di Nicolò Vallone
C’è stata un’epoca, tanto e poco tempo fa a seconda dei punti di vista, in cui descrivere il mondo e le sue ingiustizie a colpi di china, con uno spietato black humour d’ispirazione fortemente socialista, non alimentava semplicemente reazioni e polemiche mediatiche, ma privava direttamente della libertà. E non solo quella di espressione.
Il mantovano Giuseppe Scalarini era il vignettista dell’Avanti! oltre che di varie pubblicazioni periodiche. Uno dei primi direttori di Scalarini era stato Benito Mussolini, questo prima che il futuro Duce abbandonasse gli ideali dell’Avanti! e fondasse il Popolo d’Italia. E proprio dal regime mussoliniano Scalarini fu poi inevitabilmente perseguito durante tutto il Ventennio. Olio di ricino, visite non proprio di cortesia a casa, il carcere, il confino. Il classico repertorio per punire chi svolgeva attività invise al Fascismo.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, Scalarini ebbe poco tempo per godersi la libertà riconquistata da lui e dal nostro Paese: morì nel 1948, appena un mese prima di compiere 76 anni.
La sua opera complessivamente parla di tredicimila disegni e la sua memoria è oggi custodita e alimentata dagli eredi, che vivono a Milano (dove il loro avo trascorse buona parte dei suoi giorni, fino all’ultimo) e organizzano mostre ed esposizioni in tutta Italia.
Ma cosa c’entra questo vignettista dalla lacerante satira e denuncia sociale con il mondo della bicicletta? Lo sport è uno straordinario fenomeno popolare, e il ciclismo almeno fino alla metà del secolo scorso godeva di una popolarità persino maggiore di quella del calcio. Inevitabile dunque che Scalarini utilizzasse anche immagini ciclistiche per veicolare i propri messaggi.
Qui vi presentiamo in esclusiva otto vignette nelle quali il ciclismo è talora funzionale agli strali scalariniani, e altre volte bersaglio esso stesso...
La prima di queste vignette (1) è anche la più cruda: un ciclista deformato dalla fatica macina chilometri, e grazie ai suoi sforzi estenuanti il “grasso capitalista” (personaggio ricorrente nell’opera di Scalarini) macina soldi. Una rappresentazione in chiave sportiva del lavoratore sfruttato dai padroni.
Scalarini, poi, mette in guardia i lavoratori (2): mentre si appassionano alle vicende della Corsa Rosa, il sistema mette in atto un giro... di vite che li opprime sempre di più (la dittatura di Mussolini prendeva definitivamente vita in quell’anno).
La terza vignetta reca la didascalia “Lo sport dà la bellezza al corpo” (3): si evince che Scalarini mal digeriva la pratica sportiva. Disegnando un calciatore e un ciclista sì longilinei ma piuttosto sproporzionati, voleva sbeffeggiare chi dedicava la propria vita allo sport anziché ad altre attività più “importanti”.
Ed eccoci al giugno del 1946: proprio quel giorno partiva il primo Giro d’Italia del Dopoguerra. Due settimane prima il Paese era diventato una Repubblica (4): Scalarini sfrutta la metafora ciclistica e saluta il risultato del referendum come un grande traguardo nazionale.
Non solo, il ciclismo diviene utile strumento a disposizione dell’artista per raccontare la storia d'Italia sotto forma di altimetria di un’allegorica tappa del Giro (5): i saliscendi di monarchia, fascismo e guerre, che portano a una brusca picchiata, con successiva risalita fino alla Liberazione, alla Costituzione e alla Repubblica. Dando seguito alla vignetta precedente, la tappa successiva (6) riparte dalla Repubblica ed è una graduale ascesa fino alla realizzazione completa del Socialismo, considerato evidentemente come il più ambito dei traguardi possibili.
Concludiamo il nostro breve viaggio con la pubblicazione di due inediti: nel primo (7) il popolo italiano dà metaforicamente il via a un Giro molto particolare perché ammainando definitivamente la bandiera sabauda, ha dato il via all’esilio dell’ormai ex famiglia reale in Portogallo.
Il secondo inedito (8) ripropone la polemica di Scalarini contro lo sport, visto come strumento di distrazione collettiva: di tanti “giri” che occupano la quotidianità della gente, il Giro d’Italia sovrasta tutto e rapisce totalmente l’attenzione. Questione di punti di vista...