive è arrivato secondo alle spalle del danese. Oggi i due campioni in corsa si guardano continuamente e misurano l’intensità di ogni loro respiro per capire l’emozione e i piccoli moment di crisi, ma anche quell’attimo che precede un attacco.
«Entrambi abbiamo cambiato il modo di correre, Tadej lo scorso anno era molto più aggressivo, mentre io tendevo a stare di più sulla difensiva. Adesso siamo molto più vicini, lui è un po’ meno aggressivo e forse io corro meno in difesa. Mi è piaciuto che un giorno lui sia andato all’attacco e io ho risposto il giorno dopo. È stata una bella battaglia e sono convinto che anche a lui sia piaciuta questa continua sfida tra di noi».
Vingegaard è già in vacanza, qualche giorno a casa dopo il bagno di folla in una Copenaghen che lo ha acclamato con un entusiasmo smisurato, ma tra poco sarà di nuovo in bici pronto per affrontare la Vuelta di Spagna, dove sarà co-capitano insieme a Primoz Roglic. La corsa spagnola potrebbe essere un obiettivo invitante per lui, ma nel futuro di Vingegaard ci sarà ancora il Tour de France, la corsa più importante di tutte, che ha saputo trasformare l’esile pescatore danese in un eroe forte capace di affrontare le battaglie più dure.
«Tra qualche mese comincerò la preparazione per il Tour del 2024. Non mi stanca questo e a dire il vero, non vedo l’ora di iniziare questa nuova avventura e immaginare quali altre sfide mi aspettano. Sì, mi piace l’idea di poter tornare a sognare di vincere ancora il Tour de France».