di Giulia De Maio
Del suo ritorno da Tokyo2020 è stato detto di tutto e di più, del suo futuro parleremo più avanti visto che è caratterizzato da proposte interessanti, tra cui la direzione del Giro d’Italia. Quel che è certo è che ad oggi Davide Cassani è il CT della Nazionale Italiana di ciclismo e sta lavorando con la consueta professionalità e passione per preparare i prossimi appuntamenti.
L’ammiraglio azzurro, tornato a casa dai Giochi Olimpici con il 14° posto di Alberto Bettiol nella prova in linea e il 5° di Filippo Ganna in quella a cronometro, è concentrato anima e corpo sul Campionato d’Europa che andrà in scena a Trento e sul Mondiale delle Fiandre di fine mese. Il 30 settembre scadrà il suo incarico e, a prescindere dai risultati che otterrà, da ottobre cambierà ruolo, come pattuito con il nuovo presidente federale Cordiano Dagnoni. Non si può fare a meno dell’esperienza e influenza del tecnico romagnolo, di fatto già sostituito da Roberto Amadio nel ruolo di team manager delle Nazionali e per questo mandato a casa nel mezzo delle gare olimpiche caratterizzate da pass contingentati e rigide normative anti-Covid.
Era il 2014 quando fu nominato da Renato Di Rocco CT dei professionisti e coordinatore delle squadre azzurre. Con le sue relazioni personali e la sua visibilità televisiva da allora ha portato alla Federciclismo la maggior parte dei grandi sponsor attuali e nei prossimi tre anni sarà l’ambasciatore dell’Italbici, lui che è un volto popolarissimo del mondo della bicicletta. Indipendentemente da chi sarà il suo successore sull’ammiraglia azzurra.
Davide, quanto ti hanno infastidito le polemiche post Giochi?
«Quello che è stato è stato, l’importante adesso è pensare al presente. L’unica cosa che posso dire guardandomi indietro è che come tutti ho commesso qualche errore e potevo forse fare di più, ma in fondo l’unico modo per non sbagliare è non fare nulla. Sul piano dei risultati nelle ultime tre stagioni, tra Mondiali ed Europei in linea e a cronometro, abbiamo vinto quattro volte e ci siamo andati vicinissimi con Trentin due anni fa. L’unione tra varie specialità a partire da strada e pista è risultata vincente. I trionfi dell’ultimo quinquennio ottenuti nei velodromi sono frutto di un lavoro di squadra svolto con i ct Villa e Salvoldi e con l’appoggio incondizionato della FCI. La pista in Italia era morta, poi nelle ultime due Olimpiadi abbiamo conquistato due ori e un bronzo. Ganna e Viviani hanno aperto le porte alla possibilità di essere competitivi sia su strada che come pistard. Per il nostro movimento è qualcosa di innovativo. Si parla troppo spesso e superficialmente di crisi, ma restiamo un riferimento».
Con che spirito ti approcci alle tue ultime sfide da CT?
«Mi sento pronto. È dall’inizio dell’anno che ci sto lavorando, quindi sono sereno e fiducioso. Sono contento di ciò che ho fatto, del rapporto instaurato con la Federazione e dell’appoggio ricevuto per le mie idee. La cosa che mi rende più orgoglioso sono i passi avanti intrapresi con la multidisciplina. D’ora in poi spero venga portato avanti il lavoro iniziato con Alfredo Martini e che io ho cercato di non disperdere nel tempo. Una soddisfazione che mi tengo stretta è l’aver visto sempre i miei ragazzi correre da squadra per mettere in campo le strategie concordate. È chiaro che poi sono i successi a fare la differenza. Abbiamo un campione del mondo a cronometro, specialità dove ormai non esistevamo da anni, e siamo tornati a vincere ai Mondiali Under 23, dove eravamo a secco da un ventennio. Ci metto anche l’ultima tripletta all’Europeo, rassegna che per qualcuno non conta nulla, ma poi quando perderemo di colpo diventerà importante...».
Analizziamo i percorsi che decreteranno il finale della tua avventura sull’ammiraglia azzurra.
«Per quanto riguarda l’Europeo di Trento il circuito finale presenta una salita abbastanza facile che però esclude dai giochi i velocisti puri, nel tratto in linea c’è da affrontare mezzo Bondone, bisognerà vedere come si arriverà in cima, ma nonostante le difficoltà della prima parte resta un percorso adatto a corridori come i nostri Matteo Trentin e Sonny Colbrelli, uomini veloci che tengono in salita. Il successore del nostro Giacomo Nizzolo sarà senz’altro un finisseur esplosivo. Il mondiale, invece, dopo il tratto in linea, è suddiviso in due circuiti: il primo a Lovanio molto tecnico che sarà anche l’ultimo, e quello denominato fiammingo, più ampio e con due muri in pavè che lo rendono impegnativo. È il classico percorso alla belga, molto tecnico, non durissimo, ma diventerà impegnativo e complicato da gestire perché è un continuo susseguirsi di strappi, strade strette, curve e controcurve. Un piccolo Fiandre, molto simile al tracciato di Glasgow 2018 quando Trentin vinse il titolo continentale. Ci presenteremo al via di entrambe le prove per giocarcela fino in fondo, con i ragazzi ci pensiamo da mesi».
I favoriti?
«Chi andrà forte a Trento può andare forte in Belgio, anche perché tra le due prove ci saranno solo 15 giorni di intervallo. Su tutti mi aspetto protagonisti i belgi Wout Van Aert e Remco Evenepoel con l’olandese Mathieu Van der Poel. Ufficializzerò i nostri otto uomini per l’Europeo dopo la Bretagne Classic e a seguire gli otto per il Mondiale ma è chiaro che hanno il posto garantito atleti del calibro di Nizzolo, Trentin, Colbrelli, Diego Ulissi, Davide Ballerini. L’unico inserto olimpico sarà Gianni Moscon, oltre ovviamente a Ganna che schiererò in tutte le prove possibili. All’Europeo oltre alla crono che correrà insieme ad Edoardo Affini, Pippo disputerà il team relay (con lui oltre ad Affini a quanto ci risulta ci sarà Alessandro De Marchi e tre donne élite su cui il CT Salvoldi non si è ancora espresso, ndr) e la prova in linea (per la quale sul taccuino del commissario tecnico ci sono anche Davide Cimolai, Giovanni Aleotti, Vincenzo Albanese, mentre Andrea Bagioli volerà in Belgio, ndr). Al mondiale nella prova contro il tempo, potendo schierare il campione uscente, avremo un posto in più e così vestirà la maglia azzurra il campione italiano di specialità Matteo Sobrero. Ganna disputerà anche la prova su strada perché ha dimostrato di essere un uomo squadra fondamentale. Essendo giovane, è un corridore ancora in evoluzione, ma per quanto ha dimostrato negli ultimi due anni diventerà competitivo anche nelle prove in linea di un certo tipo. Per la Nazionale è già una garanzia».
Cosa chiederai agli azzurri?
«Per l’Europeo di chiuderlo come nelle ultime quattro edizioni, in cui abbiamo portato a casa tre vittorie (Trentin 2018, Viviani 2019, Nizzolo 2020) e un secondo posto (Viviani 2017 alle spalle del norvegese Alexander Kristoff). Al Mondiale cercheremo di capire come si evolverà la corsa, anche se non ci si può inventare nulla, avendo 7-8 nazionali che possono tenerla cucita. Il Belgio corre in casa ed è fortissimo, noi comportandoci da squadra cercheremo di guastare loro la festa. Sia a Trento che a Lovanio vi assicuro avremo un ottimo gruppo. Ripartiamo da Tokyo e da quel rimpianto che ancora oggi mi porto dentro, vale a dire i crampi di Bettiol sul più bello. Tra una prova e l’altra correremo Giro di Toscana, Coppa Sabatini, Memorial Pantani e Trofeo Matteotti. Svolgeremo quindi un ultimo raduno di rifinitura in Romagna prima di volare da Bologna in Belgio il 22 settembre».
Al di là dei risultati, che emozione vivrai?
«Voglio godermi appieno gli ultimi momenti da CT, queste due spedizioni saranno ancora più emozionanti delle precedenti perché chiuderanno un ciclo. Per il futuro sono contento di contribuire alla crescita del mondo della bicicletta in una nuova veste. Di cosa mi occuperò in concreto ci penseremo una volta terminato l’incarico attuale. Di certo voglio rendere migliore questo ciclismo, compiere qualcosa di utile: di cose da fare, allo stato attuale, ne abbiamo tante. Il livello dei giovani va alzato ancora di più e poi ci vorrebbe una squadra World Tour per compiere un salto ulteriore. Abbiamo già un patrimonio da non disperdere, penso ai vari Bagioli, Dainese, Covi, Fortunato e Aleotti. Con una menzione speciale per Jonathan Milan, destinato entro tre anni a diventare uno dei più forti velocisti in circolazione. Dopo 18 anni da ciclista professionista, 15 in televisione e 8 da commissario tecnico, era giusto cambiare. In queste tre vite ho ottenuto soddisfazioni che mi tengo strette, sono ben contento di rappresentare l’Italia in questi ultimi due appuntamenti ed entusiasta per quanto verrà a seguire. Amo le sfide. La vita continua e sono sicuro che altre avventure stupende mi attendono».
Fare il CT è sempre stato il tuo lavoro dei sogni: cosa ti rimane di questi 8 anni?
«Oltre ai tre titoli europei vinti, alla maglia iridata di Ganna, alle vittorie degli juniores e under 23, l’affetto e la stima che i corridori mi hanno sempre dimostrato. Ho ancora davanti agli occhi Vincenzo Nibali sdraiato a terra nella discesa di Rio, il volto impietrito di Matteo Trentin sul podio di Harrogate dopo aver sfiorato la maglia iridata. Di momenti belli e meno belli ne abbiamo vissuti tanti, tutti indimenticabili. Devo dire grazie alla FCI per avermi dato questa opportunità, sono stati otto anni magnifici, durante i quali ho provato sensazioni indescrivibili, più forti che da corridore. Per questo mi ritengo una persona fortunata».
Alla vigilia di due corse così importanti, cosa pensi ti direbbe il maestro e indimenticato CT Alfredo Martini?
«Probabilmente mi abbraccerebbe e mi guarderebbe con quel suo sguardo in grado di dire più di qualsiasi parola. La stretta di mano che ci siamo scambiati a casa sua a Sesto Fiorentino quando Nibali vinse il Tour de France e lui stava già così così la porterò con me per sempre».