di Giulia De Maio
Anche in un anno così triste come quello che stiamo per mandare in archivio, ci sono storie che riempiono il cuore e danno speranza. Una di queste è il lampo tricolore di Andrea Montoli, campione italiano Juniores che, dopo aver sconfitto un tumore mediastino, vince l’Oscar tuttoBICI Gran Premio Ulian.
«Non bisogna mai arrendersi, lo dico con grande convinzione. Il momento più duro è stato nel 2017 quando mi è stato detto che ero malato: vedere i miei genitori piangere mi ha fatto soffrire, ma sono stati poi loro stessi a darmi la carica e la forza giusta per affrontare il tumore. Ho guardato al linfoma come a qualcosa che dovevo combattere e basta. Senza se e senza ma. E l’ho fatto con tutta la forza che avevo. Mi ritengo fortunato» ricorda il portacolori del CC Canturino 1902, che rivela di essere fanatico dell’ecologia.
«Quando a 15 anni ti dicono che hai un tumore tra i polmoni, pensi immediatamente al futuro, a quello che non vorrai mai perderti. Ho chiesto ai medici se potevo continuare ad allenarmi. Facevo 30 chilometri e vi confesso che quello era il momento più bello della giornata. Ora non ho paura, ho piena fiducia negli specialisti dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano che ogni sei mesi mi controllano».
Sconfita la malattia, la rinascita ciclistica di Montoli inizia nel 2018.
Andrea ha la gioia di vivere di un diciottenne come tanti altri. Tifoso sfegatato dell’Inter, la sua esultanza per una vittoria ricorda quella dell’argentino Lautaro Martinez, attaccante della sua squadra del cuore. Andrea si ispira a Vincenzo Nibali, ma anche un po’ a Peter Sagan. Ha una faccia pulita, un viso spensierato. Parla come un adulto navigato, ragiona come uno che già sa cosa vuole dalla vita.
Vive a Parabiago, in provincia di Milano, con mamma Barbara, papà Mario e i due fratelli minori Giacomo e Tommaso. Studia, si allena, esce con gli amici. E vince in sella alla sua bici Guerciotti.
«Il titolo nazionale conquistato a Montegrotto Terme mi ripaga di tutti i sacrifici. Al mio paese adesso tutti mi chiamano “campione” e ammetto che questa cosa mi fa ridere, non mi ci sono ancora abituato. Anche perché considero questo risultato come un punto di inizio, non certo di arrivo. I miei successi li dedico a quei ragazzi con i quali sono entrato in contatto durante la chemioterapia. A loro dedico la mia vittoria e auguro a tutti di avere la mia stessa determinazione, sempre. Perché per affrontare la chemio bisogna avere un carattere forte: non è facile camminare con un cappellino in testa e avvertire costantemente quel senso di nausea che ti provocano le medicine. La tua routine si azzera e inizia una nuova vita, più faticosa. Questo Oscar è per i guerrieri che stanno affrontando le battaglie della vita».