di Pier Augusto Stagi
Da Boario a Los Angeles, per finire a Utsunomiya, con il Japan Cup Criterium da ex corridore, perché Damiano Cunego il numero dalla maglia se l’è tolto definitivamente il 30 giugno scorso in occasione della sua ultima competizione ufficiale a Darfo Boario Terme, per il campionato italiano.
«Mi sono tolto diverse soddisfazioni: ho vinto un Giro (2004), tre Lombardia (2004, 2007 e 2008), un’Amstel (2008), la maglia bianca al Tour (2006) e tante altre corse. Ma non ho rimpianti: mi sento appagato e soddisfatto di quello che ho ottenuto».
Damiano Cunego parla da ex dopo essere volato quest’estate con la sua famiglia a Los Angeles e poi in Giappone qualche giorno fa, dove ha salutato i tantissimi tifosi del Sol Levante che l’hanno adottato per aver vinto due volte la Japan Cup (2005 e 2008), e vestito la maglia della Nippo Vini Fantini Cicli De Rosa, che da quelle parti è più amata della Sky.
«Questa estate ho fatto la prima vera vacanza con la mia famiglia - racconta Damiano -. Sono stato negli States con Margherita, Ludovica e Cristian: siamo stati benissimo. Era almeno da vent’anni che non mi facevo una vacanza così. Quando sei corridore stacchi sostanzialmente una settimana, a novembre, non di più. Questa volta ci siamo proprio goduti le vacanze. Perché gli States? Avevo alcune persone da incontrare, ci sono in ballo alcune cose interessanti che potrebbero maturare a breve, ma nel frattempo mi concesso una bella vacanza. Prima Los Angeles, poi Arizona, per incontrare il personal trainer Chris Powell e la sua TrasformApp: abbiamo idee da sviluppare insieme».
Damiano è rilassato come poche altre volte. Lo incontro prima che parta per il Giappone, in una serata organizzata da Mediolanum a Curno, nel locale di Eddy Mazzoleni (il ristorante Casanova, ndr).
«Mi piace un sacco parlare di ciclismo, raccontare le mie esperienze, ma sono sincero: non mi mancano le competizioni. Quello che avevo da dare l’ho dato. Se ho pedalato in Arizona? Sì, qualche uscita, con una squadra che di nome fa Jetset Racing. Cosa ricordo? Il gran caldo. Terribile».
Damiano ne ha approfittato per vedere da vicino il deserto, per conoscere meglio la mentalità degli americani.
«In materia di affari sono pazzeschi: se credono in un progetto, non hanno vie di mezzo. Loro si buttano a capofitto».
Ma ne ha approfittato, come dicevamo, per conoscere, per vedere un Paese tutto da scoprire: «Sono stato in città molto suggestive come Palm Springs, Escondido e San Diego. E poi ho visto anche spiagge molto belle come Venice Beach, Santa Monica e Malibu. A Los Angeles è inutile invece che ti dica che sono stato a visitare i luoghi dove ha vissuto Jim Morrison, il mio grande punto di riferimento musicale. Sai che io ho davvero una grande passione. Siamo stati anche a Hollywood. Ci siamo svegliati prestissimo, come ci hanno consigliato, per vedere l’alba e soprattutto evitare il blocco dei turisti: bellissimo. Il cinema piace a tutta la famiglia. Io ho una predilezione per Leonardo Di Caprio e Matt Damon. Ma non disdegno neppure Clint Eastwood. Tra le donne una su tutte: Anne Hathaway».
Se poi gli si chiede cosa gli manchi del mondo della bicicletta, anche in questo ha le idee chiarissime: «Assolutamente nulla. Però non rinuncio al contatto con l’ambiente, all’incontro con gli appassionati. Ecco, mi piace davvero un sacco poter dare loro qualcosa, mettermi al loro servizio per aiutarli a migliorare e insegnare loro qualche segreto del mestiere. Non è un mistero: mi piacerebbe diventare un buon allenatore. Per questo ho ripreso i libri in mano. In questi anni sono andato un po’ a rilento, ma adesso voglio accelerare».
E poi racconta di Margherita, che è prossima alla laurea in medicina, e di Ludovica, che è la più brava della classe.
«Alle mie donne piace un sacco studiare. Ludovica ha tutti 8 e il prossimo anno farà il liceo Classico. Margherita è eccezionale: sono certo che sarà bravissima anche in un ospedale, perché ha passione e la competenza la sta acquisendo sul campo. Siamo una famiglia che ha progetti in costante evoluzione. Per certi versi siamo davvero una famiglia rock».
Per dirla con Jim Morrison e i suoi Doors: “Riders on the Storm”.